lunedì 24 settembre 2018
RICOSTRUIRE IL PONTE? UNA LEGGE FOLLE DELL'UE STA BLOCCANDO IL DECRETO. MA IL GOVERNO VA AVANTI COME UN TRENO
NON TORNANO I PONTI – IL DECRETO GENOVA È ANCORA IMPANTANATO NEI MINISTERI. IL GOVERNO VUOLE SFIDARE L’EUROPA: SE SI SEGUONO LE REGOLE
DELLE GARE EUROPEE, I LAVORI PER IL NUOVO VIADOTTO NON INIZIEREBBERO PRIMA DI TRE ANNI, SE INVECE SI VA IN DEROGA L’ASSEGNAZIONE POTREBBE CONFIGURARSI COME AIUTO DI STATO – IL SOTTOSEGRETARIO RIXI: “SIAMO PRONTI AD ANDARE INCONTRO A UNA PROCEDURA DI INFRAZIONE”
Federico Capurso per “la Stampa”
Il governo è pronto a sfidare l’ Europa e ad andare incontro a una procedura di infrazione, pur di affrettare i tempi della ricostruzione del ponte di Genova. «Non si può perdere altro tempo dietro al decreto emergenze», è il pungolo che Giancarlo Giorgetti, l’ anima leghista di Palazzo Chigi, agita contro i partner del Movimento 5 stelle, «dobbiamo dare una risposta a Genova».
Troppi giorni passati a limare il testo parola per parola, troppe discussioni, troppe incertezze. La Lega sta vivendo con una certa insofferenza la gestione grillina della vicenda. Oggi il decreto «dovrebbe arrivare al Quirinale per le valutazioni del presidente Mattarella, così eravamo rimasti d’ accordo», dice il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi. Eppure, anche questa certezza vacilla nella confusione che ormai regna sovrana.
Dal ministero delle Infrastrutture sostengono che il decreto sia «arrivato a Palazzo Chigi». Da Palazzo Chigi invece negano: è ancora impantanato negli uffici del ministero dell’ Economia e difficilmente riuscirà ad arrivare oggi sulla scrivania del Capo dello Stato.
Nei corridoi di via XX settembre, invece, regna un domenicale silenzio. Non un lubrificante per gli attriti con la Lega; di certo un nuovo motivo di imbarazzo per Luigi Di Maio, che oggi dovrà andare proprio a Genova, per un incontro con i lavoratori e i sindacati dell’ Ilva di Cornigliano, ma a mani vuote.
E sempre a Genova – quasi per un accanimento del destino – arriverà nelle stesse ore anche il presidente Mattarella in visita al salone nautico, che aveva posto l’ accento sulla necessità di dare risposte ai genovesi in tempi rapidi.
I problemi con gli alleati vengono però archiviati da Matteo Salvini, almeno in pubblico, almeno per oggi: «Se uno si prende tre o quattro giorni in più per scegliere bene le persone, non è un problema», dice ospite di Non è l’ Arena.
Ma ha tutta l’ aria di essere una questione di pura opportunità politica; i suoi due decreti su «sicurezza» e «immigrazione» sono attesi in Consiglio dei ministri ed è dunque preferibile spegnere le tensioni con gli alleati.
All’ ombra dei palazzi di Roma, invece, gli sbuffi e i sospiri delle truppe leghiste si avvertono nitidamente. Il primo errore imputato ai Cinque stelle è quello di aver voluto inserire nel decreto troppe questioni che poco hanno a che vedere con il crollo di ponte Morandi, come ha detto ieri a La Stampa Giorgetti.
«E poi si potevano scorporare le cose», sostiene Rixi, «lasciando procedere con più rapidità il dossier per Genova e facendo procedere il testo per le altre emergenze su un differente binario. Io preferirei fare le cose e farle in fretta».
Il primo obiettivo centrato dalla Lega, nonostante le iniziali resistenze del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, è quello di attribuire al commissario per la ricostruzione il potere di assegnare un appalto a un’ impresa senza passare da un bando pubblico. Per eliminare Autostrade dalla partita – volontà ribadita ieri dal ministro Riccardo Fraccaro – nonostante la concessione non sia ancora decaduta.
«Ma anche perché se così non fosse, dovremmo indire una gara europea per la quale sono necessari almeno diciotto mesi – spiega Rixi -. E seguendo la procedura, i lavori per il ponte non inizierebbero prima di tre anni». Il problema, però, è che se Bruxelles non accetterà di andare in deroga alle procedure, l’ assegnazione diretta di un appalto potrebbe configurarsi come aiuto di Stato alle imprese.
«In questo caso, saremmo pronti ad andare incontro a una procedura di infrazione», avverte il sottosegretario leghista alle Infrastrutture. Il rischio, però, va scongiurato. E così forse si spiega l’ attenzione – che i leghisti definiscono «spasmodica» – per ogni termine utilizzato nel decreto. Nel Carroccio avrebbero preferito rimandare il lavoro di cesello sul testo al momento della discussione parlamentare.
Invece si è andati nella direzione opposta, arrivando a circa quaranta articoli, e con la necessità di sedare continue liti tra gli uffici legislativi del ministero delle Infrastrutture, quello dell’ Economia e di Palazzo Chigi. Il problema è che di precedenti giuridici, per il crollo di un ponte di questa portata, non esistono. E la paura, sempre più vivida tra le truppe leghiste, è che si possa replicare un altro «caso Expo, con decreti su decreti».
La macchina messa in moto dai Cinque stelle sembra dunque andare avanti a singhiozzo.
E l’ indagine in corso da parte della procura, con il sequestro dell’ area e l’ impossibilità di spostare anche solo una pietra del ponte, non aiuta a sedare il pressing della Lega che invece vuole correre, per dare risposte a una delle più importanti città espugnate alla sinistra. Ed erodere altro consenso, magari, agli alleati grillini.
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