“Il bue dice cornuto al Grillo”: di Marco Travaglio
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Sabato era una di quelle giornate che noi cronisti vorremmo vivere sempre: così piena di notizie da non sapere dove metterle. Tutti scandali del potere che, nei paesi normali, finiscono in prima pagina e ci rimangono finché i protagonisti non vengono cacciati, o si dimettono, o almeno danno spiegazioni plausibili. Siccome, a dispetto dell’evidenza, ci ostiniamo a ragionare come se il nostro fosse un paese normale, le abbiamo pubblicate tutte insieme domenica, malgrado i problemi di spazio, per non farcele rubare dalla concorrenza – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 31 ottobre 2017, dal titolo “Il bue dice cornuto al Grillo”.
1) La prima notizia è un’interrogazione di Fd’I sull’assessora alla Sanità e alle Politiche sociali della Regione Toscana, la renziana Stefania Saccardi, che risulta proprietaria o comproprietaria di 14 immobili, ma vive in un appartamento dell’Istituto per il sostentamento del clero (cioè della Curia fiorentina) a canone agevolato. Con alcune aggravanti: la Saccardi non ha dichiarato i 14 appartamenti; l’istituto che la ospita partecipa al fondo regionale per l’housing sociale che parrebbe competenza del suo assessorato; questi alloggi ecclesiastici sono riservati ai bisognosi con “provate difficoltà economiche”, requisito che sembrerebbe escludere l’assessora; il delegato al patrimonio immobiliare della Curia è Simone Saccardi, fratello dell’assessora. La quale ora annuncia querele, parla di “attacchi personali”, s’avventura in sottili distinguo fra la “nuda proprietà” e la titolarità dei 14 immobili, ma si guarda bene dal produrre copia del contratto di locazione e dal rivelare quanto paga di affitto.
2) La seconda è la chiusura dell’indagine dell’Alta Scuola Imt di Lucca sulla tesi di dottorato della ministra Marianna Madia, che il Fatto scoprì essere copiata per almeno 4 mila parole (fino all’86% di certe pagine) da altre pubblicazioni, senza virgolette né citazioni delle fonti nel testo o nelle note. Il tutto in violazione del Codice etico dell’Imt, che definisce plagio “la presentazione di parole o idee di altri come fossero le proprie”. Ma gli occhiuti commissari hanno deciso che va tutto bene così. “A seguito delle risultanze degli approfondimenti svolti – comunica l’ateneo – condotti da personalità accademiche e da professionisti di comprovata esperienza internazionale nel settore della integrità ed etica della ricerca e antiplagio, considera definitivamente concluso l’iter e ritiene di non avviare alcun procedimento ulteriore”. Purtroppo gli esperti sono così esperti, i professionisti così professionali e i loro argomenti così argomentati che i verbali dell’istruttoria sono segretati.
E pazienza se due anni fa è diventato legge il Freedom Information Act (Foia) sull’accesso agli atti, fiore all’occhiello della Riforma della PA firmata da una certa Madia.
3) La terza riguarda il vicecommissario dei Vigili urbani di Milano Costantino Gemelli, indagato per corruzione col sindaco (arrestato) di Lonate Pozzolo e risultato in contatto con uomini del clan Fidanzati, al punto da far cancellare un centinaio di multe a mafiosi e amici o parenti loro. L’ex comandante Antonio Barbato (poi trasferito per un’altra storia di frequentazioni malavitose) denuncia il ghisa e altri come lui al sindaco Pd Giuseppe Sala e all’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza in una lettera del 20.10.2016, ma – dichiara – “nulla fu fatto dalla politica. Nessun provvedimento disciplinare. Allora decisi io i trasferimenti”. Gemelli cambia aria, intanto le indagini vengono archiviate, ma le relazioni pericolose e le multe tolte ai mafiosi sono confermate (i giudici parlano pure di una Mercedes regalatagli dal boss). La giunta Sala non muove un dito, non avvia procedimenti disciplinari e ora reintegra Gemelli a Milano, promuovendolo addirittura a coordinatore dei vigili nel Municipio 9. E la Rozza dichiara “non conoscevamo la vicenda, stiamo chiedendo gli atti”. Ma la lettera di Barbato dimostra che l’assessora e Sala sapevano tutto da un anno e non hanno fatto nulla.
Indovinate qual è stata la notizia più gettonata sui giornali di domenica e lunedì. La granduchessa Pd e il suo record di case e conflitti d’interessi? L’insabbiamento del caso Madia? Il sindaco Sala che chiude entrambi gli occhi sul vigile amico dei mafiosi? O magari il capogruppo di FI Paolo Romani, appena condannato in Cassazione a 1 anno e 4 mesi per peculato? Tranquilli: quelle non sono notizie, infatti non lasciano traccia alcuna su giornali né tg. Zero tituli, a parte Romani (ben 28 righe a pag. 11 del Corriere, neppure una sugli altri quotidiani). In compenso, pagine e pagine sulle dimissioni di tal Paolo Giordana, capo di gabinetto di Chiara Appendino, che ha fatto levare una multa da 95 euro a un amico. E non per segnalare la felice anomalia (in Italia, si capisce) di un pubblico ufficiale che se ne va per un fatterello penalmente irrilevante ma moralmente indecente, mentre autori di condotte infinitamente più gravi fischiettano incollati alle poltrone o strillano al giustizialismo o aspettano la Cassazione (e quando arriva chi se ne frega).
Ma per dire che “Il caso Appendino (non Giordana: Appendino, ndr) fa tremare i 5Stelle” (Repubblica), “il declino dell’Appendino somiglia straordinariamente a quello della collega romana Raggi” (La Stampa), e i 5Stelle sono “piccoli truffatori e feroci moralizzatori al grido di onestà trallalà” (il Giornale, firmato Alessandro Sallusti, difensore d’ufficio e grande estimatore dell’onesto B. pregiudicato per frode fiscale, dell’onesto Previti pregiudicato per corruzione giudiziaria e dell’onesto Dell’Utri pregiudicato per mafia). Il governo Renzusconi non è ancora nato, ma per la libera stampa è come se già ci fosse. Meglio portarsi avanti col lavoro, anzi con la lingua.
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