mercoledì 31 maggio 2017

DI BATTISTA E' DISPERATO E CHIAMA A RACCOLTA GLI ITALIANI: ABBIAMO BISOGNO DI VOI"


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L'immenso guerriero Alessandro Di Battista rivolge un appello agli attivisti del M5S ma anche a tutti gli italiani. Ecco il testo:

"IO DI PIU' NON POSSO FARE...
Venerdì mi rimetterò in viaggio. Direzione Lombardia. Altro fine settimana in piazza. Sarò a Como, Cesano Maderno, Sesto San Giovanni, Crema, Lodi e Buccinasco. Per l'amor di Dio, i sacrifici, quelli veri, li fanno gli operai dell'ILVA tuttavia, credetemi, stiamo dando il massimo. Sono 4 anni che giro l'Italia tutti i fine settimana. Battagliamo in aula, ci sbattono fuori coloro che salvano i condannati e poi andiamo in piazza. Sempre. Andiamo anche in TV e spesso non è facile, subiamo “interrogatori” più che interviste (ci sta bene a patto che lo stesso trattamento venga riservato anche ai Renzi, alle Boschi etc, etc) e quasi mai c'è il tempo per sfatare le balle che raccontano su di noi. L'ultima stronzata colossale è sul “M5S responsabile dell'epidemia di morbillo”.


 L'hanno scritta e per sostenerla i “giornaloni” pubblicano persino una battuta di Grillo sulla difterite fatta in uno show del 1998. Io ero al liceo e il M5S sarebbe nato addirittura 11 anni dopo! La piazza a questo serve, a riunirci, toccarci, guardarci negli occhi ed avere tempo per parlarci. Serve a creare un Popolo sovrano che non si beve le balle Il M5S è una forza che vuole rivoluzionare questo sistema, un sistema marcio, ipocrita. In questo Paese fatto al contrario la destra ha creato Equitalia e la sinistra ha abolito l'articolo 18 e ha massacrato i lavoratori. Qualsiasi cosa abbia toccato questa classe politica di “esperti” l'ha distrutta. La scuola, le piccole e medie imprese, la sanità, Alitalia, MPS. Viviamo in un paradosso continuo. I partiti attaccano il M5S sulla sua democrazia interna ma sono gli stessi partiti che hanno scritto e votato due leggi elettorali incostituzionali di fila. Ma vi rendete conto o no? L'attuale Parlamento è stato votato con una legge elettorale illegale e, per far fronte a questo scandalo, il PD è intervenuto e ha approvato l'Italicum, altra legge elettorale incostituzionale. Risultato? Oggi il Popolo italiano non ha a disposizione lo strumento principale per esprimersi. Cosa significa Democrazia allora? Anni fa leggevo La Repubblica, ce la menava ogni giorno con la storia del conflitto di interessi di Berlusconi. Poi va al governo il PD, il conflitto di interessi non viene risolto al contrario il tema sparisce dalle pagine de La Repubblica. Gli arresti dei sindaci del PD non fanno più notizia, sono diventati prassi. I partiti dicono che non ci sono soldi per contrastare la povertà con il reddito di cittadinanza ma poi trovano 20 miliardi di euro in 24 ore per salvare i conti delle loro banche da loro stessi prosciugati.
Questo è il quadro. Io ho dato il massimo in questi 4 anni. Di più non posso fare. Posso provare a fare meglio ma di più no. Ci siamo messi di traverso ad un sistema consapevoli che il sistema si sarebbe difeso. I partiti utilizzano i loro media per bastonarci, infangarci e mentire. Cercano di spaventare perché sono terribilmente spaventati. Sanno che gli aboliremo ogni forma di finanziamento pubblico, sanno che faremo una vera legge anti-corruzione, sanno che cacceremo dalla RAI i partiti, sanno che gli dimezzeremo gli stipendi e cancelleremo i vitalizi. Per loro distruggere il M5S è una questione di sopravvivenza. Noi da soli non ce la facciamo, dovete venire con noi, impegnarvi, partecipare. Altrimenti è finita. Proveranno a fare una legge elettorale per impedire al M5S di governare. Vogliono la palude per avere la “scusa” per inciuciare ancora e magari chiedere a Draghi di fare il Presidente del Consiglio. Perché il loro obiettivo è far gestire le Istituzioni non dai cittadini ma dalle banche d'affari.
Un politico tradizionale va in piazza e dice: “votatemi e vi prometto che...”. Noi vi diciamo dateci una mano, perché da soli non ce la facciamo. A riveder le stelle!"

FONTE:
https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/posts/1172599496185446

DATE UNA MEDAGLIA A LUIGI DI MAIO! QUELLO CHE HA FATTO MERITA UN MILIONE DI CONDIVISIONI

“CI SONO ASSASSINI NEL GOVERNO” DI MAIO MASSACRA RENZI, BOSCHI E LA FECCIA DI PALAZZO CHIGI AL SERVIZIO DELLA MAFIA


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“Il governo Renzi ha deciso di massacrare anche le vittime delle mafie, la storia è tanto assurda quanto semplice: sono stati tolti i fondi al Comitato per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso per pagare le spese agli avvocati delle vittime del racket.


 Avvocati che lavorano gratuitamente, ma che devono aver riconosciuto almeno il sostegno alle spese legali che devono sostenere». Così Luigi Di Maio illustrando la propria interpellanza urgente oggi alla Camera. «Situazione ben peggiore – prosegue – è che hanno bloccato anche i pagamenti alle famiglie delle vittime, che dopo anni di sofferenza a conclusione di lunghi processi, si vedono negare qualsiasi diritto e risarcimento. Un esempio per tutti la famiglia di Domenico Noviello, imprenditore assassinato per mano del clan dei casalesi. Tutto questo è stato deciso da un commissario nominato dal ministro dell’Interno, indagato, Alfano. Un vero e proprio schiaffo alla dignità dei coraggiosi cittadini italiani che lottano e denunciano le mafie. Se non sbloccate quei fondi, vi assicuro che domani durante la giornata della memoria di don Peppe Diana pianto un casino che ricorderete negli annali delle celebrazioni italiane. Il vice presidente della Camera replicando al Governo: “La risposta odierna del sottosegretario Manzione è stata paradossale. Facendosi scudo con la scusa che qualcuno possa approfittarsi dei fondi, il Governo ha sospeso il risarcimento a tutti. Ora, dietro nostre pressioni, sembra che verranno ripristinati. Lo facciano subito, immediatamente, senza perder tempo – e conclude – Vigileremo su questo risultato ottenuto, perché la lotta alle mafie appartiene ai cittadini e non ai burocrati che siedono comodamente nei palazzi del potere. Se da ottobre ad oggi i fondi non sono stati erogati, Renzi ha dato un segnale in più alle mafie: i cittadini sono stati abbandonati a loro stessi. Un governo che gioca con le regole e le carte bollate mentre l’usura e il racket strangolano gli onesti”.

La reazione – “Oggi il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ha dimenticato di essere anche un uomo delle istituzioni: fare bassa propaganda politica, e farla con la menzogna, è davvero deprimente”. Lo dice il ministro per le riforme costituzionali Maria Elena Boschi: “Di Maio mente sapendo di mentire – prosegue il ministro – Non c’è stato nessun taglio ai fondi alle vittime di mafia. Come è noto, il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso si autoalimenta durante il corso dell’anno in base alle richieste che arrivano e che vengono valutate da un’apposita Commissione. Rimane l’amarezza. Sfruttare la cerimonia in memoria di un martire della camorra per fare una bieca polemica di parte dimostra a quale livello di meschinità sia giunto il vicepresidente della Camera, eletto a quella carica con i voti del Pd”.

La replica – “Apprendo le agghiaccianti parole del ministro Boschi – replica Di Maio – che ha ammesso che il fondo per le vittime di mafia è bloccato dal Governo. Certo prima afferma che mento e poi afferma che ho ragione: è la natura schizofrenica del politica del Pd. Quindi ad oggi il fondo vittime per la mafia è bloccato, inoltre è a rischio il risarcimento per la famiglia Noviello, imprenditore che ha denunciato il clan dei casalesi. La Boschi lo ammette il giorno della commemorazione di Don Peppe Diana. Sarà ricordata – aggiunge – per averci dato questa triste notizia in una giornata in cui lo Stato dovrebbe sostenere la legalità. La Bindi e tutti i suoi sodali che hanno aperto bocca a vuoto devono ora tacere, se un loro ministro ha ammesso che abbiamo ragione. Non possiamo che condividere e rilanciare l’invito di don Luigi Ciotti, la politica deve assumersi le proprie responsabilità. Cominciando dalla commissione Antimafia”.

PAZZESCO! IL M5S HA SCOPERTO LA SERRACCHIANI! VOLEVA AUMENTARSI LA SUA "PICCOLA" INDENNITA'.


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Elisabetta Batic sul Gazzettino: “Non è andato a buon fine il tentativo della maggioranza di centrosinistra in Consiglio regionale di aumentare l’indennità di trasferta e rimborso spese per le missioni della presidente della Regione Debora Serracchiani e della sua Giunta. Si trattava di un incremento di 30 mila euro inserito all’interno della Finanziaria, al vaglio in questi giorni dell’Assemblea legislativa, ma stoppato di fatto da un emendamento del Movimento 5 Stelle.
Emendamento che proponeva di stornare i 30mila euro in questione per farli confluire nel Fondo per lo sviluppo destinato alle piccole e medie imprese che i grillini già da mesi alimentano rinunciando a parte dei loro stipendi. Vuoi per mancanza di attenzione o per una lettura troppo frettolosa dell’emendamento è stata votata dai 5 grillini proponenti mentre l’astensione del centrosinistra ha permesso al M5S di fare goal col blitz di Elena Bianchi, Cristian Sergo, Ilaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin e Andrea Ussai.
«Sai com’è – commenta la consigliera Frattolin – ora che la presidente è così impegnata a Roma …». Impossibile, infatti, non rilevare che il tentativo di aumentare l’indennità di trasferta della presidente arriva all’indomani del suo nuovo incarico all’interno della segreteria nazionale del Pd al fianco di Matteo Renzi.”

IL M5S HA FATTO UNA SCOPERTA AGGHIACCIANTE SUL PAPA' DI RENZI. CONDIVIDETELA OVUNQUE!


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Diecimila euro da un imprenditore romano al Pd nazionale prima e a quello toscano poi, per finanziare la campagna elettorale alle Regionali del 2015 del sindaco di Rignano Daniele Lorenzini. Soldi che poi vengono girati alla Eventi 6, società di comunicazione della famiglia Renzi, per spese elettorali. Diecimila euro, i due terzi circa di tutte le spese affrontate in campagna elettorale da Lorenzini, poi risultato primo tra i non eletti in Consiglio regionale. E oggi, ormai in rotta con il Pd nella roccaforte renziana, candidato alle comunali di giugno con una lista civica. È lo stesso Lorenzini a mostrare in conferenza stampa la fattura di pagamento, "in regola", del finanziamento che sarebbe stato "propiziato" da Carlo Russo, il faccendiere di Scandicci e uomo-chiave dell'inchiesta Consip, indagato insieme a Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, per traffico di influenze illecite.
Con ordine. I diecimila euro, secondo quanto ricostruito da La Verità il 21 maggio e scritto nel libro di Marco Lillo 'Di padre in figlio', arrivano al Pd da una società di servizi di sicurezza, la Securtrak, che fa capo alla Security Service, di proprietà della famiglia Mongillo, come finanziamento in vista delle elezioni regionali del 2015. L'imprenditore romano Renato Mongillo non è nome nuovo alle cronache. Già arrestato nel 2007 perché accusato di aver versato una tangente all'ex assessore alla Sanità della Regione Lazio Marco Verzaschi, è rispuntato nelle carte dell'inchiesta Consip e fotografato dai carabinieri del Noe con Carlo Russo. I carabinieri annotano che il 21 settembre 2016 Russo, dopo aver incontrato l'amministratore delegato di Grandi Stazioni spa, si vede con Mongillo in un bar di Via Veneto a Roma.
Il finanziamento della Securtrak finisce quindi al Pd Regionale che lo dirotta su Lorenzini, grazie anche all'intervento di Russo, per finanziare le sue spese elettorali. Diecimila euro che poi, dichiara Lorenzini, sono finiti alla Eventi 6 per la campagna di comunicazione, e in particolare stampa e distribuzione di materiale elettorale. "Tutto è regolarmente depositato in Corte d'Appello", ha detto Lorenzini.
Il sindaco uscente di Rignano però precisa di non aver mai incontrato Carlo Russo, replicando così alle accuse, avanzate dall'assessore renziano e amico di Tiziano Renzi Roberto Bargilli in un'intervista al Corriere della Sera, di aver preso soldi dal misterioso faccendiere del caso Consip.
La partita di giro dei soldi che partono da Roma per finanziare la campagna elettorale di un candidato alle regionali in Toscana e che a sua volta li fattura alla società della famiglia Renzi ha sollevato le polemiche delle opposizioni. Fratelli d'Italia ha presentato un'interrogazione: "Abbiamo depositato in Consiglio regionale un'interrogazione sul passaggio di denaro fra il Partito democratico e la Eventi 6, legata alla famiglia Renzi. Chiediamo che venga fatta al più presto chiarezza su una vicenda sulla quale, dopo la pubblicazione dei documenti ufficiali, sembrano esserci davvero pochi dubbi", ha detto Giovanni Donzelli. L'Eventi 6 ha dato mandato ai suoi legali di intentare una causa di risarcimento danni al consigliere Donzelli. "Spiace dover leggere dichiarazioni così tanto fuorvianti la verità da parte di chi sa bene che può permettersi il lusso - a pochi riservato - di non assumersi alcuna responsabilità di quello che afferma", si legge in una nota della società dei Renzi.
Anche il Movimento 5 Stelle attacca l'ex premier: "In sostanza, quindi, il Pd di Matteo Renzi avrebbe finanziato, tramite Carlo Russo, la campagna elettorale del candidato del Pd a Rignano, e poi questi soldi sarebbero finiti nelle casse della società della famiglia Renzi. Un giro d'affari e d'interessi a dir poco opaco, con dei meccanismi poco chiari e trasparenti. I vertici del Pd, Matteo Renzi in particolare, e Tiziano Renzi, non hanno nulla da dire?", chiedono ancora i 5 Stelle.

INDAGATO PER TRUFFA IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA: SOLO TRAVAGLIO ANNUNCIA LA NOTIZIA, RIMASTA “SEGRETATA” PER GIORNI. LE INDAGINI AVVIATE DALLA PROCURA DI SPOLETO


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“Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco indagato per truffa”

Lo “scoop” è del Fatto Quotidiano. Il quotidiano diretto da Marco Travaglio scrive oggi che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco sarebbe indagato, insieme ad altre persone, dalla Procura di Spoleto in un’inchiesta, per corruzione e truffa, sul commissariamento della Banca Popolare di Spoleto (Bps) e la successiva vendita a Banca Desio, avvenuta lo scorso anno.

Il commissariamento è stato poi annullato dal Consiglio di Stato. I soci di Pop Spoleto che erano contrari a quella operazione hanno presentato alla Procura un esposto firmato dall’avvocato Riziero Angeletti.

Il pm di Spoleto, Gennaro Iannarone, ha indagato oltre a Ignazio Visco i commissari nominati da Bankitalia (Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile), i componenti del comitato di Sorveglianza (Silvano Corbella, Giovanni Domenichini e Giuliana Scognamiglio) e l’attuale presidente di Bps, Stefano Lado, che è il vicepresidente di Banco Desio. Per capirne qualcosa di questa vicenda bisogna risalire al 2010: allora la Popolare di Spoleto era una banca locale con una raccolta di 2,5 miliardi, sofferenze contenute (152 milioni) e una capacità di reddito del 10,6%.

“IN QUALUNQUE ALTRO PAESE, UN PREMIER CHE PER MESI GIURA DI LASCIARE LA POLITICA IN CASO DI SCONFITTA, SAREBBE ASSEDIATO”: TRAVAGLIO CI SPIEGA CHE SIAMO UN POPOLO DI PECORE


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HANNO LA FACCIA COME IL CULO – TRAVAGLIO: “IN QUALUNQUE ALTRO PAESE, UN PREMIER CHE PER MESI GIURA DI LASCIARE LA POLITICA IN CASO DI SCONFITTA, SAREBBE ASSEDIATO – GENTILONI È UN BRAV’UOMO TENDENZA SUGHERO, UN GALLEGGIANTE CHE NON DISTURBA, NON SPORCA, DOVE LO METTI STA. PIÙ CHE UN PREMIER, UNA PIANTA GRASSA”

Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano – ESTRATTO

Tra i tanti fiaschi collezionati da Renzi nei tre anni della sua avventura politica nazionale, il più bruciante per lui è la scoperta che nessuno l’ ha mai preso sul serio (a parte i lacchè e sciuscià della cosiddetta informazione, che peraltro hanno già messo a riposo le lingue in attesa del successore).

In qualunque altro Paese, un premier che per mesi giura di ritirarsi a vita privata, andare a casa, lasciare la politica e cambiare mestiere in caso di vittoria del No al referendum, sarebbe assediato dal suo e dagli altri partiti, dai suoi e dagli altrui elettori, e ovviamente dai media, con domande del tipo: “Perché ha mentito al popolo italiano? Con quale credibilità pensa di presentarsi alle prossime elezioni? Che aspetta a tornarsene a Pontassieve e a scomparire per sempre dalla circolazione?”.



Invece niente: evidentemente tutti, mentre pronunciava quei solenni giuramenti, già sapevano che erano tutte balle. Il che, per uno che voleva cambiare la politica, l’ Italia, l’ Europa, ma non riesce a cambiare mestiere (forse perché non ne ha mai avuto uno), è il peggiore dei fallimenti.

E così per la sua corte dei miracoli e miracolati. Pensate al discredito che travolgerebbe Cameron se, dopo aver promesso il ritiro in caso di Brexit, fosse rimasto alla guida dei conservatori con la scusa che il Remain ha avuto il 48,1% dei voti. E alle risate che seppellirebbero la Clinton, se fosse ancora lì che rompe perché ha preso più voti di Trump.

Ma quelli sono paesi seri. In Italia si dà per scontato che il premier sia un pagliaccio. Infatti si trova normale che Renzi si appropri del 40% dei Sì e che al suo governo Renzi segua un Renzi-bis (patrocinato per giorni dai giornaloni) e, tramontato quello, che il premier uscente ma non uscito faccia le consultazioni a Palazzo Chigi manco fosse Mattarella e pretenda di scegliere i ministri-chiave del nuovo governo, di ricicciare addirittura la Boschi e di imbullonare il suo clone Lotti alla poltrona di sottosegretario per governare i servizi segreti, l’ editoria e i dossier “sensibili”.

Ora, probabilmente, nascerà un governicchio Gentiloni con la stessa maggioranza (l’ unica possibile in questo Parlamento illegittimo di nominati e voltagabbana). È la soluzione non migliore (il meglio non ha più cittadinanza in Italia da decenni), ma meno peggiore. Paolo Gentiloni è un brav’uomo tendenza sughero, un galleggiante che non disturba, non sporca, dove lo metti sta. Più che un premier, una pianta grassa. L’ ideale per la decantazione dopo tante risse fra e nei partiti, soprattutto il Pd.

Purché non sia un prestanome e duri poco.

Oltre giugno non sarebbe igienico andare, per due motivi: a) questo è il quarto governo nato all’ insaputa degli elettori in cinque anni; b) prima di sei mesi è improbabile che il Parlamento faccia la legge elettorale. È vero che i governi non possono avere date di scadenza.

Ma, vista la situazione eccezionale, i partiti dovranno trovare il modo di dargliene una, entro la quale dovranno fare senza tante discussioni ciò che va fatto subito. Che, attenzione, non è la legge elettorale: quella non è compito del governo, ma del Parlamento, su proposta della maggioranza, ma coinvolgendo le opposizioni o almeno parte di esse. Di leggi elettorali fatte dai governi per far perdere gli avversari ne abbiamo avute due in 10 anni, il Porcellum e l’ Italicum, e sappiamo come sono finite. Sconsiglieremmo di riprovarci.

CONDIVIDETE TUTTI ALL'ISTANTE: SENZA DIRVI NULLA HANNO MESSO IN GINOCCHIO GLI ITALIANI

Arriva il Ceta, il trattato che uccide Made in Italy

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I fake media ieri ci hanno raccontato quanto è “figo” il premier canadese Justin Trudeau e della sua avventura allo stadio con la maglia di Francesco Totti.
Tutto molto bello, però i criminali dell’informazioni hanno “dimenticato” di dirci cosa è venuto a fare Trudeau qui da noi: promuovere il Ceta, l’accordo commerciale di libero scambio tra Canada ed Unione Europea che dà il colpo di grazia alle aziende italiane.
Il TTIP non è passato perché i cittadini si sono opposti. E allora hanno trovato il modo di aggirare l’opinione pubblica con un nuovo accordo, il Ceta appunto, che viene presentato come un trattato che favorisce il commercio, ma che nei fatti ci toglie sovranità, favorisce le banche e massacra i consumatori e le imprese italiane, soprattutto nel settore alimentare.
Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha denunciato che “l’accordo CETA è un regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali“.
Coldiretti: “Il Ceta uccide il grano duro italiano”
Il settore alimentare sarà quello più colpito dal Ceta, se l’accordo sarà ratificato dal parlamento italiano. Denuncia Coldiretti:
“Nei trattati va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori. Il Ceta uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale i dazi per l’importazione dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno. Oltre la metà del grano importato dall’Italia arriva proprio dal Canada dove le lobby in vista dell’accordo CETA sono già al lavoro contro l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta previsto per decreto e trasmesso all’Unione Europea, trovando purtroppo terreno fertile anche in Italia”.
Ceta, M5S: “Svenderà i servizi pubblici italiani”
Il M5S, da sempre critico verso questi accordi transnazionali, ha spiegato i rischi del Ceta tramite il proprio sito:
“Un trattato simile al Ttip (quello tra Usa e Ue), che in un certo senso lo sostituisce visto che molte multinazionali statunitensi hanno una sede anche in Canada, e che, solo per citare alcuni rischi, svenderà i servizi pubblici italiani, renderà irreversibili le privatizzazioni (dagli ospedali alla gestione dell’acqua), sdoganerà in Europa gli Ogm, di cui il Canada è il terzo produttore mondiale, e circa 130mila tonnellate di carne canadese trattata con ormoni.
E il Governo davanti al primo ministro canadese Trudeau, sponsor principale del Ceta, cosa fa? Lo accoglie a braccia aperte. Prima la Boldrini con i suoi panegirici, elogiandolo a tutto tondo in quanto ‘femminista’, promotore di una ‘visione multiculturale’ e della ‘lotta ai cambiamenti climatici’ in casa propria, ma del tutto favorevole alle porcate che è invece venuto a piazzare in Italia e nel resto d’Europa.
Pochi minuti dopo è la volta di Gentiloni, che, ospitando in conferenza stampa Trudeau al proprio fianco, ha dichiarato pubblicamente che spera che il Parlamento italiano dia al più presto il via libera alla ratifica del Ceta, che l’ultimo Consiglio dei Ministri ha predisposto in tutta fretta con un disegno di legge. Un’indicazione di voto vergognosa”.

martedì 30 maggio 2017

Grillo: “L'Imu sulla prima casa non va pagata, su una casa con mutuo la paga la banca”


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Il leader del Movimento Cinque Stelle attacca Berlusconi e Renzi sulla questione Imu e rilancia "L'Imu sulla prima casa non va pagata. l'Imu su una casa soggetta a mutuo va pagata dalla banca che ne detiene la proprietà, l'Imu per chi non ha reddito non va pagata".

“L'Imu sulla prima casa non va pagata”, la discussione sull'Imu è solo una farsa, con queste parole Beppe Grillo interviene dal suo blog sulla discussione che sta animando il dibattito politico che sta mettendo in serio pericolo la tenuta dell'Esecutivo guidato da Matteo Renzi. Del resto gli stessi parlamentari del Movimento Cinque Stelle hanno già da tempo spiegato la loro posizione per quanto riguarda l'imposta sugli immobili ma ora Grillo con un post sul suo sito rilancia. “Gli italiani sanno per esperienza che l'IMU, comunque vada, lo pagheranno. Direttamente o indirettamente. Cinque miliardi di euro per ripianare i nuovi interessi sul debito pubblico accumulati nel 2013 vanno trovati entro fine anno” ha ricordato il comico genovese che poi ha attaccato Berlusconi e Renzi. “La paghi Berlusconi l'IMU con il suo patrimonio. Ha preso per il culo gli italiani con una promessa non mantenuta. Prima delle elezioni c'erano le file alle poste con il biglietto della lotteria di Berlusconi per non pagare l'IMU. La paghi Renzi l'IMU con i miliardi di finanziamento pubblico che ha preso il SUO partito che grazie a questi soldi LO HA FATTO eleggere negli ultimi vent'anni” ha spiegato Grillo
“La discussione IMU si – IMU no è stucchevole e offensiva per chi è esodato, cassintegrato, disoccupato” ha attaccato  il leader del M5S, perché “Semplicemente non pagherà l'IMU per ragioni di forza maggiore. Poi aspetterà con calma che arrivi Equitalia alla sua porta per sfrattarlo per morosità”. “Io non busserei” ha però tuonato Grillo , aggiungendo “L'IMU sulla prima casa non va pagata. l'IMU su una casa soggetta a mutuo va pagata dalla banca che ne detiene la proprietà, l'IMU per chi non ha reddito non va pagata. Questa è giustizia sociale”.  ”Questo è ciò che va fatto mentre va in scena la farsa dell'IMU” ha concluso Grillo.


MINA ESALTA BEPPE GRILLO! FACCIAMO DIVENTARE VIRALE IL SUO POST


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"Grillo è una mazzata ai politici". Lo dice Mina in un'intervista rilasciata al Blog di Beppe Grillo, Riportiamo il suo virgolettato:

“A reclamare tale ammodernamento anatomico – scrive Mina, riferendosi appunto all’imenoplastica – si sono impegnati i grandi uomini della prima, della seconda, della terza, della quarta, della ennesima Repubblica. Leggermente sputtanati e disfatti in decenni di infernale e volgare promiscuità e sfrenato onanismo, senza controllo e con autoreferenzialità, stanno rivalutando all’improvviso il concetto di purezza” (il testo integrale sul blog di Beppe Grillo).
Grillo, secondo Mina, è “il colpo finale, la mazzata che ammutolisce la sala della televisione. Incontrollabile, sottovalutato, diverso, è adesso minaccioso veramente. Compare sostanzioso nella sua percentuale e inarrestabilmente spacca equilibri e logiche”. Perché finora, “l’ideologia del bunga e dell’antibunga erano sufficienti a eletti ed elettori per il funzionamento di Stato, società e politica estera. Ora bisogna fare i conti con lo spauracchio”. 
Ma i politici preferiscono tentare di disinnescare questo spauracchio evitando di citarlo, afferma la cantante. “Prima regola che si impongono i neovergini è quella di non nominare mai il nome dell’interessato. La volgare citazione appare scritta negli sfondi degli studi e, al massimo, velocissimamente pronunciata da scioglilinguisti allenati. Vengono impegnati, poi, scrittori dal costo elevato per la edificazione della muraglia di discredito che comprenda intelligentissimi riferimenti al qualunquismo, all’utopia, al populismo, alla sovversione, all’anacronismo, all’irrispettosità, all’inconsistenza. Contenti delle strategie impostate”, conclude Mina, “appagati ogni tanto da un più zero qualcosa, si godono il prurito dei genitali riparati”.
Lo stesso Grillo, ancora sul blog, interviene polemicamente sul tema elettorale: “E’ la prima volta dal dopoguerra che tutti i partiti, tutte le istituzioni, tutte le televisioni e (quasi) tutti i giornalisti si sono concentrati su di un unico bersaglio elettorale: il MoVimento 5 Stelle. Tutti d’accordo per mantenere lo status quo”. E per silenziare “un movimento di popolo che rifiuta qualunque finanziamento pubblico, odiato dalla Confindustria e dai sindacati, dalla destra e dalla sinistra, attaccato persino dalla Presidenza della Repubblica e dai maggiori quotidiani nazionali”, Se “fa così paura, significa che un terremoto sociale è in arrivo” (qui il testo integrale).
Per i partiti, secondo Grillo, è “finita. Quando uscite spegnete la luce, posate il maltolto e chiudete la porta. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure. Ci vediamo in Parlamento”.

QUESTA NOTIZIA DEVE FARE IL BOTTO: ECCO COSA HANNO SCOPERTO SU NAPOLITANO

60 ANNI DI STIPENDIO D’ORO? NAPOLITANO LO HA FATTO FRUTTARE ALLA GRANDE! ECCO L’IMPERO IMMOBILIARE DEL VECCHIO, ALLA FACCIA DI OPERAI, DISOCCUPATI ED ESODATI


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Giorgio Napoiltano e gli investimenti sul mattone

di Franco Bechis (www.limbeccata.it)

Giorgio Napolitano si è giocato buona parte degli stipendi che i contribuenti italiani gli hanno erogato nella sua lunghissima carriera politica e istituzionale sul mattone. E non ha sbagliato: il suo primo investimento oggi si è moltiplicato quattro volte e mezzo di valore, nonostante la crisi del mercato immobiliare degli ultimi anni. Secondo le valutazioni di mercato oggi i mattoni di Napolitano (condivisi con la moglie Clio Bittoni) oscillano fra i 2,1 e i 2,6 milioni di euro di quotazione.


L’ultimo investimento è anche il più recente: i coniugi Napolitano hanno acquistato l’8 novembre 2012 (dopo un preliminare di vendita firmato il 20 luglio dello stesso anno) un appartamento al terzo piano di via dei Serpenti nel quartiere Monti- dove ora sono tornati a vivere- perfettamente identico a quello che già possedevano da decenni nello stesso immobile al piano terra: entrambi sono di sei vani. A venderglielo poco prima che scadesse il primo mandato alla presidenza della Repubblica, lo svizzero Mario Busetto e altri 11 comproprietari delle famiglie Persico, Maceratesi e Bertinetti. Non è noto il prezzo, perchè non indicato nell’atto sintetico depositato. Così come non è noto quanto fu pagato il villino con pertinenze che i coniugi Napolitano possiedono in una via privata all’imbocco di Capalbio, il paese della Maremma da sempre buen retiro della sinistra italiana.

Le quotazioni – L’ultimo acquisto in via dei Serpenti però è identico al primo, avvenuto nel lontano 1980. Allora i Napolitano pagarono quell’appartamento 100 milioni di lire alla Pars Italia spa. Secondo il calcolatore Istat che rivaluta le somme, sarebbero 243.767 euro di oggi. Ma oggi quell’appartamento viene valutato in una forchetta che oscilla fra 889.200 e 1.138.000 euro a seconda dello stato dell’immobile (ottimo): l’investimento si è quindi più che quadruplicato. I Napolitano hanno un fiuto particolare per gli affari immobiliari. Ed è una fortuna: perchè il valore degli immobili posseduti dai coniugi oggi è pari a quasi la metà degli stipendi ricevuti da Napolitano in tutta la sua vita politica.

Presidente della Repubblica “Re Giorgio” lo è stato per otto anni e otto mesi, ricevendo uno stipendio netto complessivo più o meno uguale al valore dell’ultimo appartamento acquistato: 1.094.391 euro. Non avendo sostanzialmente avuto spese (vitto e alloggio erano assicurati dalla funzione per i coniugi, così come ogni spostamento), saranno stati davvero messi da parte. Nel resto della vita Napolitano ha sempre ricevuto stipendio base e rimborsi spese dai contribuenti italiani, salvo che nel lustro 1963-1968, quando rimase fuori dal Parlamento e si occupò del suo partito: membro del comitato centrale del Pci e segretario regionale della Campania. Napolitano è stato invece 27 anni e 11 mesi deputato, e 5 anni senatore della Repubblica (anche adesso lo è, essendo senatore a vita).

In contemporanea (con il doppio mandato) è stato dieci anni europarlamentare e 2 anni ministro. Ha ricevuto stipendi da parlamentare (senza calcolare le indennità extra) per 2,5 milioni di euro netti. E in più ha percepito 1,8 milioni di euro di diaria per rimborso spese per il soggiorno a Roma (che lui non aveva, abitando nella capitale) che sono diventate altro stipendio netto non tassato. In tutto fanno 5.471.891 euro netti, a cui aggiungere le eventuali somme percepite per rimborso spese di segreteria, non spese e quindi andate a cumularsi anche esse allo stipendio netto, come è malcostume accada da sempre nel mondo politico.

E QUEI FESSI DEI VICINI GLI HANNO FATTO PURE LA FESTA….



ITALIANI, CONDIVIDETE TUTTI QUESTA NOTIZIA: E' UNA VERGOGNA SENZA PRECEDENTI!


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Fatta la legge trovato l’inganno.
La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato il disegno di legge che modifica le norme sui vitalizi parlamentari e applicherebbe il sistema contributivo sia ai vitalizi futuri sia a quelli già esistenti.
Il prossimo 31 maggio si voterà sul ddl, che poi passerà al Senato e, se approvato, diventerà legge entro la fine della legislatura.
I media hanno dato grande spazio alla notizia, perché il testo ricalca la proposta di Richetti del Pd, ma hanno dimenticato un particolare importante: la reversibilità aumenta di un quinto se i beneficiari non hanno altri redditi, come spiega Thomas Mackinson sul Fatto Quotidiano:
“Dall’Inps assicurano che in Italia non c’è categoria che goda di una norma tanto favorevole da aumentare di colpo la pensione di reversibilità del 20%. Non i 21 milioni di dipendenti pubblici e privati cui ogni anno eroga le pensioni, che al massimo possono contare sulle rivalutazioni Istat dello zero virgola o di vedersi alzare l’importo, se inferiore, ai 501 euro di pensione sociale. Il problema comune a tutti gli italiani non riguarderà invece mogli e figli di 2.470 ex onorevoli e 1.650 ex consigli regionali che al momento di incassare la reversibilità potranno contare su un assegno aumentato automaticamente di un quinto. A prescindere dall’importo. Ed ecco rispuntare il privilegio, per di più nella legge nata per abolire il più avversato di tutti: il ricco vitalizio che a ancora oggi consente agli ex parlamentari di incassare anche 5-6mila euro al mese a fronte di qualche legislatura in Parlamento”.
All’ultimo è infatti passato n emendamento a firma di Daniela Gasparini, deputata Pd:
“La pillola, contro la quale già si annunciano ricorsi (per i famosi “diritti acquisiti”), è un po’ meno amara del previsto: all’ultimo passa un emendamento che accorda un beneficio ben poco perequativo nella corsa a omologare il trattamento degli ex onorevoli e consiglieri a quello dei lavoratori dipendenti. Riguarda la “Rideterminazione degli assegni vitalizi” (art.13), lo firma la deputata Pd Daniela Gasparini e recita così: “In assenza di altri redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per i soli trattamenti in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, la misura della pensione di cui all’articolo 11 è aumentata del 20 per cento”.
In soldoni significa che in caso il congiunto beneficiario della reversibilità non abbia “redditi da lavoro dipendente/autonomo e d’impresa, rendite fondiarie e redditi da capitale” percepirà il 60% dell’importo come gli altri italiani, ma aumentato di un quinto. Automaticamente, senza soglia massima ne criteri patrimoniali. E pace se in quelle stesse famiglie, a differenza di altre, per anni si è materializzato uno stipendio parlamentare da 10mila euro al mese”.

FACCIAMO FARE IL BOTTO A DI MAIO! CONDIVIDETE OVUNQUE LA SUA INTERVISTA


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Strepitoso Luigi Di Maio in diretta su La7 a "Di Martedi". Da solo contro tre servi del regime, il portavoce alla Camera pentastellato massacra tutti. Ecco il video:



E' INAUDITO! VOGLIAMO 1 MILIONE DI CONDIVISIONI PER QUESTO POST


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Denuncia choc del M5S. Ecco su cosa si sono accordati i "potenti" al G7 di Taormina:

È UN COLPO DI STATO SILENZIOSO!
Gentiloni e Alfano hanno fatto i furbi. Mentre tutti i riflettori mediatici erano concentrati sul G7 di Taormina, in tutta fretta e in gran segreto, hanno approvato il disegno di legge di ratifica del CETA!
È un inganno per i cittadini perché con il voto del Parlamento italiano entrerà in vigore la clausola che permetterà alle multinazionali di fare causa agli Stati se una legge compromette i loro profitti. Dopo il referendum ci riprovano: vogliono scipparci la democrazia! Daremo battaglia in Parlamento e nelle piazze!
CONDIVIDI! FAI INFORMAZIONE!

TUTTI IN PIEDI PER DI BATTISTA: GUARDATE COS'HA FATTO. CONDIVIDETE


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Legge elettorale, Alessandro Di Battista coon un post su Facebook mette in chiaro la situazione, dopo i falsi titoloni dei giornali che parlano di asse PD-M5S. Riportiamo le sue parole:

"Un conto è la legge elettorale sulla quale siamo aperti a collaborare (anche perché le ultime due che i partiti hanno fatto da soli sono state bocciate dalla corte costituzionale) altro sono tutti i provvedimenti osceni che il PD porta in aula. Noi siamo e restiamo acerrimi nemici della partitocrazia. Il PD per approvare le sue indecenze (a cominciare dalla manovrina) non si azzardasse nemmeno a pensare che il M5S potrà dargli una mano."


fonte:
https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/?fref=ts

CLAMOROSA FIGURA DI M... DEL PD: FATE VEDERE A TUTTI COSA HANNO COMBINATO QUESTA VOLTA

L’ultima del Pd: Totti se ne è andato per colpa della Raggi


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Tutta colpa della Raggi. Secondo il Pd la causa dell’addio di Totti alla Roma è la sindaca pentastellata.
Si tratta, invece, dell’ennesima figuraccia per il partito di Matteo Renzi.
In un post pubblicato su Facebook, il Pd ha pubblicato la traduzione di un articolo del New York Times che racconta l’epilogo della carriera dell’ex capitano della Roma, che niente ha a che fare con la Raggi.
Scrive Franco Bechis:
“Sembra una barzelletta, ma è un manifesto che ha messo in rete il Partito democratico. Accusando Virginia Raggi di essere la vera responsabile dell’addio di Francesco Totti alla Roma. Lo avrebbe fatto scappare lei, mentre Luciano Spalletti e James Pallotta si sbracciavano per farlo giocare ancora la prossima stagione. Sarà colpa della visita nello spogliatoio che la Raggi ha fatto prima della partita? Totti l’ha vista e se l’è data a gambe? Il Pd di renzi cita per nobilitare la trovata un articolo del New York Times. Che però non dice proprio quello che è scritto nel manifesto, ma racconta l’addio del campione che mette ko una città che nell’ultimo decennio (non nell’ultimo anno) ha dovuto fare i conti con il lavoro perduto e il dramma dei rifiuti… Via il bianchetto su quel “decennio”, e la trovata Pd è in rete. Ideata dagli stessi che ogni giorno tuonano sulle fake news della rete”.
Anche tra gli esponenti del M5S c’è stata indignazione per il post del Pd. Il deputato Manlio Di Stefano ha scritto sulla propria pagina Facebook:
“LA CLAMOROSA FIGURACCIA DEL PD
Tanta è la voglia di attaccarci, tanta la rabbia che li attanaglia, che non riescono più nemmeno a valutare l’assurdità di certe menzogne. Questa volta è così palese che gli sta tornando sui denti in modo violento e mi serve che condividiate questo post per dargliela ancora più forte.
Guardate questo tweet del PD “L’affondo del New York Times a Virginia Raggi #RAGGIrati”, e giù con la traduzione del pezzo del NYT che parlerebbe del nostro sindaco. “Parlerebbe” non “parla”, perché basta andare sul sito del NYT per trovare il pezzo originale che dice questo:
“The past decade or so has not been kind to Rome. Garbage piles up in the piazzas. The parks look like littered Iowa cornfields. The city’s sputtering economy hemorrhages jobs and its mayor’s name has become a national byword for urban disaster.”
Avete letto bene “Lo scorso decennio o giù di lì” ovvero durante le amministrazioni Alemanno e Marino, non Raggi!!!
SONO RIDICOLI

Diffondiamo la verità contro i #BugiardiPD!”

SU LE MANI PER PIERO PELU': CONDIVIDIAMO QUESTO POST OVUNQUE

Equitalia, Piero Pelù: ‘Quando qualcuno avrà il coraggio di cambiare definitivamente questa arroganza delle istituzioni sui cittadini?’


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Anche Piero Pelù è finito nella morsa di Equitalia.
Il cantante, premettendo che se ha sbagliato pagherà tutto, si è lamentato per l’inadequatezza del servizio dell’agenzia, la quale non gli avrebbe fatto sapere l’oggetto del pagamento e non gli dà modo di conoscere i dettagli.
La rockstar ha pubblicato la foto della cartella di Equitalia ricevuta su Facebook, corredata da un commento nel quale spiega:
“EQUITALIA, se sbaglio pago e non lo discuto ma se un verbale non specifica per quale ragione esatta dovrei pagare, se l’ufficio di Equitalia non ha nemmeno un telefono a cui chiedere e se l’omertà burocratica dei vari uffici di riscossione comunali-regionali e del pra ci mette pure l’asso di bastoni allora capisco il perché di tante storie italiane che vanno storte.
Quando qualcuno avrà il coraggio di cambiare definitivamente questa arroganza delle istituzioni sui cittadini?
Sto rock, per amore e per forza.

Buona settimana a tutti, apprescindere”.




lunedì 29 maggio 2017

REDDITO DI CITTADINANZA IMPOSSIBILE? ECCO PERCHE' NON E' VERO. DIFFONDETE


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Chi è contrario al reddito di cittadinanza di solito è qualcuno che non ne ha bisogno. E che non si rende conto del fatto che probabilmente, prima o poi, ne avrà bisogno.
Naturalmente non troverete nessuno o quasi disposto ad ammetterlo dicendo: “A me il reddito di cittadinanza non serve, quindi non voglio che lo abbiano gli altri”.


I veri motivi vanno sempre nascosti da ragionamenti pseudo-logici, sillogismi fumosi e sventolate questioni etiche.

Abbiamo pensato dunque di fare una piccola lista delle obiezioni al reddito di cittadinanza, smontandole con un accessorio ormai piuttosto fuori moda: la logica.

Partiamo dunque col nostro piccolo bestiario:

1) Il pragmatico: “Non ci sono i soldi per farlo”. Questa è la menzogna più facile da smontare. Basterebbe dire che le commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno già approvato le coperture del ddl sul reddito di cittadinanza del M5S o che l’Istat ha stimato il suo costo intorno ai 14 miliardi all’anno.

Renzi ha lasciato un buco da 40 miliardi, sprecando soldi in misure (80 euro in busta paga, Jobs act, sgravi fiscali, ecc.) che non hanno portato risultati positivi nei consumi e nel lavoro (qui i dati del disastro sul precariato).

2) L’equo: “Non è giusto che io lavoro, mentre altri si godono il reddito di cittadinanza pagato con le mie tasse”.

C’è un equivoco di fondo: il reddito di cittadinanza non è una misura assistenziale, ma un diritto. Si riconosce al cittadino il diritto a disporre almeno del minimo necessario alla sopravvivenza, stimabile intorno ai 780 euro secondo il ddl M5S (che a sua volta si basa su parametri europei).

E’ semplicemente un servizio erogato dallo Stato e, come molti altri, non è necessario il versamento dei contributi per usufruirne.

Facciamo un esempio su un tema di grande attualità: se i genitori di un bambino  sono disoccupati e non pagano quindi le tasse, non per questo il loro figlio non riceve i vaccini obbligatori, pagati con i contributi di altri cittadini che lavorano.

La logica di chi non vuole il reddito di cittadinanza, perché si destinano risorse a persone che non pagano le tasse, toglierebbe i vaccini ai figli dei disoccupati, esponendoli al rischio di malattie mortali.

3) L’investitore: “C’è bisogno di lavoro, investiamo su quello invece di regalare soldi a chi non fa niente”.

Ottima trovata, azzerare la disoccupazione è davvero geniale. Appena si troverà un modo per farlo dall’oggi al domani, il reddito di cittadinanza diventerà inutile.

Peccato che così non è e che chi resta senza lavoro deve sopravvivere oggi, non può mica trattenere il fiato per qualche anno intanto che gli investimenti creano lavoro.

E’ giusto investire nella creazione di nuovi posti di lavoro, ma questo non risolve la necessità di dare un sostegno immediato a milioni di italiani che oggi sono senza una fonte di reddito.

4) Il sospettoso: “Bravi, diamo il reddito di cittadinanza, così poi lavorano tutti in nero per continuare a prenderlo”.

Questa, più che mancanza di logica, è proprio ignoranza. Chi lavora in nero è spesso costretto a farlo. Se non hai niente in tasca e ti propongono di andare a raccogliere pomodori in nero per 10 ore di fila, in cambio di 20 euro in nero, ci vai.

Se hai un reddito di cittadinanza, mostri il terzo dito a proposte del genere e usi il tuo tempo per cercare un lavoro veramente dignitoso.

Chi invece oggi lavora in nero anche senza averne la necessità, continuerà a farlo con o senza la presenza del reddito di cittadinanza. La differenza possono farla solo delle leggi sull’evasione che diano la certezza della pena.

Al posto del solito livellamento verso il basso, il reddito di cittadinanza produce un innalzamento verso l’alto.

5) Il tecnico: “Quello del M5S non è un vero reddito di cittadinanza, ecc ecc”.

Questi che la buttano sulla lana caprina, un po’ per accusare i pentastellati di essere ignoranti, un po’ per vocazione democristiana, sono i più perniciosi.

Chiamatelo reddito minimo, universale, di base, di cittadinanza, pagnotta garantita, quello che importa è che anche in Italia venga riconosciuto il diritto alla sopravvivenza con un qualche strumento che sostenga chi è rimasto indietro.

6) L’esperto: “Ma quale reddito di cittadinanza, esistono già gli ammortizzatori per i disoccupati, i sussidi, la cassa integrazione, ecc”.

Ancora una volta non si capisce che il reddito di cittadinanza non è assistenzialismo, senza contare che tutte queste misure di Welfare lasciano scoperti una serie di categorie che non hanno alcun paracadute quando le cose vanno male: la miriade di giovani che lavorano a botte di voucher (che non dà diritto al sussidio di disoccupazione), i pensionati che non arrivano ai 780 euro al mese (col reddito di cittadinanza M5S le pensioni minime aumenterebbero a tale soglia), i lavoratori autonomi, eccetera.

7) Il Renzi: “Reddito di cittadinanza distrugge art. 1 Costituzione”.

A parte che fa ridere il fatto che l’ex Premier voglia dare lezioni di Costituzione, dopo aver sfornato una legge elettorale bocciata dalla Corte costituzionale e dopo aver fallito il tentativo di manomissione della Costituzione con la riforma rottamata da 20 milioni di italiani al referendum del 4 dicembre 2016…

A parte questo, se Renzi non si fosse fermato al primo articolo della Carta costituzionale, avrebbe scoperto che all’art. 36 si elencano alcune caratteristiche che il lavoro dovrebbe avere:

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Siamo purtroppo invece nell’era dei working poor, cioè di quelli che, pur lavorando, non hanno abbastanza reddito da vivere da soli. Categoria che Renzi ha contribuito a infoltire con l’esplosione dei voucher.

Il lavoro è un diritto-dovere: se la società non è in grado di produrre lavoro per tutti, è giusto che lo Stato assicuri a chi non lavora (non per sua volontà, ma per oggettiva impossibilità) quanto basta per una “esistenza libera e dignitosa”.

In caso contrario, chi è senza lavoro è costretto ad accettare qualsiasi condizione pur di tirare avanti, anche a lavorare in maniera non “proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”.

Ps. il reddito di cittadinanza è un primo passo verso quell‘”universal basic income” che sarà la sola salvezza per le masse, quando la maggior parte degli esseri umani diventeranno inutili come forza lavoro.

SBRIGATEVI A CONDIVIDERE:DI MAIO HA INCHIODATO LA BOSCHI E IL PD: ECCO COSA HA FATTO!


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Il M5S non perde tempo
Dopo la rivelazione di Ferruccio De Bortoli, il quale nel suo ultimo libro ha raccontato che Maria Elena Boschi chiese all’ad di Unicredit di comprare la banca del padre, il deputato 5 Stelle Luigi Di Maio ha chiesto le dimissioni dell’ex ministra.

Scrive Di Maio su Facebook:
“Nel 2015 Maria Elena Boschi chiamò l’amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni chiedendogli di comprare Banca Etruria, la banca dove suo padre era vice-presidente.
Lo vedete adesso il conflitto di interessi? La Boschi dovrebbe dimettersi all’istante dopo aver chiesto scusa agli italiani. Diceva che non si era mai interessata alla banca di famiglia ma è solo una bugiarda. Se non si dimetterà la costringeremo ancora una volta a venire in aula con una mozione di sfiducia.


Il M5S non molla”.
La rivelazione di De Bortoli su Boschi e Unicredit
Scrive Ferruccio De Bortoli nel suo ultimo libro “Poteri forti (o quasi). Memorie di oltre quarant’anni di giornalismo”, in uscita l’11 maggio:
“L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere.
L’industriale delle scarpe Rossano Soldini mi ha raccontato di aver avuto molti sospetti sul ruolo della massoneria locale nella gestione dell’istituto. Elio Faralli, che ne fu padre-padrone per circa 30 anni, fino al momento in cui fu costretto a lasciare il timone a Giuseppe Fornasari, era notoriamente un massone. Soldini fece molte domande scomode, in particolare sul ruolo del consigliere Alberto Rigotti, il cui voto, probabilmente invalido, fu decisivo per eleggere Fornasari. Rigotti ebbe prestiti dalla banca, mai rientrati, e finì in bancarotta con il suo gruppo editoriale. I consiglieri dell’Etruria godettero di affidamenti per un totale di 220 milioni. Gli organi statutari erano del tutto ornamentali.
Non sarebbe il caso di chiedersi se anche legami massonici o di altra natura non trasparente siano stati all’origine della concessione di troppi crediti facili e della distruzione di molti piccoli risparmi? A maggior ragione ora che alcuni istituti di credito vengono salvati con i soldi dei contribuenti? Alessandro Profumo, ex presidente del Monte dei Paschi, il 15 giugno 2016, durante la presentazione del libro di Fabio Innocenzi Sabbie mobili. Esiste un banchiere per bene? (Codice, 2016) rispondendo a una domanda sul tracollo del Monte dei Paschi se ne uscì con questa frase: «La colpa è tutta della massoneria». Se ne parlò poco. Profumo mi spiegherà poi di avere avuto sempre la sensazione che ci fossero fili sotterranei, strane appartenenze. E che il sospetto dei legami massonici emergesse soprattutto quando si trattava di assumere qualcuno, constatando i diffusi malumori per un no inaspettato. E ha usato un esempio dalla Settimana Enigmistica. Unisci i puntini e scopri il disegno. Ma quanti sono i puntini? E qual è il disegno?”.

Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/05/09/boschi-unicredit-di-maio-mozione-di-sfiducia/

STAVOLTA GENTILONI HA SUPERATO OGNI LIMITE: CONDIVIDI SE VUOI LE SUE DIMISSIONI


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Del pm Carmelo Zuccaro, lasciato solo dalla maggioranza e dal governo, si occuperà il Consiglio Superiore della Magistratura il prossimo 3 maggio per valutare se ci sono i presupposti per esercitare un’azione disciplinare.
Gentiloni ha detto che la magistratura deve andare avanti, ma non ha detto, né fatto (anche perché forse non potrebbe) nulla per aiutare il procuratore di Catania, che è in possesso di intercettazioni che provano i contatti tra alcune ONG e gli scafisti. Intercettazioni che però non possono essere per incriminare i responsabili per via di un cavillo legale.
La parte peggiore di tutta questa storia, però, è che il presidente del Consiglio non solo ha liquidato il caso Zuccaro, ma ha anche speso belle parole per le ONG, che in questo momento tutto meritano tranne le lodi dei politici:

“Dobbiamo essere grati per il lavoro che fanno le organizzazioni dei volontari nel Mediterraneo e in tanti altri settori: senza il lavoro del volontariato l’Italia sarebbe più povera”, ha detto il premier, che ha aggiunto: “se poi ci sono, da parte della magistratura, delle informazioni specifiche, credibili e attendibili, non sarà certo il governo a contrastare”.
Il problema, come spiegato sopra, è che Zuccaro ha le mani legate. E il Csm e il governo non lo aiutano.

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Beppe Fiorello: "Matteo Renzi parla di speranza ma io non voglio sperare, voglio fatti.


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“La disperazione della gente mi sembra sotto gli occhi di tutti. Con essa aumenta anche la violenza, l'intolleranza e diminuisce la qualità della vita. Siamo tutti incazzati e purtroppo rassegnati ad una politica banale e per questo pericolosa…ci mettono costantemente in pericolo”.


Così parla all’Huffpost Beppe Fiorello, volto amato della fiction Rai reduce dal successo dell’ultima serie "L’angelo di Sarajevo", ispirata al libro di Franco Di Mare Non chiedere perché.

“Credo sempre nella mia personale speranza, non perché lo dice Renzi, anche se sperare è un segno di debolezza, nella speranza si annida la sconfitta, la delusione. Perdoni il pessimismo, ma le domande portano soltanto a quel tunnel. Sarebbe meglio concretizzare e fare le cose e non sperare. Io, però, spero di non sperare più”.

VITALIZIO? “GIUSTO PRENDERE DI PIU’ DI UN CITTADINO NORMALE. SE LO TAGLIANO, MOLTI DI NOI DOVRANNO RINUNCIARE ALLA BADANTE


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RINCHIUDETELO! ANTONELLO FALOMI A LA “ZANZARA” DIFENDE IL VITALIZIO DEGLI EX PARLAMENTARI: “GIUSTO PRENDERE DI PIU’ DI UN CITTADINO NORMALE – SE CI TAGLIANO LA PENSIONE, MOLTI DI NOI DOVRANNO RINUNCIARE ALLA BADANTE: E’ UN ATTACCO ALLO STATO DI DIRITTO” – LA PENSIONE MEDIA DI UN EX E’ DI 3500 EURO AL MESE
Da “la Zanzara – Radio 24”


“Non c’è più la certezza del diritto. Faremo ogni ricorso possibile”. A La Zanzara su Radio 24 il presidente dell’associazione ex parlamentari Antonello Falomi difende il vitalizio contro i tagli previsti dalla legge Richetti: “Il salario e la pensione del parlamentare non sono assimilabili a quelli della persona normale. I politici hanno una funzione di garanzia. E’ giusto che vengano pagati di più. E’ giusto che prendano di più rispetto a un cittadino normale”.

“La legge Richetti – dice Falomi – è un obbrobrio, un colpo duro allo stato di diritto. Se faccio passare il principio che le regole possono essere messe in discussione per il passato questo colpirà tutti i cittadini. Non possono esserci norme retroattive”. Ma questo è avvenuto per i cittadini, dicono i conduttori: “Io il vitalizio non lo chiamo privilegio ma una garanzia. Rispetto a un cittadino non sono entrato in Parlamento con un concorso. Anche i giornalisti sono privilegiati, vanno in pensione con norme favorevoli”.

Se lei avesse fatto un altro lavoro non avrebbe la stessa pensione: “E’ vero, ma il lavoro del parlamentare è altra cosa. E’ giusto che prendano una pensione superiore”. Lei quanto prende?: “Quattromila e settecento euro per quattro legislature. Il vitalizio medio di tutti gli ex parlamentari è 3500 euro, non è pensione d’oro. Se quella è una pensione d’oro…”.

Se tagliassero il vitalizio cosa succederebbe agli ex?: “Molti ex parlamentari sarebbero in difficoltà, alcuni hanno bisogno della badante. Non siamo privilegiati. Chi vuole questa legge considera criminale chi ha fatto politica. Fanno propaganda, sanno che la Corte boccerà tutto. Un’arma di distrazione di massa”.


+++VILE ATTACCO CONTRO IL M5S: CONDIVIDI SE VUOI ESPRIMERE LA TUA SOLIDARIETA'

M5S Avola: bruciata la macchina del candidato sindaco


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Il senatore pentastellato Mario Michele Giarrusso ha denunciato “un vile atto di intimidazione mafiosa” nei confronti del M5S Avola, comune in provincia di Siracusa: ignoti hanno bruciato l’auto del candidato sindaco 5 Stelle Rosario Zaffarana nella notte tra il 27 e il 28 maggio.
Scrive Giarrusso sul Blog di Beppe Grillo:

“La scorsa notte, alle 4 del mattino, il nostro candidato alle elezioni del consiglio comunale di Avola, Rosario Zaffarana, ha subito un vile atto di intimidazione mafiosa. Come si evince dal video, un delinquente col capo coperto, si è avvicinato alla Fiat Croma di Zaffarana, posteggiata sotto l’abitazione del nostro candidato e dopo averla cosparsa di liquido infiammabile, appiccava il fuoco. Il fuoco così appiccato, rischiava di propagarsi anche alla vicina abitazione terrana, dove dormivano una mamma con tre ragazzi tra cui uno disabile. Solo la prontezza del nostro candidato, svegliato dal crepitio delle fiamme ed intervenuto con un estintore impediva il peggio.
Se la mafia di Avola pensa così di chiudere la bocca ai nostri candidati o di intimidirli sappia che si sbaglia.
Il Movimento si schiera compatto con il nostro candidato Rosario Zafferana, con il nostro candidato sindaco Giuseppe Papa e con tutti gli altri candidati e attivisti di Avola. Noi leveremo ancora più alta la nostra voce contro le cosche che stringono Avola in una morsa di paura ed intimidazione chiedendo conto alla Procura di Siracusa dello stato delle diverse indagini in corso e che sembrano allo stato languire nel disinteresse e nella più grave disattenzione.

Avola è città di persone per bene che vogliono liberarsi di pochi violenti criminali e dei loro complici e referenti politici. L’undici giugno anche Avola sarà liberata. A riveder le Stelle”.

ITALIANI, FESTEGGIATE! CI TOGLIAMO DI MEZZO LA BOLDRINI. ECCO PERCHE'


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(Franco Bechis per Libero Quotidiano) – C’è un piccolo cadeau agli italiani nel patto sulla legge elettorale che ha riunito dopo tanto tempo Matteo Renzi e Silvio Berlusconi e che facendo contenti anche Matteo Salvini e Beppe Grillo porterà tutti alle urne. Piccolo ma graditissimo regalo: con la fine anticipata della legislatura Laura Boldrini lascerà la presidenza della Camera dei deputati e se vorrà continuare a fare politica, dovrà sbracciarsi per farsi largo nel mare magnum dei peones della politica.


Una chiusura anticipata che rallegra gli oltre due terzi di italiani che considerano l’ avventura istituzionale della Boldrini una delle peggiori della storia della Repubblica.

In quasi tutti i sondaggi di opinione la sua popolarità è ai minimi termini, meno della metà del gradimento benaugurante che l’ aveva accompagnata nei primissimi tempi del suo insediamento.

È praticamente impossibile che per lei ci sia una seconda occasione politica di questo livello, e anche se non vuole farsene una ragione, pare soffrirne non poco. Si è capito ieri anche nella sua nervosissima domenica, che potrebbe essere una delle ultime in cui potersi ancora fregiare di quella terza carica della Repubblica ricoperta fra lo sconcerto dei più. A Ventotene per l’ ennesima celebrazione inutile con diluvio di caramellose parole (il modo quasi esclusivo in cui ha ricoperto il suo mandato), la Boldrini si è fatta intervistare dalla all news della Rai, prefigurando scenari da tregenda per quell’ accordo che la farebbe sloggiare da Montecitorio qualche mese prima del previsto.

«Dovremmo intanto ricordare», ha puntato il dito da maestrina verso quei diavolacci di Renzi e Berlusconi, «che abbiamo molti provvedimenti avviati e non ancora conclusi. Per esempio la prescrizione, la cittadinanza, il reato di tortura, il cognome della madre ai bambini, ma la lista è lunga…».

Poi ha sfoderato senza sprezzo del ridicolo quella che riteneva la sciabolata vincente: «Penso che l’Italia per anni è stata considerata all’ estero come il Paese inaffidabile in cui i governi cambiano continuamente. Credo che non dovremmo confermare questo pregiudizio, e andare a fine legislatura lo smentirebbe».

Frase già in sé grottesca, perché nessuno penserebbe questo per avere accorciato di qualche settimana la legislatura come per altro già fu fatto nel 2013 proprio per dare spazio alla Boldrini. Ma pure sfortunata, perché pronunciata proprio mentre dai contatti diplomatici avviati da Renzi e Berlusconi anche con l’ intermediazione del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, l’ipotesi di una fine anticipata della legislatura italiana otteneva il via libera dalle principali cancellerie della Ue, con in testa Angela Merkel.

Si agita scomposta il presidente della Camera, con grande nervosismo e da lunghe settimane con la ricerca spasmodica di una possibile ricandidatura (da peone però) grazie all’ amicizia con Giuliano Pisapia. Le prova tutte per recuperare la popolarità durata lo spazio di un mattino e mai così in fretta disintegrata.

Lo ha fatto anche ieri, cercando di infilarsi nell’ evento del giorno: l’ ultima partita in campo con la As Roma di Francesco Totti. Intendiamoci, la Boldrini di calcio non capisce un fico secco, e non ne ama nemmeno la grammatica come ha spiegato più volte nelle interviste concesse in questi anni.

Ma in cerca del consenso perduto, si è messa a cinguettare: «Francesco Totti è un grande campione di calcio ma anche di umanità e solidarietà. Senza mai farsene vanto. Bravo Francesco!». Una carnevalata di fine legislatura, che segue quella compiuta a Pasqua con gli agnellini adottati per scimmiottare Berlusconi. Ha invitato a boicottare l’ abbacchio (il piatto preferito da Totti) per la Pasqua, contribuendo a mandare al macello per la festività qualche maialino e qualche vitellino in più.

La presidentessa ha adottato per l’ occasione due agnelline, Gaia e Gioia che si è fatta portare alla Camera da un gruppo di volontarie. E si è vantata: «Non hanno fatto il casting come quelli di Berlusconi. Le mie sono agnelline veraci, venute dalla fattoria, da Civita Castellana. Quando sono entrate a Montecitorio si sentiva un certo olezzo…».

Lei si è fatta fotografare con loro, e quell’ olezzo era evidente nelle smorfie della Boldrini. Ma ancora più evidente lo sfortunato incontro nelle smorfie delle pecorelle. L’ aveva pensata per recuperare popolarità, è finita con una letteraccia di un pastore offeso perché lui grazie agli agnellini aveva mantenuto la famiglia e pagato gli studi alle figlie. Ma arriva la buona novella anche per loro: la sofferenza sta per finire, l’ affama-pastori sta per tornare in tribuna…

VERGOGNA PD! REGALA 121 MILIONI DESTINATI AI TERREMOTATI AD UN PARASSITA. CONDIVIDETE TUTTI!


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LE CENTINAIA DI MILIONI PER LA RICOSTRUZIONE DEL TERREMOTO? NONOSTANTE LE INFINITE PALLE DI RENZI PRIMA E GENTILONI POI SONO ANCORA FERMI IN CASSA. SEMPRE SE SI SONO. IN COMPENSO, ZITTI ZITTI, DI NOTTE COME I LADRI, I NOSTRI AMATI PARASSITI DEL PD HANNO REGALATO LA BELLEZZA DI 121 MILIONI NOSTRI AL SIGNOR CARLO TOTO. CHI E’ CARLO TOTO E PERCHE’ GLI HANNO “REGALATO” QUESTA MONTAGNA DI SOLDI?
CE LO RACCONTA IL SEMPRE IMPECCABILE SERGIO RIZZO SUL CORRIERE DI OGGI

Sergio Rizzo per il Corriere della Sera

Mezzo miliardo: è il valore della tegola che sta per cadere sulla testa dell’ Anas. Così non solo compromettendone il bilancio, ma costringendo anche il governo di Paolo Gentiloni a tirare fuori un mucchio di soldi per ricapitalizzare la società pubblica delle strade. E il bello è, come suprema prova di masochismo, che a sganciarla è lo stesso governo.

Il tutto per favorire un signore che si chiama Carlo Toto, imprenditore già proprietario della compagnia aerea Air One tuffata nel buco nero dell’ Alitalia, costruttore ma soprattutto concessionario dell’ autostrada dei Parchi, quella che collega Roma all’ Abruzzo.

La storia è questa: mercoledì notte nel disegno di legge di conversione del decreto sulla manovra economica spunta a sorpresa un emendamento del governo che di fatto abbuona a Toto 121 milioni di euro che l’ Anas rivendica da due anni ma che il concessionario non paga.

Si tratta delle rate scadute del prezzo del corrispettivo di gara con cui l’ imprenditore (allora insieme ad Autostrade) si è aggiudicato la concessione. Il costo, fissato a dicembre 2002, era di 568 milioni: all’ epoca si concordò una rateizzazione con gli interessi. Regolarmente pagata fino al 2013, quando il ruolo di concedente della rete autostradale è passato dall’ Anas al ministero delle Infrastrutture. Ed è allora che cominciano i guai.

Parte subito un contenzioso terrificante e complicatissimo, che sfocia in una prima transazione con la quale però non si chiude affatto la partita. Secondo l’ Anas Toto deve dare ancora 303 milioni di capitale residuo, più 121 di rate scadute, per un totale di quasi 425 milioni. Non solo, ma le future rate con gli interessi porterebbero nelle casse della società pubblica 782 milioni fino al termine della concessione, prevista nel 2030.

Toto risponde con una causa mostruosa, chiedendo a sua volta una cifra dell’ ordine di un miliardo di euro; le contestazioni spaziano dalla qualità delle infrastrutture messe a gara, alle bonifiche, agli interessi richiesti dal concedente. Finché in questa guerra che dura ormai da tre anni, ecco l’ emendamento del governo: i 121 milioni dovuti da Toto non saranno versati all’ Anas, ma impiegati dal concessionario per fare i lavori di manutenzione all’ autostrada dei Parchi: motivazione, la messa in sicurezza dopo il terremoto. Per essere poi restituiti in comode rate nel 2031 non all’ Anas, ma direttamente allo Stato.

Al presidente della società Gianni Vittorio Armani vengono i brividi freddi. Perché stabilire per legge che quei soldi non sono dovuti all’ Anas certifica che pure i 303 milioni residui del prezzo di gara sono destinati a prendere il volo dai bilanci aziendali. Con devastanti conseguenze. La prima è la svalutazione immediata dei crediti ancora vantati nei confronti di Toto, con riflessi su un conto economico che dovrebbe contabilizzare, stimano gli esperti finanziari della società, una perdita di 424,8 milioni.

Una botta micidiale, capace se non di azzerare praticamente il capitale, quantomeno di mandarlo in crisi nera. Il patrimonio dell’ Anas, formalmente ammontante a 2,8 miliardi, non supera in realtà gli 800 milioni (oltre due miliardi riguardano infatti beni gratuitamente devolvibili), e di questi ben 300 sono il valore della società Stretto di Messina: quella del ponte che non si farà mai, ed è in liquidazione da più di tre anni.
Ecco allora che il medesimo governo il quale con un emendamento evita a Toto di dovergli pagare 121 milioni, sarebbe costretto a tirare fuori più di 400 milioni per evitare di incorrere nei rigori del codice civile.

La faccenda, peraltro, non trova nemmeno tutti d’ accordo nello stesso governo. Il ministro competente delle Infrastrutture Graziano Delrio, per esempio, la trova indigeribile. Al punto che giovedì salta fuori un altro sub emendamento che contrasta l’ emendamento principale del governo: nel quale si fissa il principio che i 121 milioni restano, sì, a Toto, il quale però alla fine li dovrà restituire all’ Anas, a cui dovrà anche pagare tutte le rate rimaste.



Ma le pressioni sono fortissime. Il subemendamento viene così ritirato, per essere ripresentato solo dalla Sudtiroler Volkspartei. Ritirato anche questo, non resta che la barriera fragilissima del sub-sub emendamento fotocopia dell’ ex grillino Ivan Catalano. E oggi si vota.

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