Ospite a Otto e Mezzo, programma condotto da Lilli Gruber su La7, Marco Travaglio ha detto di confidare “che il ministro Tria quando è diventato ministro di un governo che aveva già pubblicato il suo contratto, lo abbia letto, e quindi, responsabilmente, abbia deciso di fare il ministro perché
riteneva che almeno un inizio delle clausole che erano previste in quel contratto, le più costose, quelle che lo riguardavano, si sarebbe potuto realizzare”.
“Altrimenti – ha aggiunto – sarebbe un irresponsabile ad avere accettato di fare il ministro dell’Economia se pensasse che nessuno dei punti qualificanti di quel programma si può neppure iniziare a realizzare. È evidente, come diceva Giorgetti, che se lo sforamento di un tetto che poi non esiste, perché il tetto dell’1,6% non esiste (il tetto di Mastricht, che peraltro risale al ’92 è del 3%). Se per l’Italia si è ridotto all’1,6 è perché nel 2011 il governo Berlusconi lasciò 20 miliardi di buco senza lasciar detto come si sarebbero dovuti riempire, iniziò il gioco delle clausole di salvaguardia che esplose ai tempi di Renzi. Per cui si decideva che l’anno dopo, se non si riusciva a rimarginare la ferita, sarebbe scattata una serie di aumenti. E quindi siamo arrivati al redde rationem che questo governo deve pagare quello che gli altri hanno lasciato in eredità”.
“È chiaro – ha spiegato il direttore del Fatto Quotidiano – che ai mercati se si fa l’16, o l’1,8 o il 2,2 cambia poco. L’importante è che si veda qualcosa che metta in tasca alla gente dei soldi da spendere per far girare un po’ l’economia. Quindi se si fanno dei bonus così a cavolo non serve a niente, se si fanno delle misure strutturali… per esempio il reddito di cittadinanza: mi meraviglia Severgnini che ha girato il mondo… qualsiasi Paese d’Europa ce l’ha anche se ognuno lo chiama a modo suo. Siamo l’unico Paese che non ce l’ha non capisco perché dovrebbe essere scandaloso”.
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