lunedì 19 giugno 2017

MILENA GABANELLI SU TUTTE LE FURIE:"PERCHE' LE ONG NON SBARCANO I MIGRANTI ANCHE A NIZZA E MALTA?". EUROPA MASSACRATA!


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MI-JENA” GABANELLI MOZZICA L’UE: “LE ONG SBARCHINO I MIGRANTI ANCHE A NIZZA E A MALTA E FACCIANO ESPLODERE IL PROBLEMA SUI TAVOLI DELL’EUROPA. MAGARI SI INNESCA L’URGENZA DI RIVEDERE GLI ACCORDI DI DUBLINO, E ANCHE QUELLA DI OBBLIGARE LA TUNISIA AD ACCOGLIERE I NAUFRAGHI…”



Milena Gabanelli per il Corriere della Sera
Torniamo ad aprile 2015: al largo delle coste libiche si ribalta un peschereccio con più di 700 migranti. Si solleva l’ indignazione generale e nel Mediterraneo viene messa in campo l’ operazione Triton, sotto il controllo di Frontex, l’ agenzia della guardia di frontiera e costiera europea. Cosa fa Frontex: definisce modelli dell’ immigrazione clandestina e delle attività criminali transfrontaliere ai confini esterni, inclusa la tratta di esseri umani.
Condivide i suoi dati con i Paesi dell’ Ue e la Commissione Europea, e li usa per operazioni congiunte inviando mezzi di rinforzo nelle zone che ne hanno necessità. Dispone di 1.500 esperti. In italia le strutture operative fanno riferimento al Viminale e alla Guardia di Finanza.
Triton (che oggi si chiama Eunavfor Med o «Sophia») fa attività di pattugliamento marittimo e aereo, di soccorso e investigazione per il contrasto dei traffici migratori illegali dal nord Africa. La priorità è il soccorso di vite umane fino a 70 miglia dalle acque libiche, ed è coordinata, su mandato di Bruxelles, dalla nostra Guardia Costiera, che dipende dal ministero delle Infrastrutture. Operano 11 imbarcazioni, 3 aerei, 2 elicotteri.
Il 2015 è un anno cruciale: l’ Europa da un lato monitora, dall’ altro prende le distanze, e a fine anno si chiudono tutte le rotte via terra; mentre l’ instabilità libica consente il via libera ai trafficanti di uomini. Fra il 2015 e il 2016 il numero delle organizzazioni umanitarie che affittano imbarcazioni battendo bandiera panamense, del Belize, olandese, e partono verso le coste libiche, si impenna, e continua a crescere nei primi mesi del 2017.
Più navi e più morti Tutte operano con donazioni private e fino a prova contraria del loro spirito umanitario non si può dubitare. Il dato è che non ci sono mai state tante barche per salvare vite nel Mediterraneo, e mai tanti morti: 4.500 nel 2016, contro i 2.800 del 2015. Dal primo gennaio 2017 a fine aprile i dispersi sono 849. Il pensiero rozzo è: più navi sono pronte a soccorrere e più i trafficanti stipano anime in mare su imbarcazioni improbabili. Allora la risposta civile potrebbe essere: organizziamo più soccorsi! L’ 85% dei migranti irregolari verso l’ Italia parte dalla Libia e proviene dall’ Africa Subsahariana. Si sta aggiungendo un fenomeno nuovo: un flusso dal Bangladesh che arriva in aereo al Cairo, poi scende verso il Sudan e rientra in Libia da sud.
Il rapporto di Frontex e l’ audizione del suo direttore al Senato sono noti: «Gli uomini libici che controllano la migrazione irregolare, il traffico di droga e armi, sarebbero in contatto con le Ong durante l’ operazione di soccorso. Abbiamo evidenze che alcune imbarcazioni spengono per alcune ore il sistema automatico di identificazione».
Il rapporto riservato delle audizioni rese dai migranti dice inoltre «Navigarono per circa 8 ore, quando una nave di Medici senza frontiere venne loro in soccorso. L’ interrogato afferma che la lancia con i facilitatori libici rimase sul posto durante l’ evacuazione e parlarono coi soccorritori. Dopo che tutti i migranti furono salvati, i facilitatori libici distrussero la barca di legno. Prima avevano smontato il motore, che portarono con sé». In un’ altra audizione: «fu messo in mare un gommone con circa 140 persone a bordo, scortato da un gommone ad alta velocità, con 4 guardie armate in uniforme. Dopo poco più di un’ ora, fecero una chiamata, nella quale il testimone li sentì dire: “Abbiamo già lasciato qui la gente, potete venire”». Ancora:
«Al crepuscolo, la barca di legno lasciò la costa libica, guidata per 2 km da un libico armato, che istruì due africani sulle manovre da compiere. Dopo circa tre ore lo skipper africano, che aveva ricevuto dal libico un satellitare, lanciò una richiesta di soccorso Poco prima del salvataggio, gettò in mare il telefono e una bussola. I migranti furono portati, dalla nave Aquarius, a Pozzallo».
Tsunami umano Le testimonianze sono tante, ma dimostrano poco. I numeri di telefono delle navi di soccorso e la loro posizione non sono segreti, si trovano su internet. E comunque di fronte ad un gommone alla deriva non è compito delle Ong occuparsi degli scafisti. Mentre le Procure di Catania e Trapani cercano la mela (o le mele) marcia, sul nostro Paese il nastro trasportatore scarica disperati a ritmo continuo.
Lo tsunami umano si è messo in moto, l’ Europa si è girata dall’ altra parte, noi siamo rimasti l’ approdo più facile. Come ne usciamo? Allestendo i corridoi umanitari nei Paesi d’ origine.
Ma quanti sono i Paesi d’ origine, e chi ci deve pensare? Il ministro dell’ Interno Minniti le sta provando tutte per far dialogare le fazioni libiche a suon di milioni ottenuti dall’ Europa. Paghiamo le tribù del sud per limitare i flussi; addestriamo le guardie costiere libiche e gli forniamo imbarcazioni per impedire le partenze; paghiamo le organizzazioni internazionali perché allestiscano i campi d’ accoglienza in Libia dove fare la ricognizione di chi ha diritto alla protezione. Paghiamo i Paesi d’ origine perché si riprendano i loro migranti economici. Ma fino a quando?
Azioni dimostrative Nella più complessa situazione geopolitica della storia recente, le Ong, oltre a salvare persone, potrebbero fare un’ altra cosa: contribuire a far esplodere il problema sui tavoli dell’ Europa. Per esempio Médecins Sans Frontières, la cui dedizione alla causa è totale, che utilizza navi attrezzate di tutto, non potrebbe tentare un’ azione dimostrativa, sbarcando un carico di migranti a Nizza? Si rifiuterà la civile Francia di soccorrere uomini, donne e bambini? La Fondazione Moas, degli imprenditori milionari Catambrone con sede a Malta, con la loro nave Phoenix, perché non provano ad attraccare almeno una volta nel più vicino porto sicuro della Valletta, come prevede la convenzione di Amburgo? L’ isola è piccola, ma qualche centinaio di persone ogni tanto, potrebbe anche gestirle, in fondo stiamo parlando dello Stato europeo più ricco.
Costringa il Paese che in questo momento ha la presidenza di turno dell’ Ue ad allestire centri degni di questo nome, o al contrario, ad esporre al mondo la propria viltà.
Magari si innesca l’ urgenza di rivedere gli accordi di Dublino, e anche quella di obbligare la Tunisia, che ha firmato la Convenzione di Amburgo, a raccogliere e accogliere i naufraghi, essendo geograficamente il porto più sicuro. Oltre alla consapevolezza che il mondo sta cambiando per tutti.

Fonte: dagospia

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