mercoledì 28 giugno 2017

"DEVONO ANDARE IN GALERA!" TREMANO BANKITALIA E CONSOB


LINK SPONSORIZZATO

Ora che la frittata è fatta e che i contribuenti sono chiamati a pagare il conto plurimiliardario del crac delle due banche venete, sull’intera vicenda si cercherà di stendere una coltre di silenzio per coprire le vergognose responsabilità di chi l’ha gestita. Il Tesoro prova addirittura a spiegarci che abbiamo


 fatto un ottimo affare a caricarci sulle spalle il peso dei crediti inesigibili, delle perdite, dei contenziosi e degli esuberi in capo a Popolare Vicenza e Veneto Banca e a regalare a Intesa Sanpaolo la parte buona: alla fine, tra un po’ di anni, ci guadagneremo addirittura 700 milioni. Detto dal ministro Pier Carlo Padoan, uno che non sa neanche quanto costa un litro di latte, c’è davvero da crederci. Il punto centrale di questa storia, però, è che la soluzione trovata – oltre a essere quella che massimizza i costi a carico della collettività a beneficio di un privato, il gruppo Intesa Sanpaolo – rende ancora meno credibile l’intero sistema e favorisce il cosiddetto “azzardo morale” da parte di banchieri privi di scrupoli.

Posto che le responsabilità principali dell’accaduto sono in capo a Gianni Zonin, Vincenzo Consoli e ai loro allegri compagni di merende, corre l’obbligo di ribadire che non avrebbero certo potuto stare al timone delle due banche venete per quasi un ventennio, facendole crescere anche a colpi di acquisizioni, senza la complicità diretta e indiretta di autorità di controllo – Bankitalia in testa – che si sono distinte unicamente per aver girato la testa dall’altra parte e chiuso ben più di un occhio. I comportamenti adottati sono sotto gli occhi di tutti: nessuna contestazione su come venivano gestiti gli istituti di credito e su come e a chi venivano piazzati strumenti finanziari rischiosi e illiquidi come le azioni non quotate delle due banche popolari e le obbligazioni subordinate. Mai nessun rilievo pubblico su come veniva determinato il valore (sempre in crescita) delle azioni delle due banche in assenza peraltro di valutazioni di terzi indipendenti, mai nessun serio controllo anche perché – nel caso della Popolare di Vicenza – un certo numero di uomini-chiave della Banca d’Italia, tra cui lo stesso capo della Segreteria particolare posizioni di assoluto rilievo dallo stesso Zonin. Si tratta solo di alcuni elementi, ma sufficienti per far capire come non possa essere considerato credibile un sistema nel quale l’Autorità di controllo arriva a prestare il fianco a simili critiche e, anziché trovarsi sotto inchiesta per le sue responsabilità e gli omessi controlli, viene ritenuta parte offesa, tanto che Zonin, Consoli e gli altri dovranno rispondere del reato di “ostacolo all’attività di vigilanza”. Peccato che le autorità di controllo sapessero tutto.

Bankitalia e Consob non hanno vigilato: risarciscano i danni – Chi ha subito l’azzeramento delle azioni e delle obbligazioni subordinate, e lo stesso Stato che è intervenuto con i soldi dei contribuenti per far fronte al crac, dovrebbero chiedere alla Banca d’Italia di risarcire i danni. Un discorso analogo vale per la Consob, che non si è affatto curata di controllare le modalità di collocamento di azioni e obbligazioni subordinate, vendute molto spesso in violazione delle norme di legge a soggetti del tutto privi dei requisiti previsti per l’acquisto. Anche la Consob dovrebbe essere chiamata a rispondere delle sue mancanze risarcendo i risparmiatori truffati e lo Stato per il danno erariale. Non si tratterebbe di una partita di giro tra fondi pubblici, ma di risarcimenti veri perché a finanziare il bilancio delle Authority sono i soggetti vigilati, ossia le banche, gli intermediari e le società quotate, e soprattutto sanzionare chi ha reso possibili i crac a causa delle sue omissioni è il primo, vero passo, che può contribuire a ridare credibilità ad arbitri di cui non si fida più nessuno.

Il flop della quotazione in Borsa e il prospetto su cui va aperta un’inchiesta – Ma le responsabilità di quanto accaduto non si fermano certo alle autorità di controllo: investono in pieno il governo che queste crisi le ha malamente gestite fino a condurle all’epilogo vergognoso di questi giorni: 17 miliardi di denaro dei contribuenti tra fondi distribuiti a Intesa Sanpaolo, coperture varie e garanzie pubbliche. Serve un breve riepilogo: la vigilanza bancaria sugli istituti di maggior importanza (tra cui Popolare Vicenza e Veneto Banca) passa dalla Banca d’Italia alla Bce e scoppia così il bubbone della crisi dei due istituti, crisi che appare subito gravissima. I due istituti si trasformano in spa nei tempi prescritti dalla legge sulle banche popolari del governo Renzi (legge su cui pende ora il giudizio della Consulta) e vengono spinti a quotarsi in Borsa per ripianare il deficit di capitale. La prima a provarci è Popolare di Vicenza, forte di un consorzio di garanzia capitanato da Unicredit e dell’appoggio del governo. La Consob dà il proprio via libera a un prospetto informativo sul quale – essendo l’azione penale obbligatoria – si spera che prima o poi qualche procura apra un’inchiesta. Nessun serio investitore nazionale e internazionale è disposto a mettere un euro sulla ex popolare vicentina e, per fortuna, solo pochi vecchi soci abboccano all’amo. Per salvare Unicredit dall’incauta garanzia prestata dall’allora amministratore delegato Federico Ghizzoni, arriva il neo-costituito fondo Atlante che – per 10 centesimi ad azione – sottoscrive l’intero importo dell’aumento di capitale evitando così il bail-in della popolare vicentina.

Circa due mesi dopo si ripeterà la stessa scenetta con Veneto Banca. Giova ricordare che il fondo Atlante è privato, ma solo per finta: a “ispirarne” la creazione è il Tesoro e a metterci il grosso dei soldi, oltre alle maggiori banche (eccezion fatta per Mediobanca) e a diversi gruppi assicurativi, sono anche società pubbliche come Cassa depositi e prestiti e Poste Vita. Atlante è in sostanza uno strumento che agisce su regia del Tesoro (e infatti è stato costituito proprio nelle stanze di Via XX Settembre per aggirare i vincoli europei) anche se è formalmente autonomo. A guidarlo è Alessandro Penati, il presidente di Quaestio sgr, che all’indomani dell’operazione sulla Popolare vicentina dichiara: “Per la ristrutturazione di una banca ci vogliono 3 anni, ma io conto di riuscirci anche in 18 mesi”.

Nessun commento:

Posta un commento

Prestiti garantiti, le banche tradiscono il Paese! Il m5s è pronto a dare battaglia

Solite banche. Con le imprese allo stremo a causa dell’emergenza coronavirus, che ha generato una pesantissima crisi economica e ha fatto fi...