venerdì 14 giugno 2019

Taglio costi politica. Il M5S azzera gli sprechi alla Camera, al Senato la Lega invece li aumenta



Il dato è emblematico: se per il 2019 la Camera dei Deputati, presieduta da Roberto Fico, prevede di spendere circa 10 milioni in meno rispetto all’anno precedente, a Palazzo Madama la musica pare non cambiare affatto. Anzi: anche se lievemente, i conti peggiorano. Stando alla prima bozza di bilancio di previsione passato al vaglio del Consiglio di presidenza – che La Notizia ha potuto visionare – il Senato costerà quest’anno 544 milioni di euro, rispetto ai 539 previsti nel 2018. Cinque milioni in più che, come specificato nella relazione dei Questori, sono imputabili alle “spese derivanti dallo sblocco del turn-over” e, dunque, ai prossimi concorsi per rimpiazzare una fetta di dipendenti prossimi alla pensione. Il capitolo relativo al trattamento del personale, infatti, sale da 98,7 milioni a 103,7.

Non a caso, circa una settimana fa, una nota annunciava che “il Presidente è stato autorizzato ad indire i concorsi per le varie categorie dei dipendenti di Palazzo Madama il cui personale risulta attualmente sotto organico”. Oggi, in effetti, il Senato conta 649 dipendenti, a fronte di una pianta organica che dovrebbe oscillare tra 977 e 1.254 unità. Qui troverebbero, dunque, giustificazione i 5 milioni in più di spesa previsti per il personale. Secondo quanto risulta al nostro giornale, per stabilire quante persone assumere e in che ruolo, partirà prima un’analisi del fabbisogno che si concluderà il 30 luglio; i risultati verranno sottoposti poi ai sindacati e infine portati in Consiglio di presidenza.

Resta, però, curioso che, mentre la Camera riduce la spesa, il Senato a gestione Maria Elisabetta Alberti Casellati, ma a maggioranza gialloverde, muove in controtendenza. L’abbiamo visto anche con i vitalizi: il taglio al Senato è avvenuto tre mesi dopo rispetto alla Camera. E, a tal proposito, anche in questo caso – specifica la relazione – “i risparmi dovuti all’applicazione della riforma del calcolo dei vitalizi sono stati lasciati in un apposito fondo, istituito prudenzialmente fino alla fine dell’iter processuale in corso”. E così, i 22,2 milioni ‘risparmiati’ grazie al taglio dei degli assegni degli ex, per ora restano a bilancio seppure inutilizzati.

LA LISTA DELLA SPESA. C’è da dire che, secondo quanto risulta al nostro giornale, rispetto alla prima bozza, alcune voci sono state lievemente modificate, senza però intaccare il saldo finale, che resterebbe di 544 milioni tondi. Andiamo allora a vedere come si arriva a tale esborso. Partiamo dai senatori: tra indennità e rimborsi per l’attività parlamentare anche nel 2019 bruceremo 80 milioni di euro. Ancora di più ci costerà il personale per cui, come detto, quest’anno supereremo i 100 milioni di euro. Ai gruppi parlamentari, invece, andranno circa 22 milioni di euro. Ci sono, poi, le altre canoniche spese di funzionamento, a cominciare dal cerimoniale che, esattamente come l’anno scorso, costerà poco meno di 2 milioni di euro.

Più o meno il doppio, invece, se ne andrà per “studi, ricerche, documentazione e informazione”, cui si aggiunge un’importante comunicazione istituzionale: circa 5 milioni di euro tra atti parlamentari, servizi televisivi e “attività di promozione”. Non potevano poi mancare la ristorazione (1,7 milioni) e i servizi di pulizia e facchinaggio (oltre 5 milioni). A chiudere il cerchio, una serie di contributi che Palazzo Madama garantisce – per un totale di circa 1,2 milioni – a fondazioni, organizzazioni internazionali, istituti e “per l’acquisto del magazzino del Senato”. Giusto per non farsi mancare nulla.

Riceviamo e pubblichiamo

In merito a quanto riportato dall’articolo pubblicato oggi su La Notizia precisiamo che le informazioni riportate non corrispondono al vero. Dal 2010 al 2019 la spesa previsionale del Senato si è costantemente ridotta e, come si evince dalla relazione tecnica al Bilancio, ulteriori risparmi sono stimabili, solo per il 2019, in un importo pari a 12 milioni di euro. L’opera di razionalizzazione della spesa del Senato si evince sia dal Bilancio di previsione sia dal Rendiconto delle entrate e delle spese. Il rendiconto, dal 2012, si è ridotto costantemente, anno dopo anno, in termini percentuali dell’11%, senza tenere conto dei riflessi inflazionistici. In parallelo, se guardiamo al Bilancio di previsione la spesa si è costantemente ridotta dal 2010 al 2019 per un importo pari all’8,5%. L’incremento di 5 milioni dovuti allo sblocco del turn over va inquadrato in un contesto di carenza di personale rispetto a quanto previsto dalla pianta organica. Va dunque sottolineato che il Senato ha costantemente proseguito nell’azione di razionalizzazione delle risorse e a dimostrarlo sono le cifre: 255 milioni di euro di risparmi – che potranno essere utilizzati per altre finalità di pubblico di interesse – ottenuti dal 2012 ad oggi. Il rapporto tra il Bilancio di Palazzo Madama e il Bilancio dello Stato si è costantemente ridotto passando dallo 0,083 del 2006 allo 0,056 del 2018. In merito alla rideterminazione degli assegni vitalizi, si precisa: la delibera dell’Ufficio di presidenza della Camera è datata 12 luglio 2018; il Consiglio di presidenza del Senato ha adottato un analogo provvedimento il 16 ottobre 2018, nonostante questa sfasatura temporale nell’adozione dei provvedimenti, la decorrenza della rideterminazione dei vitalizi è stata perfettamente allineata all’1 gennaio 2019, analogamente a quanto fatto dalla Camera.
Antonio De Poli, questore del Senato



Prendiamo atto delle precisazioni del senatore De Poli, che tuttavia non smentiscono né contraddicono nulla di quanto scritto da La Notizia: nel 2019, considerati i risparmi, il Senato prevede di spendere 544 milioni di euro, 5 in più rispetto al 2018, esattamente come riportato nell’articolo. Quanto all’incremento di 5 milioni della spesa per il personale dovuto allo sblocco del turn over, il senatore De Poli non fa che confermare quanto da noi scritto. Infine, in relazione alle delibere che hanno introdotto il ricalcolo contributivo dei vitalizi, ci riferivamo, evidentemente, ai tre mesi di scarto intercorsi tra l’approvazione del provvedimento alla Camera e al Senato. Fermo restando che gli effetti di entrambi gli interventi si sono prodotti a partire dal primo gennaio scorso. (CG)

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