lunedì 4 settembre 2017

CAPOLAVORO DE MITA, E’ IL RE DEI PARASSITI: 8 MILIONI DI GUADAGNO GRAZIE AL REGALO DELL’INPS


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DE MITA IMMOBILIARISTA – VENDE AD 11 MILIONI L’ATTICO DI VIA IN ARCIONE, PAGATO 3 MILIONI – VICINO FONTANA DI TREVI E PIAZZA DI SPAGNA – CON AFFITTOPOLI CI SI GUADAGNA – PARTE DELLA RISTRUTTURAZIONE PAGATA DAI SERVIZI SEGRETI NEL 1988 – ALL’EPOCA CIRIACO ERA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


Lilli Garrone per il ”Corriere della Sera – Roma”

La spending-review potrebbe aver contagiato anche casa De Mita. Secondo indiscrezioni, la famiglia dell’ex presidente della Democrazia Cristiana avrebbe messo in vendita il grande appartamento di via in Arcione per una cifra vicina agli 11 milioni di euro.

Così, con trattative segretissime e una buona dose di mistero, dovrebbe passare di mano una delle più celebri abitazioni «politiche» di sempre, uno dei simboli del potere della Prima Repubblica. È qui che Luigi Ciriaco De Mita – ancora in attività, eletto nel 2014 sindaco di Nusco, il paese di quattromila abitanti dove è nato nel 1928 – si trasferì poco dopo la nomina a presidente del Consiglio, nel 1988.

Immobile di lusso

L’annuncio sui siti degli immobili di lusso, parla di un «prestigioso attico di 630 metri quadri a via in Arcione, a due passi da piazza di Spagna, Fontana di Trevi e piazza Barberini…con 530 metri quadri di appartamento su due piani e 93 metri quadri di verande…», più le terrazze: altri 200 metri quadri. Impossibile, però, vedere immagini e saperne di più, nonostante gli accrediti.

Il giovane portiere dello stabile, Alessandro, nega disperatamente: «Ma no, non ne so nulla, la famiglia vive ancora qui…». Quanto ai pochissimi abitanti rimasti nei dintorni, sembrano ignari di tutto: «Da queste parti non si sa mai niente… Una signora ha messo in affitto un negozio e poi ha cambiato tre volte numero di telefono», sottolineano. Le voci, però, trovano anche conferme illustri, seppure sotto la garanzia del rispetto più rigoroso dell’anonimato.

 Cause e inchieste

Il mistero, del resto, ha circondato da sempre questa casa-simbolo della Prima Repubblica, dall’arredo sontuoso ma conosciuta anche per i cacio-cavallo di Avellino che erano appesi sul retro della terrazza. Anni di cause e inchieste giudiziarie non sono mai riusciti del tutto a svelare le vicissitudini dell’ appartamento: dapprima in affitto dall’Inpdai, che ne era il proprietario (per un canone mensile tra i 2 mila e i 3 mila euro: il rinnovo del contratto di locazione del 2000, prima dell’acquisto, parla di 71.562.540 lire l’anno), ha cambiato proprietà solo nel 2011 per 3.415.700 euro, cifra considerata molto al di sotto (qualcuno disse la metà) del valore effettivo di mercato degli appartamenti.

Dimensioni misteriose

Persino le reali dimensioni dell’immobile sono avvolte nel mistero: per far spazio alla famiglia del potente politico, la moglie Anna Maria e due dei quattro figli, Antonia e Giuseppe, furono infatti uniti tre appartamenti al quarto e quinto piano del settecentesco palazzo Gentili del Drago. Tutto fu poi restaurato ad arte e blindato con vetri antiproiettile, solidi pannelli contro gli sguardi indiscreti e porte d’acciaio (si disse che i lavori furono pagati dal Sisde, il servizio segreto, per motivi di sicurezza). Marmi, maioliche, parquet e rifiniture di grande pregio, andarono a impreziosire il tutto, secondo i dettami e i gusti della famiglia De Mita. Che, sulle maniglie di ottone delle porte di casa, aveva anche inciso le sue iniziali stilizzate e intrecciate. Adesso, forse, dovranno essere cambiate.

 Franco Bechis per “Libero quotidiano” del febbraio 2011
Il timbro definitivo è arrivato il 4 febbraio scorso, quando è caduta la prelazione che poteva esercitare il ministero dei Beni culturali. Da quel giorno Ciriaco De Mita insieme alla moglie Anna Maria e ai due figli Antonia e Giuseppe sono divenuti formalmente e definitivamente proprietari dell’ attico e superattico da leggenda in via in Arcione che hanno segnato buona parte della storia di Italia.

Il contratto di acquisto portava la data del 21 ottobre 2010 ed è stato stipulato con sospensiva (in attesa dei Beni culturali) davanti al notaio Nicola Cinotti di Roma. Alla fine i De Mita sono riusciti a venire in possesso della supercasa in cui da 30 anni circa erano in affitto (appartenne all’Inpdai, poi all’Inps e alla Scip) pagando 3.415.700 euro per due appartamenti che alla vigilia sono stati frazionati in tre che secondo la vulgata superavano complessivamente 550 metri quadrati coperti e più di 200 aperti o parzialmente verandati.
Se la metratura fosse questa, il prezzo pagato è stato circa la metà di quello previsto dal mercato. I De Mita hanno goduto infatti di tutti i privilegi previsti dagli inquilini degli enti di Stato al momento della vendita nonostante quell’immobile fosse stato classificato di pregio (e quindi non avrebbe dovuto fare sconti agli inquilini acquirenti).

Per la prima volta in quell’atto viene descritto nel dettaglio l’attico e superattico che è stato trasformato in tre appartamenti alla vigilia della vendita: “appartamento posto ai piani quarto e quinto, collegati fra loro tramite scala interna, distinto con il numero 7, composto da salone, sei camere, accessori, tre balconi e due terrazze con verande al piano quarto e due camere, accessori, terrazzo e veranda al piano quinto”.

Così è stato censito anche se in tempi recenti è stata denunciata “variazione per ampliamento-diversa distribuzione degli spazi interni il 12 ottobre 2010”, ed è stata solo l’ultima di una serie di vorticose ristrutturazioni compiute. La divisione in tre di attico e superattico ha consentito a tutti i membri della famiglia De Mita di risultare acquirenti.

 L’appartamento più grande è stato acquistato dai coniugi De Mita, che hanno messo ciascuno una quota da 853.925 euro. Somma identica, ciascuno per avere un appartamento derivato dalla ristrutturazione, hanno messo i figli Antonia e Giuseppe De Mita. Il prezzo è stato pagato subito all’ atto della vendita, attraverso 16 assegni circolari emessi dalla Banca della Campania spa e destinati all’Inps.

 Dodici di questi assegni ammontavano a 250 mila euro ciascuno e quattro a 103.925 euro. Nel prezzo di vendita sono compresi sia tutti i lavori di ammodernamento effettuati negli anni (compresi quelli effettuati venti anni fa dal Sisde per garantire la sicurezza di De Mita), sia gli abusi edilizi per cui l’ente di previdenza proprietario nel 1995 aveva presentato numerose domande di condono al comune di Roma senza avere ancora ricevuto risposta definitiva.

 L’Inps ha però voluto fare inserire in contratto la sua non responsabilità per abusi edilizi riscontrati in casa De Mita prima di procedere alla vendita senza che fosse nemmeno informato il padrone di casa (si tratta di tre verande abusive).

Così Antonio Mastrapasqua ha fatto inserire una nota nel testo contrattuale, sostenendo che “l’unità immobiliare oggetto del presente atto risulta conforme sotto il profilo urbanistico, ad eccezione delle due verande situate sui due terrazzi del quarto piano e della veranda e del piccolo manufatto situati sulla terrazza del piano quinto, che sono stati realizzati direttamente dalla parte acquirente senza autorizzazione alcuna da parte dell’istituto ed in assenza di un valido titolo edilizio (autorizzazione, licenza o concessione)”.

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