giovedì 31 gennaio 2019
Altra mazzata del Governo ai politici: "Confisca di tutto quello che hanno rubato"
L'annuncio di Di Maio su Facebook è una rivoluzione: Con il DDL SpazzaCorrotti Confisca di tutto ciò che hai rubato allo Stato. SEMPRE!
Riportiamo le parole del leader del M5S:
"I soldi rubati attraverso la corruzione verranno confiscati, anche se il reato si prescrive o in caso di amnistia dopo la prima condanna. I cittadini hanno il diritto di riprendersi tutto quello che è loro!
#Spazzacorrotti"
Santanchè nei guai. Arriva il pignoramento. Ecco i cattivi affari della "pitonessa"
La “pitonessa” è stata raggiunta da un atto di pignoramento immobiliare lo scorso febbraio. A promuovere l'azione la Banca di Caraglio del Cuneese una piccola Bcc dei luoghi natii della deputata
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cuneese. Evidentemente se la piccola banca si è mossa con quel provvedimento significa che c'è un credito non onorato. Una rata scaduta o un rimborso non effettuato. Contattata da Il Sole24Ore, la banca non ha rilasciato dichiarazioni.
L'atto depositato in conservatoria a Cuneo è di 5 mesi fa.
Gli affari imprenditoriali, molteplici, dell'esponente di Forza Italia non vanno affatto bene. Pochi giorni fa ha liquidato la sua Visibilia Magazine srl, la società costituita per rilevare le storiche testate Visto e Novella 2000. Messi alla porta con un licenziamento, dopo mesi di cassa integrazione, i 14 tra giornalisti e dipendenti, quell'avventura di rilanciare le due testate di gossip si è rivelato un flop colossale. Acquistate in perdita per un prezzo simbolico, sotto la gestione Santanchè sono lentamente affondate. Non solo.
L'irruente parlamentare ha voluto nel 2014 fare il grande passo della Borsa. Ha quotato sul listino milanese la Visibilia editore con un'operazione di reverse takeover, fondendo cioè le sue attività in una società già quotata, la Pms.
Dentro Visibilia editore ci sono le testate storiche della Santanchè. Da VilleGiardini a Ciak a PC Professionale. Anche qui le cose non paiono funzionare.
Nell'arco del biennio 2015-2016 la Visibilia Editore quotata ha cumulato perdite per 2 milioni di euro. Il fatturato che era di 4,4 milioni nel 2015 è sceso a 3,8 milioni l'anno scorso. I costi superano i ricavi (calanti) e già a livello di margine industriale la piccola società quotata all'Aim va in rosso. È stato necessario fare più di un aumento di capitale dal 2014 in poi, ma le perdite cumulate continuano a eroderlo. Il patrimonio netto a fine 2016 era di soli 293mila euro. A preoccupare dovrebbero essere i debiti. Quelli totali tra banche e fornitori superano i 6 milioni di euro.
Con un mol in rosso e capitale netto per 300mila euro la tensione finanziaria è più che elevata. In soccorso alla deputata sono arrivate le banche. I debiti, la Santanchè, li ha con la Popolare di Sondrio, la Popolare di Milano e il Credito Valtellinese. Con le prime due ha rinegoziato la scadenza del debito portandolo a nove anni, mentre la trattativa con il Creval era ancora aperta alla data di approvazione del bilancio.
Di fatto senza flussi di cassa e con capitale così esiguo la sorte di Visibilia Editore è appesa alla buona volontà di banche e fornitori che di fatto ne finanziano l'operatività. Senza contare le difficoltà che Santanchè ha incontrato con i suoi azionisti di minoranza: è noto il profondo diverbio con Paola Ferrari, socia di Visibilia e finita in rotta con l’ex amica con tanto di causa intentata. Poi le difficoltà con gli asset ereditati da Pms, in particolare quella Selpress che è stata del tutto svalutata dopo l'acquisizione e per la quale la Santanchè ha promosso un'azione di responsabilità contro i vecchi amministratori.
Ma le cose non sembrano girare bene anche per la “madre” delle società della piccola galassia della Pitonessa.
La sua Visibilia srl è la sua storica concessionaria di pubblicità. Costituita nel lontano 2007 raccoglie da sempre spazi pubblicitari per Il Giornale, diretto dal suo ex compagno Alessandro Sallusti, ma anche per il Corriere di Como e il Sannio e altre minori. Ovviamente fa la raccolta di advertising anche per le testate della sua Visibilia editore. È la sua creatura originaria quella da cui hanno figliato le altre iniziative.
L'aria che tira per la pubblicità editoriale non è certo delle migliori. E anche Visibilia srl ne soffre. Il fatturato della concessionaria si attesta poco sopra i 14 milioni, ma anche qui gli utili non si vedono. Nel 2016 la perdita è stata di 23mila euro, mentre nel 2015 il passivo è stato di 180mila euro. C'è di peggio nell'universo delle concesionarie di pubblicità di questi tempi.
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"Con questa legge scopriremo da chi vengono finanziati". Il Governo lancia un altro siluro alla casta. Capito perchè lo temono?
Il Movimento 5 Stelle ha intenzione di fare una legge per la trasparenza sui finanziamenti ai partiti.
Lo ha fatto sapere il senatore Gianluigi Paragone in un intervento per Il Blog delle Stelle.
“Non vi farebbe piacere sapere quanti soldi ENI, ENEL, FINMECCANICA o le altre partecipate dallo Stato danno ai politici?,” si è chiesto l’ex conduttore della Gabbia, che ha proseguito:
“No, sapete perché? Perché i politici poi nominano i vertici di queste aziende. E allora siamo sicuri che lo fanno badando più alla competenza, alla professionalità e non magari a precedente relazione, o precedenti intrecci particolari, magari anche legati a quelle dazioni di denaro?”
“Non vi farebbe piacere – ha continuato – sapere quanto, magari grandi aziende che operano nel campo della farmaceutica, del gioco d’azzardo, dell’industria bellica, o anche dell’industria agroalimentare, quanti soldi danno alla politica e ai politici?”
“No, ve lo dico – ha spiegato Paragone – perché secondo me non soltanto ci vuole la massima trasparenza su chi da i soldi, sapendo e conoscendo i nomi con precisione, sapendo che i bilanci devono essere pubblicati, non ci deve essere il minimo di opacità, e questo riguarda le fondazioni politiche, ma riguarda tutte le fondazioni, le fondazioni bancarie, anche le fondazioni attraverso le quali le ONG praticano le loro attività, ok? E tutto il mondo delle fondazioni che va disciplinato con grande chiarezza”.
Secondo l’esponente 5Stelle è necessario mettere un tetto basso a contributi, finanziamenti e donazioni che vengono fatti ai partiti in quanto questi non hanno bisogno di tanti soldi per la propria attività.
Inoltre, ha affermato Paragone, se i cittadini danno troppi soldi ai partiti, può succedere che qualcuno chiede un favore in cambio e “i cittadini non hanno grandi disponibilità, i cittadini si fidano della democrazia”.
“Allora adesso faremo una bella legge, una legge chiara di poche righe, in cui la trasparenza sarà assoluta, sarà totale e in cui qualsiasi opacità verrà spazzata via,” ha concluso.
ARAGOSTE, HOTEL DI LUSSO AEREI IN BUSINESS: ECCO TUTTA LA “BELLA VITA” DELL’EBETINO PAGATA E RIMBORSATA DAGLI ITALIANI! SCONTRINO PER SCONTRINO!
Caffè, acqua minerale e aragoste In procura i rimborsi di Renzi
Il «grande accusatore» del premier Alessandro Maiorano presenta una maxidenuncia: dai soldi spesi quando era presidente della Provincia alla casa pagata da Carrai
Ora c’è la denuncia. E fa una certa impressione vedere il plico poggiato sul tavolo dello studio dell’avvocato Carlo Taormina. Una montagna di carte. Che ieri mattina è stata firmata dal «grande accusatore» di Matteo Renzi, Alessandro Maiorano. Il dipendente comunale che dal 2011 denuncia le «debolezze» del premier: dalle presunte «spese pazze» ai tempi in cui era presidente della Provincia di Firenze, fino alla casa pagata dal suo braccio destro Marco Carrai.
Sul tema si sono esercitati in molti, ma fino ad oggi è successo decisamente poco. Ora Maiorano, e il suo difensore Taormina, sperano che finalmente qualcosa si muova. «La magistratura ha l’occasione di dimostrare di non essere politicizzata» sottolinea l’avvocato. E il denunciante rilancia: «Voglio la verità. Se ho sbagliato sono pronto a pagare, ma se ha sbagliato lui?». Quindi sfida Renzi: «Accetti il confronto televisivo».
Nell’attesa che il presidente del Consiglio risponda arriva la denuncia depositata ieri alla procura di Roma e che lunedì, presumibilmente, partirà alla volta di Firenze. L’accusa è di aver sperperato 30 milioni di euro di soldi pubblici e non solo. I reati ipotizzati vanno dall’associazione per delinquere al peculato, passando per l’abuso d’ufficio e la corruzione. Con Renzi sono state denunciate altre persone tra le quali i componenti della giunta provinciale in carica tra il 2004 ed il 2009, tre ex funzionari della Provincia di Firenze ora al Comune, Marco Carrai, Alessandro Dini, Alessandro Conticini.
Ora toccherà ai magistrati indagare e capire se il premier ha qualcosa da spiegare. Di certo, sfogliando le ricevute raccolte minuziosamente nel fascicolo c’è da sorridere. Anche perché, vista l’indignazione popolare per le mutande che Roberto Cota si fece rimborsare dalla Regione Piemonte, ci si domanda come sia possibile che nessuno abbia detto niente sull’«espresso» di Matteo.
È il 21 aprile del 2008. L’allora presidente della Provincia di Firenze si trova a Chicago per un viaggio istituzionale. E al suo ritorno inserisce nella nota spese uno scontrino da 13,78 dollari (10,67 euro al cambio di allora). 7,5 sono stati spesi per due caffè espressi.
Che dire poi della cena per 4 persone pagata la sera successiva? Un occhio alla ricevuta ed ecco spuntare 4 «aragoste in gratin» per un totale di 87,8 dollari. Dopotutto come si fa ad andare a Chicago e non mangiare aragosta? Il premier, in fondo, è persona che ama trattarsi bene. Così ecco spuntare un’altra cena, ma stavolta a Firenze, alla trattoria «I due G»: bottiglia da vino da 50 euro e una bistecca da un chilo e 800 grammi (i coperti sono tre).
Ma è sempre dagli Usa che arrivano le notizie più sfiziose. Come i 36 dollari per una colazione da Starbucks con 3 cappuccini, un muffin, yogurt, insalata di frutta e altre amenità. O come quel viaggio in cui la carta di credito della Provincia viene «momentaneamente bloccata a garanzia di un pagamento da parte di un hotel a Boston» e Renzi è costretto ad utilizzare la sua. La nota spese parla di 3000 dollari spesi al The Fairmont hotel di San Jose (il 7 novembre 2007). Nella delibera, però, si parla di 4.106,56 dollari, che al cambio fanno circa 700 euro in più. Una strana discrepanza. Sommando il resto delle ricevute spiccano gli oltre 6.200 euro spesi al ristorante Da Lino per varie cene e gli oltre 7.000 al ristorante Taverna Bronzino. Ci sono anche 184 euro pagati all’hotel Helvetia e Bristol di Firenze (ma Renzi non vive lì?).
Insomma tante «curiosità» su cui fare luce. Per le sue accuse Maiorano è già stato querelato dal premier. Il processo è già cominciato ma Matteo non si è costituito parte civile. Eppure è stato lui a presentare la denuncia. Un’altra stranezza in questa vicenda.
FONTE:
http://www.iltempo.it
“NAPOLITANO DEVE SOLO TACERE” UN CONTE DA APPLAUSI IMPALLINA IL VECCHIO PARACARRO GOLPISTA
Manovra, Giuseppe Conte e la durissima risposta a Giorgio Napolitano: dito puntato contro l’Europa
Per il fatto che la manovra sia stata approvata quasi “al buio”, senza passaggio in commissione e con voto sul maxi-emendamento, in molti hanno gridato al “rischio democratico”. Prima le lacrime di Emma Bonino, poi le accuse di Giorgio Napolitano. Ora, in un’intervista a La Stampa, arriva la risposta di Giuseppe Conte: “Nessuna deliberata volontà del governo di comprimere il vaglio del Parlamento”, ha affermato. Le colpe del ritardato arrivo del maxiemendamento alla manovra in Senato, sono da attribuire “al negoziato con Bruxelles, davvero molto complesso“. E ancora: “Avrei senz’altro avuto piacere di lasciare un più ampio margine di discussione sulla manovra al Parlamento ma purtroppo non è stato proprio possibile chiudere prima l’interlocuzione con la Commissione europea, grazie alla quale è stata evitata una procedura di infrazione – spiega il premier -. Era nell’interesse dei cittadini giungere ad un esito positivo del negoziato e questo risultato ha richiesto notevoli energie e anche tempo. Aver concluso questo negoziato mantenendo integre le misure qualificanti del contratto di governo è un successo per la nostra democrazia: è un’iniezione di fiducia per i cittadini perché dimostra che il voto popolare può ancora produrre risultati concreti”.
Moscovici finalmente denunciato! Ha turbato i mercati per danneggiare l’Italia”
Guerra contro Pierre Moscovici e Günther Oettinger, rispettivamente Commissario europeo per gli affari economici e monetari e quello per il bilancio e le risorse umane. E, attenzione, a dichiarare guerra non è il governo italiano, o Matteo Salvini, ma due giornalisti de La vita in diretta, il programma Rai condotto da Francesca Fialdini e Tiberio Timperi. Rivela infatti Dagospia che Lorenzo Lo Basso e Francesco Palese, due cronisti della trasmissione, hanno denunciato Moscovici e Oettinger per le loro dichiarazioni sull’Italia che “hanno pesantemente turbato i mercati”. Una decisione clamorosa, quella dei due giornalisti del servizio pubblico: come avranno reagito in Rai, si chiede Dago?
Savona un urugano contro l'UE. Il Ministro, nel silenzio più assoluto, lavora per toglire tutti i cappi
Dal modo di attrezzare le barche da pesca al volo degli uccelli, l’Unione Europea ormai disciplina qualsiasi aspetto della vita dei suoi cittadini, ma per il ministro degli Affari Europei; Paolo Savona, “il problema è che non abbiamo l’unione politica”. Da questa mancanza discendono quasi tutti i problemi della Ue. L’occasione per far il punto sulle prospettive di riforma dell’Unione Europea è stata, ieri, l’audizione di Savona davanti alle commissioni Esteri e Politiche Europee di Camera e Senato, nel corso della quale il ministro ha sottolineato come “il potenziamento del Parlamento europeo è un passo indispensabile per l’unione politica, per far sì che l’Ue sopravviva nel lungo periodo e che dietro la moneta nasca uno Stato”. Infatti gli errori di oggi, nascono da tale mancanza, emblematico per il titolare del dicastero degli Affari Europei, è il caso della politica degli investimenti.
Savona ha spiegato come: “Continua una certa trascuratezza in Europa intorno all’importanza degli investimenti nel meccanismo di funzionamento dell’Ue cosa invece prevista nel Trattato che usava la Banca Europea degli Investimenti come uno strumento parallelo alla Banca Mondiale”. Però su questo aspetto ci sarebbe qualche novità in arrivo, visto che, secondo il ministro, l’Europa ha iniziato a riflettere sull’opportunità di concentrare maggiormente i suoi sforzi sullo sviluppo, piuttosto che sulla stabilità monetaria e finanziaria.
In questo momento, a ridosso della celebrazione delle elezioni europee, però qualsiasi cambiamento dell’Unione è quasi impossibile, visto che Savona rileva come “non abbiamo gli interlocutori che ci garantiscono che il dialogo continuerà. Ma ci sono attori consapevoli che qualcosa va fatto, altrimenti la situazione può diventare critica”. L’altro punto centrale nella prospettiva di riforma dell’Europa è quello relativo alle norme in materia di tassazione, dove attualmente c’è uniformità solo sull’Iva.
“Per la politica fiscale – ha detto Savona – esiste la proposta francese di creare un Fondo per la lotta alla disoccupazione, unitamente al rafforzamento della funzione monetaria dell’Esm (European Stability Mechanism, meglio noto come Fondo Salva Stati, ndr). Ancora una volta la condizione del Piano Macron è che l’Europa rinunci in tutto, in parte o in forme adeguate, alla sovranità fiscale: tutto è collegato all’ulteriore cessione di sovranità all’Ue, che è la sostanza del messaggio sull’Ue fatto da Juncker a metà settembre”. Ultimo aspetto fatto notare da Savona è come il peso dell’Italia nelle trattative con l’Europa, specie alla luce del recente confronto sulla legge di Bilancio, è aumentato.
Pazzesco! L'UE diffida l'Italia a risarcire i truffati dalle banche, l'ira Di Maio: "Lo faremo lo stesso"
Il vicepremier ha annunciato l'arrivo di una lettera che contesta la scelta di concedere un ristoro senza valutazione preventiva sulle modalità con cui sono state vendute le azioni e obbligazioni "azzerate". Secondo il leader M5s i risparmiatori "non possono essere messi in mano a un collegio arbitrale. L’Europa se ne deve fare una ragione". Il leghista Garavaglia aveva aperto alla possibilità di modificare il testo
Gli indennizzi automatici ai piccoli investitori coinvolti nelle crisi delle banche finite in liquidazione coatta sono finiti come prevedibile nel mirino della Commissione europea. Ad annunciarlo è stato il vicepremier e ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio, che durante una conferenza stampa alla Camera ha parlato di “una lettera dell’Unione europea che dice non possiamo utilizzare la misura per risarcire i truffati delle banche”. “Sono 1,5 miliardi di risarcimento”, è stato il commento del leader M5s. “Ci dicono non lo potete fare? Noi lo facciamo e basta. Per noi i truffati della banche vanno risarciti. Punto. Non possono essere messi in mano a un collegio arbitrale. L’Europa se ne deve fare una ragione”. Linea del tutto diversa rispetto a quella prefigurata due giorni fa dal sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia, della Lega, che aveva detto: “Ove ci fosse un rilievo della Commissione ci mettiamo due secondi a mettere a posto tutto“.
Di Maio ha fatto riferimento al collegio arbitrale perché il fondo di ristoro da 100 milioni istituito dal Pd prevedeva appunto rimborsi totali solo in caso di truffa acclarata durante una procedura arbitrale davanti all’Anac. Al contrario il Fondo indennizzo risparmiatori previsto dalla legge di Bilancio 2019, nella versione finale, dispone indennizzi del 30% per gli azionisti e del 95% per gli obbligazionisti subordinati fino a un limite di 100mila euro a testa senza necessità di dimostrare la frode o comunque la vendita senza sufficienti informazioni sui rischi (misselling).
Il testo licenziato alla Camera in prima lettura l’8 dicembre prevedeva che il ristoro fosse erogato a condizione che il danno fosse riconosciuto con sentenza del giudice o lodo arbitrale, in linea con la prassi comunitaria, ma il Senato ha eliminato l’accertamento preventivo ai fini dell’indennizzo. A gestire la procedura, stando alla legge, sarà il ministero dell’Economia, che dovrà nominare una commissione incaricata di definire le modalità di presentazione delle domande e di riparto delle risorse, pari a 525 milioni l’anno nel triennio 2019-2021.
Un portavoce della Commissione Ue ha confermato che Bruxelles è “in contatto con l’Italia sulle nuove misure proposte”: “Ci sono diverse possibilità, in linea con le regole Ue, attraverso le quali si possono compensare i risparmiatori che hanno sofferto perdite a causa di vendite fraudolente di bond”, la Commissione “ha lavorato con l’Italia per attivare queste soluzioni nel passato, ed è in contatto con l’Italia sulle nuove misure”.
Due giorni fa il sottosegretario Garavaglia non aveva nascosto di avere “qualche perplessità” sul testo definitivo: “Avrei tenuto la formulazione precedente”. Alla domanda su eventuali rilievi Ue aveva risposto: “Ci sono rumors”. Il testo non piace? “Ma lo sapevamo…”.
mercoledì 30 gennaio 2019
SEA WATCH LA LINEA DURA DEL GOVERNO HA VINTO! Sbarcheranno entro breve, ma saranno subito imbarcati in 5 differenti nazioni
Il governo italiano aspetta la aspetta la formalizzazione dell’accordo con gli altri Paesi e poi la situazione si potrebbe sbloccare. Questa la posizione al termine del vertice notturno tra il premier Giuseppe Conte ed i vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Tra i Paesi che accoglieranno i migranti a bordo della nace c’è anche il Lussemburgo nell’accordo raggiunto ieri dal premier
Il via libera allo sbarco formalmente non c’è ancora, ma arriverà a breve. Il governo italiano aspetta la aspetta la formalizzazione dell’accordo con gli altri Paesi Ue e poi la situazione si potrebbe sbloccare. Questa la posizione al termine del vertice notturno tra il premier Giuseppe Conte ed i vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Tra i Paesi che accoglieranno i migranti a bordo della nace c’è anche il Lussemburgo nell’accordo raggiunto ieri dal premier Conte a Cipro per la distribuzione dei 47 migranti ancora a bordo della Sea Watch, la nave battente bandiera olandese ormai da 12 giorni in mare e da 5 nella rada di Siracusa. I Paesi al centro dell’accordo sarebbero dunque Germania, Francia, Portogallo, Romania, Lussemburgo e Malta. Nelle prossime ore si attendono dettagli su come saranno distribuiti i 47 migranti.
Proprio durante il vertice di Cipro, Conte ha parlato con il presidente francese Emmanuell Macron, secondo il quale “per la Sea Watch 3 bisogna applicare tre principi: il principio dello sbarco nel porto più vicino, cioè l’Italia, il principio della distribuzionedell’onere”, dal quale la Francia non si è mai sottratta, “e infine il diritto, ovvero dobbiamo fare in modo che le ong rispettino le regole”. Macron ha anche sottolineato che della questione ne ha parlato con il premier italiano Giuseppe Conte.
Ieri sul caso si era espressa la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo chiedendo governo italiano di “adottare tutte le misure necessarie, il prima possibile, per fornire” ai migranti a bordo della Sea Watch 3 “adeguate cure mediche, cibo, acqua e generi di prima necessità”, ma “non” accogliere “la richiesta dei ricorrenti di essere sbarcati“. La presa di posizione proviene da una sezione della Corte, che ha deciso – a maggioranza – di concedere la misura provvisoria richiesta riguardante la nave Sea Watch 3, attualmente ancora al largo di Siracusa. La nave, continua la Corte, “non è stata autorizzata ad entrare nel porto e i ricorrenti lamentano di essere detenuti a bordo senza base giuridica, di soffrire di trattamenti inumani e degradanti, con il rischio di essere rimandati in Libia senza che sia stata valutata individualmente la loro situazione“.
La Corte, tuttavia, non ha accolto la richiesta dei ricorrenti di essere sbarcati. “Per quanto riguarda i 15 minori non accompagnati, si richiede al governo di fornire adeguata assistenza legale“, continuano i giudici di Strasburgo. La Corte chiede anche di essere regolarmente informata “della situazione dei richiedenti. La misura è in vigore sino a nuovo ordine”. Le richieste alla Corte di Strasburgo sono arrivate tra il 25 gennaio (dal capitano della nave ed altri) e ieri (dai 15 minori non accompagnati); misure di questo genere, che non pregiudicano decisioni sull’ammissibilità del ricorso o eventuali decisioni nel merito, vengono concesse dalla Corte quando, in assenza di esse, i richiedenti rischiano di subire danni cui non sarebbe possibile riparare.
Repubblica? Solo quest’anno ha spacciato un’infinità di notizie false: Travaglio si è preso la briga di catalogarle una per una
Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”
Hanno scritto di un’ intercettazione fra Rosario Crocetta che taceva divertito mentre un amico medico auspicava l’ assassinio di Lucia Borsellino come quello del padre Paolo, e non era vero. Hanno scritto di troll russi dietro la campagna web contro Mattarella, e non era vero. Hanno scritto che il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, nel caso Consip, era stato “smascherato come impostore e falsario di passaggi politicamente significativi dell’ inchiesta”; e aveva “consegnato a Marco Lillo la notizia del coinvolgimento di Del Sette”, insomma era lui “la mano che dà da mangiare al Fatto” per “far cadere Renzi” (fra l’ altro già caduto da solo), ma non era vero; e, quando la Cassazione scagionò Scafarto per i suoi “errori involontari”, si scordarono di informarne i lettori.
Hanno scritto che Di Maio situava Matera in Puglia anziché in Basilicata, e non era vero. Hanno scritto che l’ Italia, se rinunciasse al Tav Torino-Lione, dovrebbe pagare “penali” miliardarie, e non è vero (glielo fece notare l’ ex pm Livio Pepino in una lettera, ma non la pubblicarono). Hanno scritto che Marcello Foa, aspirante presidente Rai, è un fabbricante di fake news tant’ è che ha scritto un libro per “spiegare come si falsifica l’ informazione al servizio dei governi”, ma non è vero (il suo Gli stregoni della notizia, al contrario, smonta le fake news al servizio dei governi). Hanno scritto che c’ è la Russia di Putin dietro le fake news filo-M5S&Lega, e non era vero.
Hanno scritto che il premier Conte voleva trasferirsi dalla cattedra di Firenze a quella di Roma con un concorso “confezionato su misura”, e non era vero (il bando era standard). Hanno taciuto sulla tesi di dottorato in larghe parti copiata dalla Madia. Hanno nascosto la bocciatura del Jobs Act di Renzi dalla Corte costituzionale (“Lavoro, su Jobs Act e Cig si ritorna al passato”: nessun riferimento nella titolazione alla Consulta e all’ incostituzionalità).
Hanno nascosto, mentre tutti gli altri giornali ne parlavano, l’ inchiesta per la soffiata di Renzi a De Benedetti sul decreto Banche popolari, usata dall’ Ingegnere per guadagnare in Borsa 600 mila euro in due minuti, forse perché troppo impegnati a fare decine di titoli su “Spelacchio” (un albero di Natale). Hanno fatto il taglia e cuci dei messaggi di Di Maio alla Raggi per spacciarlo come “bugiardo” e “garante” di Raffaele Marra in Campidoglio, mentre ne sollecitava il trasferimento. Hanno taciuto per giorni il nome dei Benetton, primi azionisti della concessionaria Autostrade (sponsor de La Repubblica delle Idee), dopo il crollo del Ponte Morandi.
Hanno scritto che il ponte era crollato anche per il no del M5S alla Gronda, che però fu bloccata da chi governava città e regione (centrosinistra e centrodestra) e per giunta contemplava l’ uso del viadotto Morandi. Hanno scritto di probabili legami con la Casaleggio di tal Beatrice Di Maio e delle sue fake news anti-renziane e non si sono mai scusati quando si è scoperto che era la moglie di Brunetta.
Hanno accostato le leggi razziali del fascismo al decreto Sicurezza di Salvini. Hanno pubblicato una bozza apocrifa e superata del contratto di governo giallo-verde facendo credere che prevedesse l’ uscita dell’ Italia dall’ euro e scatenando spread e mercati. Hanno nascosto il sequestro di 150 milioni e di due giornali all’ amico editore-costruttore catanese Ciancio Sanfilippo. Hanno spacciato lo scandalo Parnasi come una storia di tangenti al M5S , mentre i partiti finanziati dal costruttore sono gli altri (Pd, Lega e FI ).
Hanno elogiato Monti quando ha ritirato la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020 e massacrato la Raggi quando ha ritirato la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024. Hanno scritto che le polizze intestate dal dirigente Romeo all’ ignara Raggi celavano “tesoretti segreti” per “garantire un serbatoio di voti a destra”, dunque era “vicina” l'”accusa di corruzione”, ma non era vero.
Hanno dipinto l’ assessora Paola Muraro come infiltrata di Mafia Capitale e della “destraccia” nella giunta capitolina, salvo poi intervistarla dopo le dimissioni come grande esperta di rifiuti. Hanno nascosto l’ attacco di Rondolino, che sull’ Unità dava del “mafiosetto di quartiere” a Saviano, reo di aver criticato la Boschi, mentre il Fatto restò solo a difenderlo. Hanno minimizzato le epurazioni dalla Rai renziana di Gabanelli, Giannini e Giletti come ordinaria amministrazione.
Hanno fatto questo e altro, i giornali del gruppo Gedi (Repubblica-Espresso-Stampa), ma noi siamo solidali con loro per gli attacchi di Di Maio, per tre motivi. 1) Nessun politico deve permettersi di dare pagelle ai giornalisti, tantopiù se sta al vertice del governo. 2) Quando il Fatto subiva trattamenti anche peggiori da Renzi e dai suoi killer, non ci giunse alcuna solidarietà, ma noi non siamo come loro. 3) Finché usciamo tutti in edicola, la gente può notare la differenza.
Ps. Per la serie “Chiamate la neuro”, segnaliamo i delirii di Carlo Bonini (Repubblica) all’ autorevole Radio Cusano Campus: “Il Fatto Quotidiano specifica che non prende alcun finanziamento pubblico? È una furbizia. Siccome i lettori del Fatto sono in buona parte elettori del M5S , è un modo per raffigurare ai lettori del M5S che la terra è tonda e non quadrata, dopodiché la terra è tonda”. Il pover’ uomo ignora che il Fatto è nato prima del M5S e la nostra scelta di non ricevere finanziamenti pubblici prescinde dalle intenzioni di voto dei nostri lettori (peraltro note solo a lui).
Volendo, Bonini potrebbe raccontarci degli aiuti statali (o a spese degli altri giornalisti) ricevuti dal suo gruppo per contratti di solidarietà, prepensionamenti & affini. E regalarci una delle sue grandi inchieste sui vertici Gedi indagati per una truffa milionaria all’ Inps.
Mazzette a dipendenti comunali in cambio di pratiche edilizie veloci: quattro agli arresti domiciliari grazie alla denuncia della Raggi
Bastava pagare e in pochi giorni si ottenevano le pratiche edilizie richieste. Quattro dipendenti del Comune di Roma sono stati arrestati per aver messo in piedi quello che secondo il gip del tribunale di Roma era un “collaudato sistema corruttivo”. Su richiesta della procura, il giudice ha disposto nei loro confronti gli arresti domiciliari. A far scattare le indagini è stata la denuncia di un dirigente dello stesso Comune, che ha messo i finanzieri del gruppo spesa pubblica del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma in condizione di scoprire quello che il gip definisce “un inquietante mercimonio delle pubbliche funzioni”.
Stando a quanto emerso dall’inchiesta c’era un vero e proprio tariffario, che variava a seconda del tipo di richiesta, con sconti per i clienti abituali. Dietro il pagamento di somme di denaro, infatti, architetti, geometri e ingegneri riuscivano ad ottenere in pochi giorni il rilascio di copia di documenti edilizi che, se avessero seguito la procedura ordinaria, avrebbero richiesto anche alcuni mesi. I quattro dipendenti arrestati, si legge nell’ordinanza, erano “asserviti in maniera stabile agli interessi dei privati, ognuno in riferimento ad un gruppo o ad alcuni professionisti”, in un vero e proprio “mercato parallelo”. E “non è assolutamente un fatto occasionale – scrive la gip Chiara Gallo – i singoli episodi ricostruiti si inseriscono in un contesto illecito consolidato e duraturo“.
Secondo la procura, le pratiche venivano ordinate con una semplice telefonata e il sistema era così collaudato che nemmeno il trasferimento ad un altro incarico di uno dei dipendenti arrestati aveva impedito lo scambio mazzette-pratiche veloci. Ma non solo: oltre alla riduzione dei tempi di evasione delle pratiche, il sistema consentiva di risparmiare il versamento dei diritti, seppur di importo ridotto, previsti per la consegna o consultazione dei documenti. “Si tratta di un vero e proprio mercato parallelo – scrive ancora il gip nell’ordinanza -, un secondo lavoro che i dipendenti esercitano all’interno dell’ufficio, con i mezzi dell’ufficio e in contrasto con le regole interne ad esclusivo beneficio dei professionisti che li hanno assoldati”.
I quattro ritenuti responsabili di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio sono Rocco Di Gironimo, Antonio Di Pietro, Fabio Piccioni e Guido Federico (tre dei quali dipendenti di Roma Capitale e uno della società in house ‘Risorse per Roma spa’). Nell’ambito della stessa inchiesta sono state interdette dall’esercizio della professione per un anno nove persone tra architetti, ingegneri e geometri.
FAZIO FINALMENTE HA FINITO DI FARE QUELLO CHE GLI PARE! Terremoto dentro la Rai: dove spediscono il leccapiedi del PD. E’ “rovinato”
Tensione alle stelle in Rai tra Fabio Fazio e il governo giallo-verde. Dopo la bufera per l’invito in trasmissione del conduttore di Che tempo che fa al sindaco di Riace Mimmo Lucano e quella frasi di Luigi Di Maio – “Certo che c’è un caso Fazio” – ora gira una bruttissima voce per Fazio: quella di uno spostamento del suo programma su Raitre, per di più in seconda serata.
Viale Mazzini smentisce ma l’indiscrezione è riportata dall’Agi. Che scrive che il prossimo Cda della Rai è convocato per il 24 gennaio. Il nuovo piano editoriale dovrebbe essere presentato a febbraio ma nei corridoi si discute su come sarà il nuovo corso giallo-verde che nel frattempo attende di capire quali saranno le risorse a disposizione per gli investimenti da attuare. La nuova Rai dovrebbe portare avanti una nuova “spending review”, una razionalizzazione dei costi per quanto riguarda i format, il personale e i cachet. Proprio per questo motivo il“caso Fazio” è destinato sempre più, osservano nella maggioranza, ad assumere una rilevanza simbolica.
Il conduttore di Che tempo che fa è nel mirino della Lega ma anche di Di Maio che tre giorni fa ha chiesto “un po’ di buonsenso rispetto alle retribuzioni” invitando inoltre il management a “ragionare nell’ottica di abbassare un po’ il canone negli anni”. “Sono pronto a discutere di compensi e di contenuti”, la risposta di Fazio. L’ipotesi è di spostare il conduttore a Raitre, in un contenitore di seconda serata e inserire nella rete ammiraglia un contenitore politico, una sorta di striscia quotidiana. “Per quanto riguarda Fazio non sarebbe una scelta politica, ma legata allo share della trasmissione”, spiegano fonti parlamentari della Lega e del Movimento 5 stelle.
Il terrorista latitante a Parigi vive con la pensione dell’Inps: l’ultima incredibile scoperta che grida vendetta
Un assegno da 1500 euro per Pietrostefani, condannato a 14 anni per il delitto Calabresi. Si gode la pensione in Francia
Dopo l’arresto di Cesare Battisti i riflettori sono tutti puntati su Giorgio Pietrostefani.
Latitante in Francia e condannato per l’omicidio del commissario Calabresi, vive con una pensione pagata dall’Inps di 1500 euro. A rivelarlo è Panorama che racconta l’assurda vicenda. A quanto pare Pitrostefani percepisce un assegno dall’Istituto di previdenza sociale in quanto titolare di uan pensione di vecchiaia dei lavoratori ex Inpdai. Pietrostefani oggi ha 75 anni, si è separato dalla moglie e ha subito un trapianto di fegato. Dal 2017, come detto, incassa il rateo della pensione. Per poter mettere le mani sull’assegno, Pietrostefani ha versato in Francia, dal 2000 al 2015, 12000 euro ogni anno per pagare i contributi previdenziali e quindi accedere ad una convenzione tra Francia e Italia che permette poi l’erogazione dell’assegno previdenziale. Insomma si può dire che lo Stato italiano paga la pensione ad un latitante.
In Francia Pietrostefani ha svolto la professione di archietetto ed è stato anche dirigente di azienda con un ufficio in pieno centro a due passi dal museo del Louvre. Col riscatto degli anni universitari e con i contributi versati quado lavorava in Italia è riuscito ad ottenere la pensione che ammonta a 21.740 euro netti all’anno. Una beffa e un altro schiaffo all’Italia dove non ha mai saldato i conti con la giustizia.
lunedì 28 gennaio 2019
Di Maio "provoca" Landini: "Protesta per il Decretone? Speriamo ci appoggi sui tagli dei privilegi ai sindacati"
“Ho avuto già la possibilità di confrontarmi con Landini ad alcuni tavoli. Gli faccio i miei migliori auguri per l’incarico che ha avuto e spero che voglia sostenere la battaglia che stiamo per iniziare, nelle prossime settimanae: l’emendamento che entrerà nel Decretone in conversione che finalmente affronterà il tema della pensione degli ex sindacalisti. Cominceremo a tagliare la pensione degli ex sindacalisti, spero che voglia sostenere questa battaglia”.
Lo ha detto Luigi Di Maio nel corso dell’intervista a Non è l’Arena, programma condotto da Massimo Giletti su La7.
Il vicepremier 5Stelle ha anche affrontato il caso Diciotti, ricordando che “è stata una decisione politica del governo italiano, che ha deciso di far svegliare l’Europa”. “Il governo italiano si oppose allo sbarco dalla Diciotti finché l’Europa non avesse detto dove dovessero andare le persone a bordo. Fu una decisione di tutto il governo,” ha spiegato. “Salvini ha detto: io mi voglio far processare” quindi M5s non gli “farà un dispetto” e voterà sì alla richiesta di autorizzazione a procedere. E al processo “sarò il primo a dire che fu una decisione del governo. Si sta provando a scardinare il M5s dalla Lega e far cadere il governo, è il gioco che si fa ogni giorno,” ha aggiunto Di Maio.
Sempre sul tema dell’immigrazione, il leader 5Stelle ha affermato che l’Italia è “il campo profughi dell’Europa” e “il palcoscenico dell’immigrazione”. Le imbarcazioni si dirigono verso le coste italiane perché “qui si fa notizia e quando si dice c’è un’imbarcazione al largo, aumentano le donazioni a quell’imbarcazione”.
Quanto alla polemica sul franco CFA della scorsa settimana, Di Maio ha assicurato che “se il tema del prossimo Consiglio europeo sarà l’immigrazione, chiederemo di portare il tema di questa moneta”, il franco africano. Il vicepremier, riferendosi alla Francia, ha detto che ci sono “Paesi che impoveriscono gli Stati africani”.
Senatori che paghiamo anche da morti: ecco l’elenco completo censurato dalla Stampa italiana
Una volta ultimato il mandato presidenziale, il senatore a vita ha il diritto di ricevere il cosiddetto “assegno di fine mandato”. Gli eredi di Giulio Andreotti, ad esempio, hanno presentato la domanda al Senato per avere la liquidazione da Senatore a vita, nonostante gli importi siano alti, sono calcolati su
criteri molto simili a quelli dei comuni lavoratori. Sia Andreotti che tutti gli altri senatori a vita, hanno ricevuto gli assegni di fine mandato dagli anni 50 ad oggi. Fino ad oggi sono 34 ad essere stati incassati dagli eredi alla morte del senatore. Gli eredi dei senatori dell’anno 2010 hanno ricevuto il cosiddetto “pagamento agli eredi di persona deceduta” ben 901.818,23 euro. In questo caso, nel 2010 era deceduto solo il senatore Cossiga.
Tra gli altri Senatori a vita che sono deceduti nella storia della Repubblica italiana, troviamo Leo Valiani con 17 anni di attività, Norberto Bobbio 20 anni, Eugenio Montale 14 anni, Giuseppe Saragat 17 anni, Giovanni Gronchi 16 anni e Rita Levi Montalcini con 11 anni di attività. Tra quelli con un’attività più breve si ricordano Arturo Toscanini che dopo un solo giorno si è dimesso, Trilussa con un’attività di 20 giorni, Mario Luzi e Vittorio Valletta della durata di 4 mesi e 9 mesi rispettivamente.
Inoltre, il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione indica che il Presidente della Repubblica ha il diritto di nominare come senatori a vita, 5 cittadini che si sono impegnati per la Patria nel campo sociale, artistico, letterario e scientifico. Ad esempio, il presidente Giorgio Napolitano, durante il suo primo mandato ha nominato un solo senatore a vita scegliendo Mario Monti che a sua volta ne ha nominati quattro. Tra questi, Lorenzo Piano, Elena Cattaneo, Claudio Abbado e Carlo Rubbia durante il suo secondo mandato. Il presidente Sergio Mattarella ha scelto di nominare come senatore a vita Liliana Segre, reduce dell’Olocausto e nominata senatrice italiana a vita lo scorso 19 gennaio 2018.
La donna è sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti e ne è la testimone.
Ma quanto ci costano i senatori a vita?
I senatori che vengono nominati dal Presidente della Repubblica ci costano 21.850 euro al mese o 276.639 all’anno per ognuno. L’indennità parlamentare è di 5.219 euro al mese, alla cifra si aggiunge una diaria fissa di 129 euro e una variabile di 3.370. Ma non solo, a queste cifre vengono aggiunti i rimborsi delle spese per l’esercizio del mandato che è pari a 4.180 euro e un rimborso spese forfettario di 1.650. Pensate che sia finita qui? Vi sbagliate. Al totale di queste cifre vengono aggiunti anche i rimborsi delle spese per ragioni di servizio pari a 108 euro, un rimborso di 195 euro per la dotazione di strumenti informatici, l’assicurazione RC di 312 euro e la polizza a vita di 221 euro. Poi si aggiungono anche altre voci di spesa come i treni, gli aerei, le autostrade ecc che arrivano ad un totale di 1.651 euro al mese.
Scanzi: "Con Conte per la prima volta dopo 30 anni gli italiani non si vergognano del proprio Premier"
(Andrea Scanzi) – Se volete ridere (per non piangere), rileggetevi gli epiteti con cui venne accolto Giuseppe Conte tra maggio e giugno. Neanche aveva cominciato a fare il Presidente del Consiglio, che già era stato dilaniato dalla stessa classe dirigente che – con la sua incapacità – aveva aperto la strada al Salvimaio e dalla stessa informazione che – con la sua ruffianeria – ne aveva incensato i predecessori. Conte era un millantatore, un prestanome, un incapace: un omino inutile, telecomandato come Ambra con Boncompagni. E questi erano i complimenti: di solito lo si riteneva null’altro che un mezzo deficiente, comandato per giunta da due minus habens come Salvini e Di Maio. E’ ancora il parere di chi resta turborenziano, tipologia umana che temo non potrebbe essere salvata neanche dal combinato disposto di Jung e Freud.
Era più che lecito avere dubbi su un sostanziale sconosciuto, scelto dal M5S come Ministro della Pubblica Amministrazione nell’impossibile monocolore 5 Stelle e – di colpo – catapultato in cima a un governo di per sé stravagante. Ora, però, se ci fosse un minimo di onestà intellettuale e non questo generalizzato tifo purulento di qua e di là, bisognerebbe ammettere come e quanto Conte stia stupendo: in positivo. Ne è prova ultima la risoluzione, colpevolmente tardiva ma politicamente encomiabile, del caso Sea Watch-Sea Eye. Una risoluzione (si ribadisce tardiva, e in quel ritardo c’è tutta la colpa del governo italiano e dell’Unione Europea) che dimostra non solo il talento diplomatico di Conte (e Moavero), ma pure la sua autonomia. Da mesi va avanti la nenia secondo cui, nel governo, faccia tutto Salvini. A furia di ripeterlo nei social e talkshow, è divenuto una sorta di Dogma. Ma è così vero che Salvini regni e signoreggi su Di Maio, Conte e il mondo intiero, compresa la non marginale Galassia di Andromeda? E’ vero mediaticamente ma non politicamente: a parte il Dl Sicurezza, pieno peraltro di storture, per ora di concreto Salvini si è fatto – più che altro – le pippe a manetta. Conte, reputato “prestanome” dagli stessi che celebravano Monti (noto filantropo vicino ai deboli), veneravano la Diversamente Lince di Rignano e santificavano Gentiloni dimenticandosi quel suo essere “prestanome” di Renzi, ha più volte messo all’angolo Salvini. Sulla Sea Watch, sugli inceneritori, sulla legge anticorruzione. E si spera pure su trivelle e Tav.
A settembre, in tivù, osai affermare che sul Salvimaio avevo (ho) miliardi di dubbi e certe cose mi facevano (fanno) schifo il giusto, ma che Conte era la sorpresa più positiva dell’esecutivo e che mi pareva già allora il miglior Presidente del Consiglio dai tempi di Prodi. Fui massacrato, e ovviamente il massacro arrivò dai soliti scienziati rintanati nei loro attici con vista grandangolare sul proprio ombelico. Oggi ribadisco il concetto, ben sapendo che neanche gli faccio tutto ‘sto gran complimento: anche una sogliola morta di onanismo sarebbe preferibile a Renzi.
Conte è migliorato pure nei suoi discorsi in Parlamento, dove all’inizio soffriva parecchio, e in tivù, dove – altro suo unicum – si ostina ad andare pochissimo. Le prime volte, da Floris a ridosso del voto (quando raccontò di provenire dalla sinistra) e poi ancora a DiMartedì dopo la nascita del Salvimaio, parve moscio. Idem all’esordio da Vespa, durante la quale mostrò il santino di Padre Pio a cui è devoto. Pochi giorni fa, ancora a Porta a porta, si è rivelato molto più sicuro e quasi baldanzoso (“Salvini non vuole sbarchi? Vorrà dire che li farò prendere in aereo..”). L’uomo non disdegna l’ironia. A volte esagera (“I tagli ai pensionati sono impercettibili, nemmeno L’avaro di Molière se ne accorgerebbe”) e a volte ci prende (“Chi butto dalla torre tra Renzi e Gentiloni? Renzi si è già buttato da solo…”). Sottovalutandolo (quasi) tutti oltremodo, hanno finito col rendere ancora più evidenti le sue qualità: un’altra delle troppe cantonate di una cosiddetta “opposizione” che non riuscirebbe a essere così ridicola neanche se ci si impegnasse deliberatamente.
Aggiungo un ultimo aspetto legato alla sua veste diplomatica. Quando Conte va all’estero, è assai a suo agio con le lingue (compresa quella italiana: e già qui c’è del clamoroso). Non solo: ai summit coi (presunti) grandi della terra, non fa le corna e neanche si improvvisa ilare bullo come quell’altro gradasso quando incontrava Schultz. Cordiale, affabile: sicuro di sé. Forse è la prima volta dal 2006 che tanti italiani non si vergognano di un Presidente del Consiglio. Non che Conte sia un fenomeno: è solo un uomo serio e normale alla guida di un governo improbabile e sbilenco, che a volte le indovina e più spesso no. Ma anche solo essere “normali”, in questi tempi di fenomeni finti e politica sputtanata, suona quasi rivoluzionario.
Marche, lo sputo della Regione in mano al PD ai terremotati: i soldi solo per le biciclette, zero per le case
La Regione: “Nuove piste ciclabili coi fondi del sisma”. L’ira degli sfollati: “Vergognoso”
Cosa c’entrano le piste ciclabili con la ricostruzione post-terremoto? A prima vista nulla.
Eppure un nesso dev’esserci visto che la Regione Marche ha appena deliberato di destinare 5.016.000,00 euro «a valere sui fondi Eventi Sismici Por Fesr Marche 2014/202010», per la costruzione di una nuova rete di piste ciclabili. Cifra che sarebbe poi versata in due tranche, per un costo complessivo quindi del doppio, circa 10 milioni di euro. Il tutto è motivato nella delibera numero 36 del 22 gennaio scorso, dove si legge: «Nell’ambito del processo di ricostruzione post sisma si ritiene prioritario promuovere interventi volti a migliorare la qualità di vita nelle aree urbane tramite la riduzione delle emissioni di carbonio. Al fine di incentivare l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale e così concorrere alla riduzione delle emissioni e dell’assorbimento di carbonio, è necessario cofinanziare interventi per lo sviluppo e la messa in sicurezza di itinerari e percorsi ciclabili e per l’incentivazione di trasporti urbani puliti». Le piste ciclabili appunto. Le quali, però, non vengono percepite come una priorità dalle vittime del terremoto del 2016 nelle Marche. Protesta infatti il coordinamento dei comitati Terremoto Centro Italia, per voce del suo responsabile Francesco Pastorella: «È una vergogna. La giunta della Regione Marche assegna 10 milioni di fondi sisma europei alle piste ciclabili. Si tratta del doppio della cifra che la stessa Regione Marche aveva avuto il coraggio di stanziare per le piste ciclabili attingendo ai proventi degli sms solidali, manovra sventata grazie ad una coordinata azione di protesta nel giugno 2017!». Già quell’anno infatti la Regione fu costretta a fare dietrofront al progetto di finanziare con 5,5 milioni presi dai fondi per il terremoto la pista ciclabile CivitanovaSarnano. Altro progetto sempre con i soldi degli sms solidali, quello di riaprire la grotta sudatoria di Acquasanta Terme, una struttura termale chiusa da decenni.
La protesta nel 2017 fermò l’operazione, secondo la Regione a guida Pd un investimento per rilanciare il turismo. Messa in soffitta per un po’, rieccola spuntare. «Questa decisione arriva come uno schiaffo alla nostra situazione, uno schiaffo alla dignità di chi ha sempre lavorato senza mai chiedere niente – accusa il coordinatore del comitato Terremoto Centro Italia – Hanno fatto solo danni, si mettono a litigare col governo per dettagli sulla pelle dei terremotati, ritardano ulteriormente la ricostruzione e adesso hanno la faccia tosta di utilizzare fondi destinati al sisma per le loro passeggiate in bicicletta. Ci appelleremo in tutte le sedi e parleremo con il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani per bloccare quest’ennesimo affronto alle drammatiche condizioni dei terremotati. Questa non passerà!».
La reazione va inquadrata nella situazione generale della ricostruzione nelle Marche a oltre due anni dal sisma. Un disastro: 31.675 persone sfollate (solo a Tolentino 247 persone vivono tuttora nei container), oltre 45mila edifici ancora non agibili, pratiche burocratiche che procedono a rilento mentre non ci sono più fondi per pagare il Contributo mensile di autonoma sistemazione che molti sfollati attendono da mesi, cinquecento imprese sparite e 1.500 posti di lavoro persi. Un territorio ancora in ginocchio. Ma con le piste ciclabili.
giovedì 24 gennaio 2019
Via 345 parlamentari, il governo continua la lotta ai parassiti di Stato
“Abbiamo fatto una riunione con la Lega e la prossima settimana presentiamo una proposta di legge costituzionale per tagliare 345 parlamentari”.
Lo ha annunciato Luigi Di Maio nel corso della puntata di “Di Martedì”, programma condotto da Giovanni Floris su La7.
In questo modo – ha spiegato il vicepremier – si otterranno “risparmi per 100 milioni di euro l’anno”.
Di Maio ha anche affrontato la questione Tria: “Nessuno ha chiesto le sue dimissioni, ma pretendo che il ministro dell’Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in grande difficoltà,” ha detto, aggiungendo che “gli italiani in difficoltà non possono più aspettare, lo Stato non li può più lasciare soli e un ministro serio i soldi li deve trovare”.
“Lo Stato – ha proseguito – è già in ritardo di 20 anni, ci sono famiglie italiane con figli in momentanea difficoltà, giovani senza lavoro, pensionati che con 500 euro non mangiano. Iniziamo a dare i soldi a loro”.
“Poi semmai – ha aggiunto – ci porremo il problema che non ci sono i soldi per dare stipendi a chi guadagna centinaia di migliaia di euro”.
Quanto alla manovra, il vicepremier ha assicurato che “abbattere il debito pubblico è un impegno che prendiamo”, ma ha anche affermato che “una legge di bilancio non si fa per ridurre il debito ma per cominciare ad avviare iniziative importanti, mantenere le promesse e migliorare la qualità della vita degli italiani”
“Questa legge di bilancio manterrà le promesse, superare la Fornero, reddito cittadinanza, flat tax”, ha continuato. E una parte delle risorse arriverà dal “taglio degli sprechi, ce ne sono tantissimi, il bilancio è pieno di sprechi”, e non solo con i tagli alle spese ma anche facendo deficit: in quanto “non serve superare il 3%, abbiamo bisogno di prendere un po’ di soldi dal deficit poi li ridaremo con la crescita”.
M5S all'attacco del Vaticano: "Recuperiamo soldi ICI trattenendo soldi dell'8X1000"
La proposta per recuperare l’Ici non versato dopo la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. ll governo italiano, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea, deve recuperare l’Ici
non versata dalla Chiesa Cattolica che assomma, secondo le stime più attendibili, a circa 5 miliardi di euro. Questa cifra gigantesca potrebbe essere recuperata nell’arco di pochi anni, trattenendo le quote di 8×1000 destinate alla Chiesa Cattolica, circa un miliardo di euro all’anno, con la tecnica del credito in compensazione, fino all’estinzione del debito. Per questo chiederò al Governo la predisposizione degli atti necessari per il recupero di tali somme o per la compensazione dei rispettivi crediti tra Chiesa e Stato”. Lo afferma in una nota Leonardo Salvatore Penna, deputato del Movimento 5 Stelle.
Castelli (Anci): “Per i comuni sarà difficile riscuotere”
Del resto, come spiega a Radio Cusano Campus Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e delegato finanze dell’Anci, “sarà difficile per i comuni riscuotere, perché non possono più utilizzare gli avvisi di accertamento. Ci vuole una legge ad hoc fatta dallo Stato”. Il sindaco di Ascoli Piceno sottolinea che “questa sentenza ha detto che la regola che dal 2012 vige in materia di tassazione immobiliare delle Onlus funziona e che quando c’è un’attività no profit se tu la eserciti in forma commerciale paghi l’ici, se invece non la eserciti in forma commerciale hai delle esenzioni”. E poi aggiunge: “La sentenza dice: guardate, dovete far in modo di recuperare questi aiuti di Stato. E qui casca l’asino.
Per recuperare quelle somme dalla Chiesa o dalle onlus è difficile capire quali sono le attività, i luoghi, gli immobili da cui è possibile riottenere il mal tolto. E i sindaci non possono utilizzare gli avvisi di accertamento, che vengono meno dopo 5 anni dal ciclo finanziario di riferimento. I tempi sono prescritti. Ci vuole una legge che forfettizzi, semplifichi, renda possibile la valutazione quantitativa del dovuto e trovi una soluzione per riscuotere. E’ lo Stato che deve trovare una pacificazione fiscale per quanto riguarda il no profit e il terzo settore”.
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900MILA EURO DI VITALIZIO PER 4 ANNI DA DEPUTATO: ECCO PERCHE' SCALFARI HA PAURA DEL M5S AL GOVERNO
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“Pochi se lo ricorderanno. Eugenio Scalfari, il più famoso giornalista italiano vivente, è stato anche un politico in una parte assai breve della sua lunga carriera.
Eletto nel partito socialista, fece il deputato fra il 1968 e il 1972, quattro anni prima di fondare Repubblica”. Inizia con un j’accuse contro il fondatore di Repubblica l’inchiesta di Franco Bechis su Libero sui vitalizi degli ex parlamentari che, nel corso degli ultimi decenni, hanno percepito molto di più di quanto hanno versato.
Grazie a questi pochi anni da deputato Scalfari prende ogni mese un assegno lordo di 2.162,52 euro. “Non è un granché, e Scalfari – scrive Bechis – manco se ne accorgerà: le sue finanze dipendono sicuramente da altro. Però tutti insieme quegli assegnini- il famoso vitalizio degli ex onorevoli- hanno fatto negli anni un assegnone, superiore ai 908mila euro”. Una cifra ben superiore di quella che “la Camera stessa gli aveva messo da parte durante quella legislatura che fu pure sciolta anticipatamente”. “Fra quello che allora fu versato e quello negli anni incassato – spiega Bechis – c’è una differenza da 847mila euro, che mettono Scalfari ai primi posti della classifica dei re del vitalizio. Anche merito della sua buona salute e della evidente longevità”.
FONTE
IL GIORNALE
“O SEI SCEMA O SEI COMPLICE, SCEGLI TU” Finalmente tappata la bocca alla Fornero e alle balle di regime che raccontano da anni
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Duro scontro a Stasera Italia su Retequattro tra l’ex ministro del Governo Monti Elsa Fornero e l’economista Antonio Maria Rinaldi. Il tema era quello delle pensioni, collegato alla manovra a cui il governo sta lavorando. Dalla Palombelli la Fornero ha recitato la solita formuletta dell’Italia “sul baratro” sostenendo che “dovevamo trovare i soldi per il giorno dopo”.
Senza appello la replica di Rinaldi, che all’ex titolare del Welfare ha risposto “mi rifiuto di pensare che un Paese come l’Italia dovesse trovare i soldi per il giorno dopo. E’ una cosa impossibile”. Poi, però, Rinaldi ha voluto fare una concessione alla Fornero: “Guardi, a me spiace dire queste cose, anche perchè so che lei è una persona preparata e professionale. Credo, però, che lei abbia fatto a sua insaputa il lavoro sporco che qualcun altro, che ben sapeva come stavano le cose, le ha chiesto di fare”.
«Non si può usare un carabiniere o un poliziotto come autista privato». Il Governo pronto a tagliare le scorte ai politici
L'annuncio del Viminale: pronta la "razionalizzazion" delle forze dell'ordine per le misure di tutela personale.
il Viminale annuncia la razionalizzazione partirà una razionalizzazione delle 585 scorte attualmente in vigore, di cui 15 per personalità nei confronti delle quali c'è massima allerta. Lo affermano fonti del Viminale sottolineando che la questione è stata affrontata ieri nel corso del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. L'obiettivo del ministro dell'Interno Matteo Salvini è una verifica dei dispositivi di protezione per evitare errori di valutazione e, inoltre, prevenire abusi e sprechi.
I numeri
Le scorte oggi in vigore occupano complessivamente 2.072 unità delle forze dell'ordine: si tratta di 910 poliziotti, 776 carabinieri, 290 finanzieri e 96 operatori della polizia penitenziaria. Quattro le categorie dei dispositivi di protezione, in base al livello del rischio. Quello più elevato riguarda oggi 15 persone e impegna 171 agenti. 57 cittadini hanno invece la protezione di 'secondo livello', vale a dire una scorta su auto specializzata (383 agenti in tutto) composta da più mezzi, mentre per altri 276 cittadini la tutela su auto specializzata è di terzo livello (823 agenti impiegati) e 237 hanno una tutela su auto non protetta, vale a dire una scorta di quarto livello che coinvolge 695 operatori.
Magistrat, politici, dirigenti, giornalisti
Dei 585 nomi protetti dallo Stato, dicono ancora dal Viminale, quasi la metà (277) sono magistrati, seguono i leader politici nazionali e locali (69) e i dirigenti d'impresa (43). Ci sono anche 21 giornalisti e 18 esponenti governativi. A livello regionale, il maggior numero di scorte si concentra nel Lazio e in Sicilia, rispettivamente con il 31,6% e il 21,9% delle misure di protezione nazionali. Seguono Calabria (12,5%), Campania (12%), Lombardia (7,2%). Oltre ai servizi di scorta, inoltre, lo Stato mette a disposizione 38 servizi di vigilanza fissa con 221 persone impegnate: 18 poliziotti, 56 carabinieri, 147 unità dell'esercito.
Soldi rubati alla comunità, Bossi la fa franca grazie ad una legge voluta dal PD
I giudici della Quarta Corte d’Appello di Milano hanno dichiarato il non luogo a procedere per Umberto Bossi e Renzo Bossi per effetto della nuova norma introdotta dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e che prevede che l’appropriazione indebita sia contestabile solo su querela di parte e non d’ufficio. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, aveva querelato solo Belsito e non il Senatur e il figlio. Condannato invece a 1 anno e 8 mesi (con pena sospesa e non menzione) e a 750 euro di multa l’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, che è stato assolto da alcuni capi di imputazione, mentre altro sono stati dichiarati prescritti.
mercoledì 23 gennaio 2019
“Hanno truccato i dati per affondare l’Italia”. Monti e una banca europea sputtanati dai PM..
VOI STANDARD, NOI POOR’S – ”LE AGENZIE DI RATING HANNO TRUCCATO I DATI PER AFFONDARE L’ITALIA”. A PIÙ DI CINQUE ANNI DA QUEL 2011 DOVE LO SPREAD SI È MANGIATO IL GOVERNO BERLUSCONI E L’ECONOMIA ITALIANA, IL PM CHIEDE LA CONDANNA PER STANDARD & POOR’S – BRUNETTA: ”FU UN COMPLOTTO ORDITO DA OLIGARCHIE, TROIKA, BANCHE DI AFFARI E MASSONERIE INTERNAZIONALI”
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Gian Maria De Francesco per ”il Giornale”
Nel 2011 l’ Italia «stava messa meglio di tutti gli altri Stati europei», ma da parte di Standard & Poor’ s c’ è stata «la menzogna, la falsificazione dell’ informazione fornita ai risparmiatori», mettendo così «in discussione il prestigio, la capacità creditizia di uno Stato sovrano come l’ Italia».
Le parole, pronunciate ieri dal pm di Trani, Michele Ruggiero, durante la requisitoria del processo per manipolazione del mercato a carico di cinque tra analisti e manager dell’ agenzia di rating statunitense, confermano quanto emerso dal quadro probatorio: il downgrading del nostro Paese tra maggio 2011 e gennaio 2012 mancava di giustificazioni macroeconomiche e aveva in sé ragioni speculative e forse anche politiche.
Per questo motivo il pubblico ministero alla fine della requisitoria ha chiesto la condanna a due anni di reclusione e 300mila euro di multa per Deven Sharma, all’ epoca presidente mondiale di S&P, e a tre anni di reclusione ciascuno e 500mila euro di multa per Yann Le Pallec, responsabile per l’ Europa, e per gli analisti del debito sovrano Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer. Per la società di valutazione è stata chiesta la condanna alla sanzione pecuniaria di 4,647 milioni di euro.
Insomma, mentre il quarto governo Berlusconi viveva la sua fase più angosciosa sotto la spinta della crisi da spread, l’ agenzia di rating non avrebbe ottemperato agli obblighi di veridicità delle informazioni fornite. I report sotto accusa sono quattro, l’ ultimo dei quali è il declassamento del rating dell’ Italia di due gradini (da A a BBB+) del 13 gennaio 2012. Il confronto tra 2010 e 2011 citato Ruggiero, che ha parlato per cinque ore, attiene al fatto che il contratto tra il Tesoro e l’ agenzia di rating, durato 17 anni, cessò nel 2010 «ed è dal 2011 – ha sostenuto il magistrato – che si registrano bocciature dell’ Italia da parte dell’ agenzia» adducendo così un «movente ritorsivo» per il delitto contestato.
Il pm ha poi fatto riferimento alla testimonianza del direttore del Debito pubblico presso il Tesoro, Maria Cannata, secondo cui S&P «avrebbe sempre enfatizzato aspetti critici rispetto all’ Italia» e che parlare con i suoi analisti era come «parlare al vento». Ruggiero ha citato come «bazooka fumante» due intercettazioni.
La prima è la telefonata del 3 agosto 2011 tra l’ ex manager S&P Maria Pierdicchi col presidente Sharma in cui si faceva riferimento al fatto che «serve più personale senior che si occupi dell’ Italia», dunque ammettendo l’ impreparazione del team di valutazione. La seconda è una mail dell’ ex responsabile corporate rating Renato Panichi nella quale si sottolineava come la valutazione del sistema bancario al momento del taglio del rating fosse «esattamente contraria alla situazione reale».
«Molti indizi raccolti fanno più di una prova sul complotto ordito da oligarchie, troika, banche di affari e massonerie internazionali, per abbattere e sostituire con un loro fiduciario, un governo democraticamente eletto, quello presieduto da Silvio Berlusconi», ha commentato il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, parlando di «un vero e proprio colpo di Stato» e invocando ancora una commissione d’ inchiesta parlamentare. «Le agenzie di rating sono state gli esecutori di un complotto che però ha mandanti politici», ha chiosato la deputata azzurra Elvira Savino. S&P ha ribadito che «le accuse non sono suffragate da prove degne».
Fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/voi-standard-noi-poor-agenzie-rating-hanno-truccato-dati-139809.htm
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Gian Maria De Francesco per ”il Giornale”
Nel 2011 l’ Italia «stava messa meglio di tutti gli altri Stati europei», ma da parte di Standard & Poor’ s c’ è stata «la menzogna, la falsificazione dell’ informazione fornita ai risparmiatori», mettendo così «in discussione il prestigio, la capacità creditizia di uno Stato sovrano come l’ Italia».
Le parole, pronunciate ieri dal pm di Trani, Michele Ruggiero, durante la requisitoria del processo per manipolazione del mercato a carico di cinque tra analisti e manager dell’ agenzia di rating statunitense, confermano quanto emerso dal quadro probatorio: il downgrading del nostro Paese tra maggio 2011 e gennaio 2012 mancava di giustificazioni macroeconomiche e aveva in sé ragioni speculative e forse anche politiche.
Per questo motivo il pubblico ministero alla fine della requisitoria ha chiesto la condanna a due anni di reclusione e 300mila euro di multa per Deven Sharma, all’ epoca presidente mondiale di S&P, e a tre anni di reclusione ciascuno e 500mila euro di multa per Yann Le Pallec, responsabile per l’ Europa, e per gli analisti del debito sovrano Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer. Per la società di valutazione è stata chiesta la condanna alla sanzione pecuniaria di 4,647 milioni di euro.
Insomma, mentre il quarto governo Berlusconi viveva la sua fase più angosciosa sotto la spinta della crisi da spread, l’ agenzia di rating non avrebbe ottemperato agli obblighi di veridicità delle informazioni fornite. I report sotto accusa sono quattro, l’ ultimo dei quali è il declassamento del rating dell’ Italia di due gradini (da A a BBB+) del 13 gennaio 2012. Il confronto tra 2010 e 2011 citato Ruggiero, che ha parlato per cinque ore, attiene al fatto che il contratto tra il Tesoro e l’ agenzia di rating, durato 17 anni, cessò nel 2010 «ed è dal 2011 – ha sostenuto il magistrato – che si registrano bocciature dell’ Italia da parte dell’ agenzia» adducendo così un «movente ritorsivo» per il delitto contestato.
Il pm ha poi fatto riferimento alla testimonianza del direttore del Debito pubblico presso il Tesoro, Maria Cannata, secondo cui S&P «avrebbe sempre enfatizzato aspetti critici rispetto all’ Italia» e che parlare con i suoi analisti era come «parlare al vento». Ruggiero ha citato come «bazooka fumante» due intercettazioni.
La prima è la telefonata del 3 agosto 2011 tra l’ ex manager S&P Maria Pierdicchi col presidente Sharma in cui si faceva riferimento al fatto che «serve più personale senior che si occupi dell’ Italia», dunque ammettendo l’ impreparazione del team di valutazione. La seconda è una mail dell’ ex responsabile corporate rating Renato Panichi nella quale si sottolineava come la valutazione del sistema bancario al momento del taglio del rating fosse «esattamente contraria alla situazione reale».
«Molti indizi raccolti fanno più di una prova sul complotto ordito da oligarchie, troika, banche di affari e massonerie internazionali, per abbattere e sostituire con un loro fiduciario, un governo democraticamente eletto, quello presieduto da Silvio Berlusconi», ha commentato il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, parlando di «un vero e proprio colpo di Stato» e invocando ancora una commissione d’ inchiesta parlamentare. «Le agenzie di rating sono state gli esecutori di un complotto che però ha mandanti politici», ha chiosato la deputata azzurra Elvira Savino. S&P ha ribadito che «le accuse non sono suffragate da prove degne».
Fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/voi-standard-noi-poor-agenzie-rating-hanno-truccato-dati-139809.htm
Politici sempre più ricchi, ecco i loro vergognosi redditi
È online il bollettino delle dichiarazioni patrimoniali, dei redditi e delle spese elettorali per il 2017, presentate dai deputati della XVII legislatura.
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La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, anche nel 2017 si conferma la ‘paperona’ del governo, con il reddito imponibile più alto. Fedeli e’ seguita a ruota da Carlo Calenda e Dario Franceschini. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, invece, conquista l’ultima posizione, risultando la piu’ ‘povera’ dell’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni, soffiando il gradino piu’ basso al collega Maurizio Martina.
Nei primi tre gradini del podio dei piu’ ricchi del governo, figurano al primo posto la ministra Fedeli, che nel 2017 ha dichiarato un reddito imponibile di 182.016 (era di 180.921 nel 2016); al secondo posto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, con un imponibile pari a 166.264 (anche il suo reddito e’ cresciuto, nel 2016 aveva dichiarato 102.058); al terzo posto Dario Franceschini, che pero’ risulta un po’ piu’ povero rispetto all’anno precedente: nel 2017 aveva un reddito imponibile pari a 145.044 a fronte dei 148.692 del 2016. Ai vertici della classifica dei piu’ ‘ricchi’ del governo c’e’ poi la ministra Anna Finocchiaro, con 151.672 mila euro dichiarati nel 2017; il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan, con 122.457 che triplica il proprio reddito rispetto al 2016 quando aveva dichiarato 49.958; il premier Paolo Gentiloni con 107.401 di reddito imponibile; il ministro del Lavoro Giuliano Poletti con 104.435; il titolare delle Infrastrutture Graziano Delrio con 102.890; il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti con 101.006. A seguire gli altri ministri, che non sforano il tetto dei 100 mila euro di reddito imponibile: Marco Minniti (92.260); Andrea Orlando (94.709); Roberta Pinotti (96.548); la Sottosegretaria Maria Elena Boschi (95.971); Claudio De Vincenti (97.607); Marianna Madia (99.519); Luca Lotti (98.471); Angelino Alfano (98.478); Enrico Costa, ministro fino al 20 luglio 2017 (99.583); Maurizio Martina (98.441).
Sempre spulciando i Redditi dei leader di partito che sono consultabili (non tutti infatti sono pubblicati on line sui siti dei due rami del Parlamento), Matteo Renzi, segretario dimissionario del Pd, dichiara nel 2017 un reddito imponibile di 107.100mila euro. La leader di FdI, Giorgia Meloni, accresce leggermente il suo reddito rispetto all’anno precedente, dichiarando 98.421mila euro.
Il presidente del Senato torna a vincere la ‘gara’ del piu’ ricco con la sua omologa alla Camera. Ma entrambi i presidenti dei due rami del Parlamento risultano un po’ piu’ poveri rispetto all’anno precedente. Anche nel 2017 Pietro Grasso risulta piu’ ricco di Laura Boldrini: il presidente uscente di palazzo Madama dichiara infatti 321.195mila euro di reddito imponibile, a fronte dei 340.563mila dell’anno precedente; la presidente uscente di Montecitorio dichiara invece 137.337mila euro, a fronte dei 144.883mila euro del 2016.
Oltre che dai siti http://www.parlamento.it e http://www.camera.it, a partire da lunedì il bollettino sarà consultabile in forma cartacea da tutti i cittadini iscritti alle liste elettorali per le elezioni della Camera nel corso della settimana lavorativa, dalle ore 10 alle ore 19, presso il Servizio Prerogative e Immunità, sito al 2° piano del Palazzo dei Gruppi, via Uffici del Vicario 21 a Roma.