domenica 24 marzo 2019
Ecco i giornali a cui verranno tagliati i finanziamenti pubblici. Piangono Ferrara e Feltri
Uno degli impegni della Legge di Bilancio portata avanti dal governo Lega e Movimento 5 Stelle è quello di portare avanti il “graduale azzeramento a partire dal 2019 del contributo del Fondo per il pluralismo, quota del dipartimento informazione editoria”.
Tra i quotidiani, quello dei vescovi “Avvenire” ha incassato nel solo 2016 5,9 milioni di euro, ridotti a 2,5 milioni di euro come anticipo del 2017. Arriva poi “Italiaoggi” con un totale di 7 milioni di euro incassati e divisi in 4,8 milioni nel 2016 e 2,2 milioni come anticipo del 2017. “Libero” ha ricevuto invece 3,7 milioni nel 2016 e 2 milioni come anticipo del 2017. Guardando ai dati de “Il Manifesto“, nel 2016 ha ottenuto 3,1 milioni di euro e 1,3 come anticipo del 2017, per un totale di quasi 5 milioni di euro. In quinta posizione il “Quotidiano del Sud“, che ha ricevuto 2,8 milioni nel 2016 e 1,2 milioni di euro in anticipo per il 2017. Come sesto è arrivato il “Corriere di Romagna“, con quasi 890 mila euro ricevuti nel 2017.
Osservando i dati dei quotidiani distribuiti a livello nazionale, “Il Foglio” ha ricevuto poco più di 337 mila euro, meno de “Le conquiste del lavoro“, legata alla Cisl, che ha ottenuto 384 mila euro. Continuano poi a ricevere contributi le imprese editrici cooperative e quelle che si occupano di pubblicare quotidiani e periodici all’estero, le cooperative, gli enti no profit e le pubblicazioni delle minoranze linguistiche.
Tra le cooperative che pubblicano testate, al primo posto troviamo “Famiglia cristiana“, con finanziamenti superiori a 312 mila euro per il 2016 e maggiori di 130 mila euro come anticipo del 2017. “Il Biellese” ha poi ricevuto nel 2016 246 mila di euro, diventati poi 103 nel 2017, “La Guida” ha incassato 227 mila euro e 95 mila euro rispettivamente nel 2016 e nel 2017. “L’Eco del Chisone” ha invece ricevuto 223 mila euro nel 2016 e 93 mila euro nel 2017. Finanziamenti vengono percepiti anche dalle cooperative no profit, come “Il tiraggio” gestito dalla Cooperativa Esc, che ha ricevuto 318 mila euro nel 2016 e 133 mila euro come anticipo del 2017.
La Repubblica, Il Giornale, il Coriere della Sera non percepiscono finanziamenti pubblici, ma diretti. Ecco chi sno gli editori "politici"
Partiamo dal più importante quotidiano a diffusione nazionale, il Corriere della Sera. Il suo editore è il gruppo RCS (Rizzoli Corriere della Sera), quotato in borsa. Il Corsera ha fama di essere il giornale super partes per definizione, quello che meglio rappresenta il tipo di linea editoriale tipico dell’informazione anglosassone (come si dice di solito, ‘all’americana’), per definizione indipendente da interessi particolari.
Ma, analizzando il suo Cda, più che super partes dovremmo definirlo inter partes: in esso siedono infatti John Elkann, presidente di Fiat e di Exor (la holding finanziaria della famiglia Agnelli); Franzo Grande Stevens, avvocato storico di casa Agnelli, ex vicepresidente Fiat e attualmente presidente della Fondazione San Paolo; Carlo Pesenti, consigliere di Italcementi, Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca; Berardino Libonati, consigliere di Telecom Italia e Pirelli; Jonella Ligresti, consigliere di Fondiaria, Italmobiliare e Mediobanca; Diego Della Valle, consigliere di Tod’s, Marcolin e Generali Assicurazioni; Renato Pagliaro, consigliere di Telecom Italia, Pirelli e Mediobanca; Giuseppe Lucchini delle omonime acciaierie; Paolo Merloni, CEO (Chief Executive Officer, ossia amministratore delegato) di Merloni Finanziaria, gruppo Indesit Company; Enrico Salza, consigliere di Intesa San Paolo; Raffaele Agrusti, consigliere di Assicurazioni Generali; Roberto Bertazzoni, consigliere di Mediobanca; e Claudio De Conto, di Pirelli Real Estate.
Fra Corsera e Fiat, Pirelli, Telecom Italia, Mediobanca, Intesa, e tutte le altre aziende citate, ci sono zero gradi di separazione, cioè sono direttamente collegate fra loro. Grande finanza, banche, assicurazioni, automotive, telecomunicazioni, cementifici, acciaierie, pneumatici, immobili, moda, elettrodomestici: non c’è praticamente nessun settore del made in Italy che non possa dire la sua sui contenuti e sulla posizione del giornale. Viene da dire che in Italia essere indipendenti coincide col dipendere da tutti, nessuno escluso: la linea editoriale del Corrierone nazionale risentirà quindi delle esigenze e degli accordi reciproci fra le aziende che siedono in Consiglio: nessuna visione strategica a prescindere, e una pletora di manovre tattiche in risposta alle necessità del momento.
Meno compromessa, ma solo all’apparenza, La Repubblica, che fa parte del Gruppo l’Espresso di Carlo De Benedetti. Nel Cda de L’Espresso troviamo Sergio Erede, amministratore di Luxottica; Luca Paravicini Crespi, consigliere della Piaggio dei Colaninno (dove siede accanto a Vito Varvaro, il quale a sua volta è anche nel Cda della Tod’s di Diego Della Valle) e figlio di Giulia Maria Crespi, ex direttore editoriale del Corriere ed ex presidente del Fai; e Mario Greco, consigliere di Indesit Company (dove siede anche Emma Marcegaglia) e della Saras di Massimo Moratti (già rappresentato nel Cda del Corriere attraverso i consiglieri del gruppo Pirelli).
Massimo Moratti rappresenta inoltre il trait d’union fra il Gruppo L’Espresso e la famiglia Berlusconi, poiché siede, oltre che nel Cda della Saras, anche in quello della Pirelli, accanto a Carlo Secchi, ex rettore della Bocconi e amministratore Mediaset.
La famiglia Berlusconi controlla direttamente Il Giornale, edito dal gruppo Mondadori, mentre la famiglia Agnelli è proprietaria del quotidiano La Stampa di Torino.
Il Messaggero di Roma, il Mattino di Napoli, il Gazzettino di Venezia e il Nuovo Quotidiano di Puglia sono editi dalla Caltagirone Editore, di proprietà della famiglia Caltagirone (grandi opere, cementifici, immobili): fra gli altri, siedono nel Cda di Caltagirone Editore, Azzurra Caltagirone, moglie di Pier Ferdinando Casini, e Francesco Gaetano Caltagirone, consigliere di Monte dei Paschi e di Generali Assicurazioni.
Il Resto del Carlino di Bologna, la Nazione di Firenze e Il Giorno di Milano sono invece posseduti dalla Poligrafici Editoriale, collegata con due gradi di separazione a Telecom Italia, Generali Assicurazioni e Gemina (attraverso Massimo Paniccia e Aldo Minucci); e con tre gradi di separazione (attraverso Roberto Tunioli, Sergio Marchese e Giuseppe Lazzaroni), alla Premafin della famiglia Ligresti.
Infine una notazione quasi umoristica. Libero, l’aggressiva testata di destra e Il Riformista, quotidiano timidamente di sinistra, hanno lo stesso editore (e quindi zero gradi di separazione!): Giampaolo Angelucci, proprietario di un impero fatto di cliniche e strutture sanitarie (fra cui l’ospedale S. Raffaele di Roma), e messo agli arresti domiciliari il 9 febbraio dello scorso anno per falso e truffa ai danni delle Asl.
La situazione non migliora, anzi se possibile peggiora, quando si analizzano i quotidiani finanziari. Il Sole 24 Ore, come è noto, è appannaggio dell’universo Confindustria, quindi diretta espressione dei desiderata dei principali gruppi industriali del Paese. Nel suo Cda siedono, fra gli altri, Giancarlo Cerutti, consigliere di amministrazione di Saras; Luigi Abete, presidente di Bnl (gruppo Paribas), fratello di Giancarlo Abete (presidente della Figc) e consigliere anche della Tod’s di Diego Della Valle; e Antonio Favrin, collega di Cda, in Safilo Group, di Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in Mediobanca.
A proposito dei legami fra industria, editoria e sport, è interessante notare come quattro delle principali squadre di calcio italiane appartengono a gruppi industriali che possiedono, o amministrano più o meno direttamente, almeno un quotidiano generalista: la Juventus degli Agnelli (che influenzano la Stampa e il Corriere), il Milan di Berlusconi (Il Giornale), la Fiorentina dei fratelli Della Valle (il Corriere), e infine l’Inter di Massimo Moratti (il Corriere e La Repubblica).
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