mercoledì 16 maggio 2018
Il Telegraph "benedice" il Reddito di cittadinanza: "Porta uguaglianza tra il popolo"
Mentre i politici europei, amplificati dai media sia italiani sia internazionali, lanciano i consueti severi moniti e le alte grida di allarme di fronte allo spauracchio “populista” che si aggirerebbe per
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l’Italia, con questo esercitando pesanti interferenze sull’impegnativo processo democratico per la formazione del nuovo governo, vi sono però importanti testate e giornalisti prestigiosi che si discostano da questi luoghi comuni. Dopo le aperture di Wolfgang Munchau sul Financial Times, anche Matthew Lynn esce sul Telegraph con un articolo più riflessivo e realista sulla situazione italiana
ul reddito di cittadinanza, il Telegraph lo definisce un’idea radicale, con la quale si pensa di ”rendere la società più egualitaria”. La proposta presenta un aspetto preoccupante, che principalmente è quello di ”spezzare il legame tra lavoro e reddito, fondamentale per un’economia di successo”. Ma anche questa, osserva il Telegraph, è una possibilità da esplorare.
Ma soprattutto, visto il totale fallimento delle politiche degli ultimi decenni – che pur puntualmente svolgendo i “compiti a casa” suggeriti dalle istituzioni europee non hanno portato a niente altro che a fallimenti, disoccupazione crescente, aumento della povertà e anche all’aumento dello stesso debito che con quelle politiche si sarebbe dovuto risanare – allontanarsi da questo solco fallimentare può essere un’idea più che sensata. Del resto, le politiche più osteggiate in quanto “populiste” e pericolose, spesso hanno al contrario prodotto buoni frutti. E i mercati, in realtà, dovrebbero festeggiare.
Ecco le conclusioni del Telegraph:
“Non è che l’Italia sia stata un grande successo economico negli ultimi 20 anni. Da quando ha adottato l’euro, il suo tasso di crescita medio è stato pari a zero. Avete letto bene. Un tubo, nada, niente, come direbbero in Italia. In confronto, la Francia ha registrato lo 0,84%, la Spagna l’1,08% e la Germania l’1,25%. La disoccupazione è paralizzante e la povertà cresce inesorabilmente. Niente di tutto ciò è inevitabile.
Dopo tutto, in passato il paese ha avuto periodi di notevole successo economico: dal 1961 al 1980 l’Italia è cresciuta di quasi il 4% all’anno, solo leggermente meno della Spagna, e significativamente di più di Francia o Germania. È difficile sostenere che non valga la pena provare qualcosa di diverso.
Quando i politici populisti arrivano al potere, ci sono sempre previsioni di catastrofi. Ma in realtà, non fanno troppo male. Donald Trump potrebbe anche essere un odioso buffone (se è in giornata buona), ma il suo mix di tagli alle tasse e deregolamentazione sta aiutando la crescita. La Polonia sta andando veramente bene sotto il suo governo “populista”, nonostante la minaccia di punizioni da parte di Bruxelles – e si prevede che crescerà di un altro 4% quest’anno. E così l’Ungheria.
Con una crescita misera, l’economia in stallo, la produttività stagnante e un’accumulazione di debito su cui nessuno riesce a fare niente, l’economia globale ha dannatamente bisogno di nuove idee.
Quando il nuovo governo prenderà il potere a Roma, la Borsa di Milano potrebbe anche crollare e i rendimenti obbligazionari salire alle stelle. In realtà, i mercati dovrebbero finalmente accogliere con favore qualche visione nuova – e gli investitori puntare su un paese che potrebbe essere in procinto di rinascere.”
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