domenica 30 settembre 2018

Travaglio formidabile dalla Gruber: "La Manovra? Hanno fatto quello che hanno promesso, in barba a chi diceva il contrario"

Ospite ad Otto e mezzo, il giornalista elogia la manovra del Governo e lancia un siluro ai servi di Regime


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Ecco come funzionerà il Reddito di Cittadinanza: Requisiti e modalità. Tutto ciò che serve sapere




Con l’avvicinarsi della legge di Stabilità si vanno sempre più delineando i tratti del reddito di cittadinanza. Per ora c’è una certezza: sarà erogato sotto forma di carta acquisti che i beneficiari potranno spendere per i beni necessari a una vita dignitosa, come per esempio alimenti e medicinali.



 Per ricevere l’aiuto bisognerà stare sotto una certa soglia di reddito e patrimonio (ma dal calcolo sarà esclusa la prima casa) e bisognerà attivarsi nella ricerca di un lavoro con l’aiuto dei centri per l’impiego che saranno proprio a tal proposito rinforzati.

Insomma, il cavallo di battaglia elettorale ora è atteso alla prova dei fatti. Se ne sta occupando un gruppo ristretto con al suo interno tecnici e politici. Al reddito di cittadinanza “tecnologico” sta lavorando anche il viceministro all’Economia dei 5Stelle, Laura Castelli, che premette: “Il progetto lo stiamo definendo assieme al team per la trasformazione digitale di Diego Piacentini e alla Banca mondiale”. Ed è lei a spiegare nel dettaglio come funzionerà: “Ogni cittadino che ha diritto al reddito potrà adoperare la propria tessera bancomat, e recarsi in un negozio. Poniamo che debba comprare del pane: gli basterà dare il bancomat al fornaio, che riconoscerà il codice della tesserina tramite un apposito software, e scalerà la cifra dell’acquisto. Non ci sarà alcuno scambio di denaro: il negoziante riavrà dallo Stato in giornata la cifra spesa dal singolo cittadino, come già avviene ora con i normali acquisti.

E le banche di acquirente e venditore non avranno visionato nulla”. Invece, per i pagamenti che necessitano di bonifico bancario (ad esempio, il versamento dell’affitto di un immobile) si potranno utilizzare sistemi di pagamento tramite app (come lo smart payment). Insomma, sarà tutto telematico. E le ragioni di questa scelta, continua Castelli, sono molteplici: “Innanzitutto, in questo modo potremo far sì che il reddito venga tutto destinato al consumo, e controllare il modo in cui viene speso. E così potremo anche garantire il pagamento dell’Iva”. Non solo: “Prevediamo di escludere alcuni circuiti da questo processo. Per capirci, nessuno potrà usare il bancomat per scommettere”. E la tempistica? “Le tecnologie per i pagamenti sono già tutte disponibili. Mentre ci vorranno alcune settimane per incrociare le banche dati di Inps, centri per l’impiego, Comuni e centri di formazione”. Viene alla mente la social card per gli anziani. Ma Castelli ribatte: “Questo è un metodo diverso: nessuno avrà paura di sentirsi ghettizzato usando una carta riconoscibile, perché potrà adoperare il suo consueto tesserino bancomat”.

Il disegno è chiaro: il reddito di cittadinanza non sarà un bonifico elargito dallo Stato in favore dei beneficiari; sarà un ticket da spendere. Un sistema che dovrebbe far sì che questa cifra torni immediatamente nell’economia reale. Per essere ancora più certi che questa misura spinga i consumi, il governo sta valutando meccanismi che premino chi più spende (o penalizzino chi spende di meno). L’idea è far crescere del 4% il reddito di cittadinanza ogni qualvolta il beneficiario ne utilizzi – per acquisti tracciabili – almeno il 75 o l’80%. Oppure decurtare del 4% la somma erogata a chi ne spenda meno del 75%. I fruitori di questa misura saranno selezionati con l’Isee (l’indicatore della situazione economica): massimo 9.360 euro. La dotazione dovrebbe essere di 10 miliardi di euro e la platea potenziale si aggira intorno ai 6 milioni di italiani. A chi faceva notare che questa divisione porta a calcolare 128 euro al mese a testa, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha risposto dicendo che il sussidio pieno (780 euro, come confermato nella nota di aggiornamento al Def) andrà solo a chi parte da reddito zero. Per gli altri ci sarà solo un’integrazione.

Resta il capitolo spinoso dei servizi per il lavoro, che dovranno assicurare che la misura aiuti i disoccupati nella ricerca di un posto e non finisca per essere mero assistenzialismo. L’obiettivo è potenziare già da gennaio i centri per l’impiego, per far partire con le erogazioni da marzo. Alcuni giorni fa il governo ha ricevuto dall’Anpal (agenzia per le politiche attive del lavoro) un documento sullo stato di salute dei centri per l’impiego. L’operazione per risistemarli, assumendo nuovo personale e rinnovando l’infrastruttura tecnologica, non semplice: bisognerà mettere d’accordo tutte le Regioni (che, secondo la Costituzione, hanno la competenza in materia di politiche attive del lavoro).

LA MANOVRA? UN CAPOLAVORO: COSI’ HANNO FREGATO MATTARELLA. E ADESSO E’ OBBLIGATO A STARE MUTO, ALTRIMENTI SARANNO SOLO GUAI PER LUI ED I SUOI ACCOLITI



Marco Antonellis per “Dagospia”



Il Capo dello Stato Sergio Mattarella utilizzerà i prossimi appuntamenti istituzionali per esternare tutta la sua preoccupazione in tema di conti pubblici, spiegano ambienti del Quirinale. Le grandi agenzie di rating internazionali si esprimeranno a breve (a proposito: in Piazza Affari danno per scontato un declassamento da parte di Moody’s e Standard & Poor’s) mentre fonti diplomatiche fanno sapere che in Europa si stanno preparando al peggio e stanno già lavorando riservatamente ai “Piani b” per attutire il colpo di un’eventuale fuoriuscita dell’Italia dall’euro. Insomma, il Cigno Nero potrebbe arrivare e anche prima del previsto spiegano le medesime fonti.

In Europa, raccontano fonti diplomatiche di altissimo livello “sperano che i mercati facciano il loro dovere e pieghino l’Italia con le buone o con le cattive” altrimenti dovrà essere Bruxelles a bocciare la manovra e costringere Roma a riscriverla. Con tutti i rischi del caso.

Perché stavolta Bruxelles ha paura dell’Italia, ha paura di bocciarla e di cadere così nella trappola messa in piedi con grande abilità politica da Di Maio e Salvini, i reucci della nuova Italia sovranista-populista. Spiegano fonti del governo gialloverde: “Se ci bocciano la manovra stravinceremo le elezioni europee del prossimo anno puntando tutto sull’Europa cattiva e matrigna, andando a testa bassa contro l’euro e contro i mercati.

Avremmo la campagna elettorale bella che fatta. Dopo di che la manovra la ripresenteremo comunque tale e quale il prossimo anno. Se invece non ce la bocciano o ci chiederanno piccoli aggiustamenti (ipotesi più probabile) avremmo vinto su tutta la linea e ci presenteremo da vincitori alle elezioni europee del prossimo maggio”.

Insomma, comunque vada sarà un successo: Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno già vinto. E tutto quello che vale per l’Europa vale anche per il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sempre più in un vicolo cieco: è totalmente fallita la sua linea Maginot che aveva impedito dapprima a Paolo Savona di diventare Ministro dell’Economia e poi posto Giovanni Tria al Mef.

E sono totalmente falliti gli appelli e i moniti delle scorse settimane con cui aveva solennemente invitato alla prudenza. Ora non gli resterebbe che appellarsi all’Art.81 (quello sul pareggio di bilancio messo in Costituzione da un certo Mario Monti) e non firmare la manovra, come qualcuno in alto loco già sta ventilando.

Con il rischio però che se ciò accadesse, la serata di fine Maggio in cui i populisti chiesero l’impeachment del Capo dello Stato al confronto di quanto potrebbe accadere ora sarebbe stata solo una passeggiata di salute.

Intanto, tra i vertici istituzionali del Paese già si ragiona sulla “madre di tutte le battaglie”, la sfida per la conquista del Quirinale nel 2022: “Se dovesse cadere in mani pentaleghiste sarebbe la fine” fanno sapere fonti diplomatiche. Se ciò accadesse per l’establishment e i relativi poteri forti sarebbe Game Over: “Non è un mistero per nessuno che negli ultimi anni il vero terminale di Berlino, Parigi e Bruxelles sia stato il Colle più che Palazzo Chigi”. “Se perdiamo il Quirinale è finita” spiegano scuotendo la testa. La vittoria dei populisti sarà completa e totale. Per questo, giurano i soliti bene informati, si farà di tutto per andare nei prossimi 12/24 mesi ad elezioni anticipate ed impedire così che la coalizione composta da Lega e 5 Stelle possa eleggere il prossimo Capo dello Stato.

Meglio, molto meglio, fanno notare le medesime fonti, che si vada al più presto ad elezioni e che vinca il Centrodestra in maniera netta e chiara (ecco spiegato il riavvicinamento Salvini-Berlusconi degli ultimi tempi: l’establishment preferirebbe di gran lunga Salvini premier con Berlusconi all’attuale esplosivo duopolio Di Maio-Salvini) in modo che poi non possano pretendere anche il Quirinale (avendo già Palazzo Chigi per il Capitano) e che quindi lo lascino in mano ad una figura ‘terza’ e di garanzia (oltre che ‘equivicina’ a Bruxelles).

Insomma, per i poteri forti la vittoria del Centrodestra sarebbe a questo punto il male minore, comunque da preferire all’attuale alleanza di governo (ed è per questo che i 5Stelle hanno già “drizzato” le orecchie sospettando taluni autorevoli esponenti leghisti di essere uomini del ‘sistema’). Questo, potete scommetterci, sarà il prossimo “Great Game” della politica italiana.

La grande lezione di Savona alle capre di regime: questa sarà una storica manovra e finalmente ripartirà lo sviluppo della nostra nazione



Per una valutazione corretta delle scelte effettuate dal Consiglio dei ministri si deve partire dai provvedimenti approvati con la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2018.



 Va innanzitutto ricordato che il programma di politica economica e finanziaria del governo è coerente con il contratto di governo e con la risoluzione parlamentare approvata il 19 giugno scorso, che hanno trovato espressione:

1) nella cancellazione degli aumenti dell’Iva previsti per il 2019;

2) nell’introduzione del reddito di cittadinanza, con la contestuale riforma e il potenziamento dei Centri per l’impiego;

3) nell’introduzione della pensione di cittadinanza;

4) nell’introduzione di modalità di pensionamento anticipato per favorire l’assunzione di lavoratori giovani (superamento della legge Fornero);

5) nella prima fase dell’introduzione della flat tax tramite l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato di imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani;

6) nel taglio dell’imposta sugli utili d’impresa (Ires) per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi;

7) nel rilancio degli investimenti pubblici attraverso l’incremento delle risorse finanziarie, il rafforzamento delle capacità tecniche delle amministrazioni centrali e locali nella fase di progettazione e valutazione dei progetti, nonché una maggiore efficienza dei processi decisionali a tutti i livelli della pubblica amministrazione, delle modifiche al Codice degli appalti e la standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato;

8) in un programma di manutenzione straordinaria della rete viaria e di collegamenti italiana a seguito del crollo del ponte Morandi a Genova, per il quale, in considerazione delle caratteristiche di eccezionalità e urgenza degli interventi programmati, si intende chiedere alla Commissione europea il riconoscimento della flessibilità di bilancio per condurre politiche di rilancio dei settori chiave dell’economia, in primis il manifatturiero avanzato, le infrastrutture e le costruzioni;

9) nello stanziamento di risorse per il ristoro dei risparmiatori danneggiati dalle crisi bancarie.

Questi strumenti perseguono lo scopo di colmare il gap di crescita reale del Pil rispetto al resto d’Europa senza danni per la stabilità dei prezzi, anzi contribuendovi caricando sui conti pubblici l’onere dell’aumento dell’Iva necessario per colmare il deficit tendenziale del precedente governo stimato dal ministero dell’Economia e delle finanze in 1,24 per cento, ossia abbondantemente al di sopra di quello concordato con la Commissione.

Il governo ha ereditato 5 milioni di poveri i cui bisogni di sopravvivenza sono impellenti già da ieri; tra questi vi sono parte del 10 per cento dei lavoratori disoccupati, di cui un numero socialmente inaccettabile di giovani. Il reddito e la pensione di cittadinanza, nonché il pensionamento anticipato perseguono l’obiettivo di attenuare le difficoltà di questa parte della popolazione, come impongono le regole della convivenza di una nazione civile.

La situazione della crescita reale volge al peggio a causa dei mutamenti nelle condizioni del commercio internazionale da cui dipendono le sorti delle nostre esportazioni, tuttora il punto di forza della nostra economia. L’anno in corso dovrebbe registrare una crescita reale dell’1,5 per cento e le previsioni di consenso per il 2019 sono nell’ordine dell’1 per cento. Se non si vuole un peggioramento dell’economia e un aumento delle condizioni di povertà e di disoccupazione occorre attivare nuovi interventi di politica fiscale.

L’ideale sarebbe quello di attivare massicci investimenti, nell’ordine dei risparmi in eccesso degli italiani, pari a circa 50 miliardi di euro, presenti da alcuni anni nella nostra economia. Occorre riavviare il secondo motore della nostra economia, quello delle costruzioni, il cui spegnimento ha largamente contribuito alla crisi. Le condizioni di realizzazione di questi investimenti sono state trascurate, ponendo vincoli interni ed esterni alla loro realizzazione. È ragionevole pensare che nel solo 2019 si possa raggiungere un aumento degli investimenti nell’ordine di almeno l’1 per cento di Pil, di cui la metà su iniziativa dei grossi centri produttivi di diritto privato dove lo Stato ha importanti partecipazioni. Se così fosse, l’incidenza sul disavanzo sarebbe nell’ordine di 0,5 per cento, senza tenere conto del gettito fiscale che questa nuova spesa garantirebbe. A tal fine, oltre ai provvedimenti già indicati nella Nota di aggiornamento (rafforzamento delle capacità tecniche delle amministrazioni centrali e locali, maggiore efficienza dei processi decisionali a tutti i livelli della pubblica amministrazione, modifiche al Codice degli appalti e standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato), opererà costantemente una Cabina di regia a Palazzo Chigi per intervenire sui punti di blocco o di ritardo.

L’attuazione di questi stimoli alla domanda aggregata, tenuto conto dei moltiplicatori della spesa, può portare a una crescita nel 2019 di circa il 2 per cento e crescere ancora di mezzo punto percentuale all’anno, raggiungendo quella soglia minima del 3 per cento necessario per guardare al futuro dell’occupazione e della stabilità finanziaria del Paese che una crescita intorno all’1 per cento annuo non garantirebbe.

Se la sostenibilità del debito pubblico italiano viene giudicata sulla base del rapporto tra debito pubblico e Pil, va constatato che esso si ridurrà nel corso dell’intero triennio, dato che la crescita del Pil nominale resterà in modo permanente al di sopra del 2,4 per cento del deficit di bilancio. Ciò vale nella peggiore delle ipotesi, quella di una mancata crescita, ma ancor più in quella di un successo della combinazione di spesa come quella indicata nella Nota di aggiornamento.

Poiché il governo è composto da persone che capiscono i rischi finanziari, ma anche avvertono i gravi pericoli dovuti a un peggioramento della crescita, l’attuazione del programma di governo sarà oggetto di un costante monitoraggio per verificare se gli andamenti dell’economia e della finanza restano coerenti con gli strumenti attivati; tutto ciò a cominciare dal 31 dicembre 2018, ancor prima dell’avvio del programma. Sono certo che il mercato valuterà in positivo le scelte fatte riconoscendo al governo il beneficio della razionalità che alimenta la speranza del mantenimento di una stabilità politica non meno preziosa della stabilità di bilancio.

* ministro per gli Affari europei

Gli alti burocrati al servizio del regime? Fregati e resi senza potere alcuno: così li hanno stoppati dalle funzioni più delicate




Il ministro dell’Economia Giovanni Tria sempre più isolato, il Ministero del Tesoro sempre più svuotato. Dopo il durissimo confronto di giovedì sera sul Def con deficit al 2,4%, con il titolare di via



 XX Settembre a un passo dalle dimissioni, secondo Repubblica arriva ora il nuovo colpo mortale alla credibilità dello stesso Tria è la decisione, annunciata dal suo viceministro Laura Castelli, grillina e “randello di Luigi Di Maio nel Mef”, di “spostare la cabina di regia della spesa a Palazzo Chigi per dare più forza agli investimenti”. Uno scippo bello e buono, insomma, un commissariamento di Tria ad opera di Di Maio e Matteo Salvini, vicepremier, e in seconda battuta del premier Giuseppe Conte, sempre molto defilato e poco incisivo sulla questiona manovra, anche nella sua “evanescente” intervistona al Corriere della Sera.

Lo spostamento della cabina di regia è da inquadrare anche nei “trabocchetti” e nella scarsa fiducia nei tecnici del Tesoro denunciati anche in tv da Di Maio. “Il Ragioniere generale, Daniele Franco, l’ho visto una volta sola e non posso dire se mi fido o non mi fido – ha detto il leader grillino a Maria Latella, in un’intervista su Sky Tg24 – ma all’Economia ho trovato trabocchetti e insidie di funzionari che invece di fare il loro dovere fanno gli interessi dei vecchi partiti”. Ovviamente, la partita sulle voci di spesa è di primaria importanza soprattutto per i grillini. Di Maio conta di diventare di fatto il referente per tutte le decisioni sugli investimenti dei ministeri.

venerdì 28 settembre 2018

Altra vittoria del Governo (e degli italiani). Mattarella firma il Decreto Genova




Il testo, approvato il 13 settembre dal Consiglio dei ministri e giunto ieri al Colle, prevede tra le misure più importanti che la ricostruzione del Ponte Morandi  non sarà affidata ad Autostrade, ma a “uno o più operatori” su indicazioni del commissario straordinario


Incredibile, Unicef rinuncia a denunciare il cognato di Renzi sulla sparizione dei 6,6 milioni di euro destinati all'Africa




I fratelli Conticini sono accusati di aver utilizzato a fini personali parte dei fondi versati alla loro Play Therapy Africa dalle associazioni umanitarie. Si tratta di 6,6 milioni. L'annuncio dell'organizzazione farà piacere agli indagati perché grazie alla riforma che porta il nome dell'ex ministro della giustizia, Andrea Orlando, se la parte lesa non sporge formale denuncia l'intera inchiesta può concludersi con un nulla di fatto


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Crollo Ponte di genova, gravissima denuncia di Toninelli: "Guardate cosa abbiamo scoperto!"


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“Sono giornate molto impegnative: l’impegno principale è far sì che a Genova venga ricostruito il ponte più velocemente possibile e meglio che si possa.”

Così Danilo Toninelli in un post pubblicato sul blog delle stelle.

“Oggi voglio fare una chiacchierata con voi – afferma – in merito alla relazione conclusiva della Commissione ispettiva, che abbiamo creato al Mit tre ore dopo il tragico crollo del Ponte Morandi a Genova.

“I tecnici della Commissione ispettiva, – continua – nella loro relazione, scrivono, cito testuale: ‘Non si può non rilevare che, nonostante la vetustità dell’opera e l’accertato stato di degrado, i costi degli interventi strutturali fatti negli ultimi 24 anni (circa 23.000 euro/anno)’ cioè briciole ‘tutti concentrati negli ultimi 12 anni, siano del tutto trascurabili’.

E ancora: “la spesa per gli interventi strutturali, quindi che riguardano la sicurezza, è di 440mila euro, dal 2005 ad oggi, e quella per interventi non strutturali, quindi migliorie, dal 2005 ad oggi è di 8,713 milioni di euro. Penso che i numeri facciano ben capire dove hanno investito di più.”

“Vado a citarvi – scrive Toninelli – quest’altro passaggio sconvolgente: ‘La procedura di controllo della sicurezza strutturale delle opere d’arte’ ovvero quei grandi progetti come il ponte ‘documentata da Aspi, basata sulle ispezioni, è stata in passato, ed è tuttora inadatta al fine di prevenire i crolli e del tutto insufficiente per la stima della sicurezza nei confronti del collasso. Tale procedura era applicata al viadotto Polcevera ed è’, badate bene a questo passaggio, ‘ancora applicata all’intera rete di opere d’arte di Aspi’, che gestisce circa 3mila Km di autostrade, una buona parte dell’intera rete italiana.”

“Vi cito ancora dalla relazione: ‘Aspi era tenuta, entro marzo 2013, ad effettuare le valutazioni di sicurezza del viadotto Polcevera (e di tutte le opere d’arte strategiche o rilevanti). Da questa valutazione ‘che era prevista per legge ‘se effettuata correttamente, sarebbe scaturita la (miglior possibile) stima della sicurezza strutturale rispetto al rischio crollo. Nella corrispondenza tra la Direzione vigilanza autostrade del Mit e Aspi, quest’ultima afferma, in data 23 giugno 2017, di aver effettuato tale valutazione. Nei documenti richiesti ed acquisiti da questa Commissione, tale valutazione non è, alla data di consegna della presente relazione, invece stata effettuata’ – dichiara il ministro -”

Toninelli riporta un ultimo passaggio: ‘Anche quest’ultimo evento luttuoso, che ha causato 43 vittime, non deve consumarsi senza che la Nazionale prenda coscienza del fatto che questo sistema di gestione dell’infrastruttura pubblica, sul piano tecnico gestionale, non ha funzionato ed in particolare non ha garantito la sicurezza degli utenti’.

“Dobbiamo andare avanti perché più ci attaccano e più sono convinto, e credo che lo siate anche voi, che siamo sulla strada giusta e stiamo rimettendo a posto tutto” – conclude -.

Meraviglioso, i quotidiani finanziari stranieri elogiano Di Maio e Salvini: "Hanno dato un brutto colpo all'establishment italiano"




“L’establishment italiano ha subito un brutto colpo dal duo populista Di Maio-Salvini, i quali hanno vinto la loro prima battaglia per finanziare le costose promesse fatte in campagna elettorale”.



Lo scrive John Follain in un’analisi per il quotidiano finanziario Bloomberg.

“Dopo lunghe e tese trattative che hanno messo in pericolo la posizione di ministro dell’Economia di Giovanni Tria – prosegue il giornale americano – giovedì notte i vicepremier Di Maio e Salvini hanno annunciato trionfalmente che è stata raggiunta l’intesa sul deficit al 2,4 per cento. E’ sopra la soglia del 2 per cento che è emersa come cartina al tornasole per i mercati finanziari, preoccupati del fatto che la pressione per mantenere le promesse elettorali metterebbe a rischio le finanze statali e violerebbe i limiti del bilancio dell’Unione europea”.

“Claudio Borghi, l’euroscettico Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera che l’Italia non sarà ‘ostaggio’ dei mercati,” scrive ancora Follain, il quale riporta che “i bond italiani sono crollati venerdì, con il rendimento a 10 anni in aumento di ben 21 punti base, il massimo da giugno. Erano di 19 punti base più alti, al 3,08 percento alle 21:50 a Roma. I rendimenti a due anni sono saliti di 26 punti base, all’1,02 percento”.

L’accordo sul deficit, spiega Bloomberg, “è una battuta d’arresto per Tria e il presidente Sergio Mattarella” i quali “avevano cercato di moderare gli istinti più estremi del governo, formato in giugno dalla forza antisistema M5S di Di Maio e dalla Lega anti-migranti di Salvini”.

Il quotidiano americano riporta anche il commento di Erik Jones, professore di economia politica internazionale alla Johns Hopkins University di Bologna: “Questa è una sconfitta per Tria. Il debito crescerà rispetto al PIL, e il governo subirà pressioni mentre elabora il budget”.

FORNERO, ADDIO PER SEMPRE! IL GOVERNO L’HA CANCELLATA: PENSIONI, ETA’, ASSEGNI. ECCO COSA CAMBIA





Via al reddito di cittadinanza e allo smantellamento della Fornero, entrambi nel contratto di governo. Confermata la flat tax al 15% per le piccole partite Iva, “più di un milione di lavoratori italiani”. Ma



 soprattutto la revisione della legge Fornero con la cosiddetta quota 100 tra età anagrafica e anni di contributi, che, esultaMatteo Salvini, assicura “il diritto alla pensione per almeno 400mila persone e altrettanti posti di lavoro a disposizione dei nostri giovani. Via libera anche alla pensione di cittadinanza da 780 euro. Per i truffati delle banche viene istituito un fondo con 1,5 miliardi di dotazione. Confermata la chiusura delle cartelle di Equitalia con la cosiddetta pace fiscale che dovrebbe riguardare le cartelle esattoriali e liti fiscali, anche pendenti fino al secondo grado fino a 100mila euro.

Pensione anticipata con la quota 100 – L’obiettivo è mandare in pensione almeno 400mila persone: ci vorranno 8 miliardi. Per i pensionamenti anticipati si introduce la quota 100 (somma di età anagrafica e contributiva), “con restrizioni funzionali alla sostenibilità del sistema previdenziale”. Poi ci saranno le pensioni di cittadinanza (780 euro al mese), finanziate anche con il taglio delle pensioni d’oro sopra i 4mila euro netti.

Reddito di cittadinanza – Costerà 10 miliardi. Consiste in 780 euro mensili per chi si trova sotto la soglia di povertà (secondo Luigi Di Maio si tratta di 6,5 milioni di persone), come incentivo a rientrare nel mercato del lavoro. Condizione necessaria è accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro.

Flat tax graduale – L’ introduzione della flat tax (dual tax) sarà graduale: si passerà inizialmente dalle attuali cinque aliquote a tre e quindi a due a partire dal 2021. Per oltre un milione di lavoratori italiani, ha spiegato Salvini, le tasse scenderanno al 15%. La flat tax per autonomi costerà 1,5 miliardi. La pace fiscale, la sanatoria cavallo di battaglia leghista, sarà limitata a un tetto di 100mila euro.

SAVONA, COSI’ HA FREGATO MATTARELLA! INSIEME A SALVINI E DI MAIO E’ LUI L’ARTEFICE DELLE TRATTATIVE CONTRO I POTERI FORTI ANNIDATI AL MINISTERO





Da quando è al governo, si è praticamente inabissato: poche interviste, esposizione pubblica ridotta al minimo. Ma quando scatta l’ora X, Paolo Savona c’è. Il ministro degli Affari Europei che a maggio



 Matteo Salvini voleva a tutti i costi alla guida del ministero del Tesoro, il nome sul quale Sergio Mattarella disse ‘no’ fino a mettere a rischio la nascita del governo gialloverde, è presente oggi a Palazzo Chigi nei vertici decisivi sulla manovra economica. I partiti, sia Lega che Cinquestelle, lo hanno affiancato a Giovanni Tria. Fonti di governo spiegano che è un modo per ‘tutelarsi’ con il ministro dell’Economia che tira la corda sui conti opponendo resistenza alla richiesta di alzare il deficit al 2,4 per cento del pil.

Insomma, Savona, il ministro finito nella bufera per il suo piano B sull’euro, il nome sul quale si era impuntato Salvini all’epoca delle trattative col Quirinale sul nuovo esecutivo, è rispuntato nelle ‘stanze dei bottoni’ al momento cruciale. Cioè quando si tratta di decidere quanto saranno larghe le maglie della manovra economica che Lega e Cinquestelle vorrebbero carica del reddito di cittadinanza, flat tax, pace fiscale, riforma della Fornero. Quasi un ministro-ombra insomma, esperto di economia con la mission di controbattere alle richieste di Tria. Insieme al ministro del Tesoro, Savona ha incontrato il premier Giuseppe Conte, e poi insieme hanno lasciato Palazzo Chigi dove sono entrati i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

giovedì 27 settembre 2018

Manovra, l'infinita gioia di Di Battista: "Volevamo solo aiutare i cittadini, ce l'abbiamo fatta"





Di Alessandro Di Battista



"È un giorno storico! Sarà contento Gianroberto che ha lottato come un leone fino all’ultimo per il reddito di cittadinanza. Finalmente un governo inizia una lotta senza precedenti contro la povertà. Finalmente i truffati dalle banche potranno tornare a vedere il futuro. Finalmente i pensionati minimi avranno dignità. È davvero la manovra del popolo e sono orgoglioso. Ci hanno sbeffeggiato per anni. Ci hanno trattato con supponenza, con disprezzo. Volevamo solo dare una mano agli ultimi e abbiamo dimostrato di poterlo fare. So che tanti attivisti stanno andando a Palazzo Chigi. Le persone festeggiano in piazza un decreto del governo. Davvero non si era mai visto. Un grazie speciale a Luigi, mio favoloso compagno di mille battaglie."


Manovra, Stop a grandi opere. Ci sarà un riesame per capire costi-benefici e sicurezza




Infine le grandi opere: “il governo intende sottoporre ad un riesame, attraverso un’attenta analisi costi-benefici, le grandi opere in corso (i.e. la Gronda autostradale di Genova, la Pedemontana lombarda, il terzo valico, il collegamento tra Brescia e Padova e la tratta Torino-Lione). L’analisi sarà elaborata dalla Struttura Tecnica di Missione del Mit, che svolge funzioni di alta sorveglianza, promuove le attività tecniche ed amministrative non solo per l’adeguata e sollecita progettazione e approvazione delle infrastrutture, ma anche per la vigilanza sulla realizzazione delle infrastrutture stesse”.


Manovra, il M5S festeggia sotto Palazzo Chigi. E' STORIA


L'ANNUNCIO DI DI MAIO:





BANDIERE SOTTO PALAZZO CHIGI:



Manovra, verranno risarciti i cittadini truffati dal "Salva Banche" del PD!





 Non restano esclusi i truffati delle banche, che saranno risarciti con un Fondo ad hoc di 1,5 miliardi. Per la prima volta lo Stato è dalla parte dei cittadini, per la prima volta non toglie ma dà”. “Tasse abbassate al 15% per più di un milione di italiani“, cioè le partite Iva, ha commentato invece Salvini, “diritto alla pensione per almeno 400mila persone e altrettanti posti di lavoro a disposizione dei nostri giovani superando la legge Fornero, chiusura delle cartelle di Equitalia, investimenti per scuole, strade e Comuni. Nessun aumento dell’Iva. Pienamente soddisfatto degli obiettivi raggiunti”.

Di Maio annuncia: "Oggi è un giorno storico. Reddito, aumento pensioni e superamento Legge Fornero saranno realtà"



“RAGAZZI! Oggi è un giorno storico! Oggi è cambiata l’Italia! Abbiamo portato a casa la Manovra del Popolo che per la prima volta nella storia di questo Paese cancella la povertà grazie al Reddito di Cittadinanza, per il quale ci sono 10 miliardi, e rilancia il mercato del lavoro anche attraverso la riforma dei centri per l’impiego”.



Lo scrive su Facebook Luigi Di Maio, aggiungendo che finalmente lo Stato restituisce “un futuro a 6 milioni e mezzo di persone che fino ad oggi hanno vissuto in condizione di povertà e che fino ad oggi sono stati sempre completamente ignorati”.

“Nella Manovra del Popolo – ha spiegato il vicepremier – abbiamo inserito anche la pensione di cittadinanza che restituisce dignità ai pensionati perché alza la minima a 780 euro. E con il superamento della Fornero, chi ha lavorato una vita può finalmente andare in pensione liberando posti di lavoro per i nostri giovani, non più costretti a lasciare il nostro Paese per avere un’opportunità”.

“I truffati delle banche – ha sottolineato – saranno finalmente risarciti! Abbiamo istituito un Fondo ad hoc di 1,5 miliardi”.

“Per la prima volta lo Stato è dalla parte dei cittadini. Per la prima volta non toglie, ma dà. Gli ultimi sono finalmente al primo posto perché abbiamo sacrificato i privilegi e gli interessi dei potenti. Sono felice. Insieme abbiamo dimostrato che cambiare il Paese si può e che i soldi ci sono. Tra poco in diretta su Facebook vi racconterò tutti i dettagli,” ha concluso.

Pochi minuti prima della pubblicazione del post di Di Maio è uscita autorevoli fonti di governo hanno fatto filtrare la notizia che l’accordo sul Def sarebbe stato raggiunto fissando l’asticella del rapporto deficit/Pil al 2,4%.

Ieri il vicepremier 5Stelle Luigi Di Maio durante una diretta su Facebook aveva assicurato che la prossima manovra “non sarà una legge di bilancio” ma “una manovra del popolo” con reddito di cittadinanza e stop alla legge Fornero. Misure per le quali “ci avevano detto che non c’erano i soldi, ma noi li abbiamo trovati”.

lunedì 24 settembre 2018

DecretoSalvini, Conte esulta: "Stop ad immigrazione indiscriminata e business su esseri umani"



“Non arretriamo sul piano delle garanzie ma mettiamo ordine in un sistema che ha prodotto accoglienza indiscriminata e ha assecondato questa accoglienza indiscriminata"



Non cacciamo tutti e non riduciamo le garanzie, ma diciamo basta all'accoglienza indiscriminata. In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte non nasconde l'entusiasmo per l'approvazione, all'unanimità, del "decreto Salvini». «Non arretriamo sul piano delle garanzie e dei diritti fondamentali ma mettiamo ordine in un sistema che in Italia ha prodotto accoglienza indiscriminata e ha assecondato questa accoglienza indiscriminata». Se uno esercita le sue prerogative politiche su immigrazione e sicurezza deve conformare il quadro normativo a quelle prerogative".

Più efficace il sistema dei rimpatri
Nessuna caccia allo straniero, dunque, solo certezza e regole. "Noi non cacciamo nessuno dall’oggi al domani, ovviamente però rendiamo più efficace il sistema dei rimpatri perché se poi tutto rimane sulla carta delle norme e non riusciamo ad essere conseguenti in termini di rimpatri, avremo ancora una volta un sistema che crea discrasia tra quello tra i principi e la realtà, e l’esperienza insegna che se non governiamo la realtà finiamo per esserne sopraffatti». Questo principio - assicura il presidente del Consiglio - vale per tutta la politica sull’immigrazione, anche nel quadro normativo che adesso sottoponiamo al Parlamento: "E' un sistema che non scardina affatto il quadro degli impegni internazionali e delle tutele dei diritti fondamentali».

Protezione marginale e eccezionale
Il tutto nasce da uno studio sul piano applicativo del sistema delle garanzie attuate da noi e altrove. Per esempio, spiega, "abbiamo scoperto che solo Slovacchia e Italia riconoscono la protezione umanitaria, cosa che non smantelliamo ma andiamo sui casi specifici, rileviamo che la protezione umanitaria è arrivata al 25-26% avendo studiato quei casi». Dunque, "piuttosto che dire continuiamo come abbiamo fatto fino a ieri, diciamo che vogliamo verificare le formule di protezione che devono essere marginali e eccezionali. Questo sistema va regolamentato meglio perché si è prestato ad abusi e usi strumentali».

Il M5S in Europa inizia la battaglia: Taglio degli stipendi e stop a fondi per i partiti




Il M5S propone un taglio ai costi della politica e delle amministrazioni europee: così si legge in un articolo pubblicato dall’Europatoday rilanciato sul blogdellestelle.



Secondo i pentastellati si recupererebbero 336,6 milioni con tagli agli stipendi, spese di viaggio e indennità di eurodeputati, con azzeramento dei fondi per i partiti e le fondazioni europei, ricalcolo delle pensioni dei politici, rinegoziazione degli affitti e riduzione delle missioni e delle spese per il parco auto del Parlamento.

Altri 303 milioni potrebbero essere risparmiati con tagli a stipendi e indennità transitorie dei commissari Ue, con la rinegoziazione degli affitti dei vari uffici amministrativi, e questo vale per la Commissione ma anche per le altre istituzioni europee. Infine, il movimento propone anche una riduzione dello stipendio del presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk.

Le risorse individuate dalla spending review, secondo il M5S, potrebbero restare nelle casse di Bruxelles, purché, dicono, siano utilizzate per “ad alto ritorno ambientale e sociale”.

“Prima di chiedere rigore di bilancio all’Italia, la Commissione europea faccia spending review in casa propria – dichiara Marco Valli, eurodeputato dei 5 stelle – Nel bilancio Ue 2019 abbiamo trovato sprechi, privilegi e spese amministrative eccessive per quasi 900 milioni di euro che possono essere tagliati.”

“Vogliamo, continua Valli, “più risorse per le Pmi, la cultura e il fondo di prevenzione delle catastrofi naturali”, ma anche e soprattutto 600 milioni da destinare al Fondo sociale europeo.

PANICO NEL PD! LA PAGLIACCIATA CONTRO IL GOVERNO DEL 30 SETTEMBRE? LO HANNO CAPITO, SARA’ UN FLOP CLAMOROSO



Sarà l’angoscia provocata dai numeri impietosi dei sondaggi sul Partito democratico, sarà che ormai nei circoli non sono rimasti neanche gli anziani a giocare a briscola, sta di fatto che tra gli organizzatori della manifestazione di domenica 30 settembre a Roma il panico regna sovrano.



A guardare la supermedia di Youtrend, che mette insieme le rilevazioni dei vari istituti, il Pd si piazza a un misero 16,4%. Nonostante però il baratro del 15% è lì a un passo, tra i dem continuano a volare stracci per l’organizzazione del prossimo congresso, sulla scelta del prossimo segretario e, perché no, sull’ipotesi di spaccare il partito tornando alle origini con la Margherita da una parte, strada sognata dai renziani, e quel che resta dei Democratici di sinistra dall’altra.

Intanto c’è una prova di forza da organizzare, una manifestazione con partecipazione bassa sarebbe l’ennesimo boomerang che per il Pd significherebbe l’umiliazione definitiva. Per questo negli ultimi giorni è partita una sorta di auto convincimento che si possano fare numeri altissimi, al punto da lanciare prenotazioni di pullman e imbarcare chiunque abbia voglia di farsi una gita a Roma. L’obiettivo è puntare ad almeno 50 mila persone in piazza del Popolo. Sarà dura, durissima.

RICOSTRUIRE IL PONTE? UNA LEGGE FOLLE DELL'UE STA BLOCCANDO IL DECRETO. MA IL GOVERNO VA AVANTI COME UN TRENO






NON TORNANO I PONTI – IL DECRETO GENOVA È ANCORA IMPANTANATO NEI MINISTERI. IL GOVERNO VUOLE SFIDARE L’EUROPA: SE SI SEGUONO LE REGOLE



 DELLE GARE EUROPEE, I LAVORI PER IL NUOVO VIADOTTO NON INIZIEREBBERO PRIMA DI TRE ANNI, SE INVECE SI VA IN DEROGA L’ASSEGNAZIONE POTREBBE CONFIGURARSI COME AIUTO DI STATO – IL SOTTOSEGRETARIO RIXI: “SIAMO PRONTI AD ANDARE INCONTRO A UNA PROCEDURA DI INFRAZIONE”

Federico Capurso per “la Stampa”

Il governo è pronto a sfidare l’ Europa e ad andare incontro a una procedura di infrazione, pur di affrettare i tempi della ricostruzione del ponte di Genova. «Non si può perdere altro tempo dietro al decreto emergenze», è il pungolo che Giancarlo Giorgetti, l’ anima leghista di Palazzo Chigi, agita contro i partner del Movimento 5 stelle, «dobbiamo dare una risposta a Genova».

Troppi giorni passati a limare il testo parola per parola, troppe discussioni, troppe incertezze. La Lega sta vivendo con una certa insofferenza la gestione grillina della vicenda. Oggi il decreto «dovrebbe arrivare al Quirinale per le valutazioni del presidente Mattarella, così eravamo rimasti d’ accordo», dice il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi. Eppure, anche questa certezza vacilla nella confusione che ormai regna sovrana.

Dal ministero delle Infrastrutture sostengono che il decreto sia «arrivato a Palazzo Chigi». Da Palazzo Chigi invece negano: è ancora impantanato negli uffici del ministero dell’ Economia e difficilmente riuscirà ad arrivare oggi sulla scrivania del Capo dello Stato.

Nei corridoi di via XX settembre, invece, regna un domenicale silenzio. Non un lubrificante per gli attriti con la Lega; di certo un nuovo motivo di imbarazzo per Luigi Di Maio, che oggi dovrà andare proprio a Genova, per un incontro con i lavoratori e i sindacati dell’ Ilva di Cornigliano, ma a mani vuote.

E sempre a Genova – quasi per un accanimento del destino – arriverà nelle stesse ore anche il presidente Mattarella in visita al salone nautico, che aveva posto l’ accento sulla necessità di dare risposte ai genovesi in tempi rapidi.

I problemi con gli alleati vengono però archiviati da Matteo Salvini, almeno in pubblico, almeno per oggi: «Se uno si prende tre o quattro giorni in più per scegliere bene le persone, non è un problema», dice ospite di Non è l’ Arena.

Ma ha tutta l’ aria di essere una questione di pura opportunità politica; i suoi due decreti su «sicurezza» e «immigrazione» sono attesi in Consiglio dei ministri ed è dunque preferibile spegnere le tensioni con gli alleati.

All’ ombra dei palazzi di Roma, invece, gli sbuffi e i sospiri delle truppe leghiste si avvertono nitidamente. Il primo errore imputato ai Cinque stelle è quello di aver voluto inserire nel decreto troppe questioni che poco hanno a che vedere con il crollo di ponte Morandi, come ha detto ieri a La Stampa Giorgetti.

«E poi si potevano scorporare le cose», sostiene Rixi, «lasciando procedere con più rapidità il dossier per Genova e facendo procedere il testo per le altre emergenze su un differente binario. Io preferirei fare le cose e farle in fretta».

Il primo obiettivo centrato dalla Lega, nonostante le iniziali resistenze del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, è quello di attribuire al commissario per la ricostruzione il potere di assegnare un appalto a un’ impresa senza passare da un bando pubblico. Per eliminare Autostrade dalla partita – volontà ribadita ieri dal ministro Riccardo Fraccaro – nonostante la concessione non sia ancora decaduta.

«Ma anche perché se così non fosse, dovremmo indire una gara europea per la quale sono necessari almeno diciotto mesi – spiega Rixi -. E seguendo la procedura, i lavori per il ponte non inizierebbero prima di tre anni». Il problema, però, è che se Bruxelles non accetterà di andare in deroga alle procedure, l’ assegnazione diretta di un appalto potrebbe configurarsi come aiuto di Stato alle imprese.

«In questo caso, saremmo pronti ad andare incontro a una procedura di infrazione», avverte il sottosegretario leghista alle Infrastrutture. Il rischio, però, va scongiurato. E così forse si spiega l’ attenzione – che i leghisti definiscono «spasmodica» – per ogni termine utilizzato nel decreto. Nel Carroccio avrebbero preferito rimandare il lavoro di cesello sul testo al momento della discussione parlamentare.

Invece si è andati nella direzione opposta, arrivando a circa quaranta articoli, e con la necessità di sedare continue liti tra gli uffici legislativi del ministero delle Infrastrutture, quello dell’ Economia e di Palazzo Chigi. Il problema è che di precedenti giuridici, per il crollo di un ponte di questa portata, non esistono. E la paura, sempre più vivida tra le truppe leghiste, è che si possa replicare un altro «caso Expo, con decreti su decreti».

La macchina messa in moto dai Cinque stelle sembra dunque andare avanti a singhiozzo.

E l’ indagine in corso da parte della procura, con il sequestro dell’ area e l’ impossibilità di spostare anche solo una pietra del ponte, non aiuta a sedare il pressing della Lega che invece vuole correre, per dare risposte a una delle più importanti città espugnate alla sinistra. Ed erodere altro consenso, magari, agli alleati grillini.

UE, il Ministro Savona lancia un messaggio agli italiani: "Uscita? Bisogna sempre essere preparati a tutto"




Il governo italiano “ha ereditato dal passato un quadro di una certa pesantezza. Oggi la frattura con l’Europa non c’è e spero non ci sia mai, ma i rischi di una frattura ci sono.”



Così il ministro agli Affari Europei, Paolo Savona, a “In mezz’ora in più”, la trasmissione condotta da Lucia Annunziata su Rai 3.

“Spero che l’Europa abbia un guizzo di vitalità – ha continuato Savona – e mandi all’Italia un messaggio che non è guardiano della stabilità, ma dello sviluppo nella stabilità. I due elementi devono camminare insieme, altrimenti il sistema comincia a degradare. Se in questo momento l’Italia ottemperasse agli accordi presi dai precedenti governi di rispettare 0.8% del Pil, noi avremmo una caduta del reddito che pare nell’ordine di mezzo punto, questa non può essere accettata. Ma non dall’Italia, non dovrebbe essere accettata dall’Europa.”

In riferimento al fatto che l’Italia viva al di sotto delle sue risorse, ha dichiarato: “Da tempo vedo che la bilancia dei pagamenti italiani presenta un avanzo di 57,3 di miliardi di dollari, ovvero di 50 miliardi di euro. Il che significa che l’Italia ha un eccesso di risparmio e vive al di sotto delle proprie risorse di 50 miliardi, che sono 3 punti e mezzo il Pil. I 50 miliardi ci sono ma non vengono investiti in Italia ma all’estero.”

Il ministro ha smentito i presunti attriti tra tecnici e politici, affermando che: “Nel gruppo di lavoro che si dedica alla manovra c’è armonia, all’interno c’è un serio dibattito dove non c’è alcun conflitto tra tecnici e politici.”

Savona ha concluso confermando che il piano per l’Europa è arrivato sul tavolo di Bruxelles e relativamente ad un’eventuale uscita dall’Euro, ha detto: “non spetta ai tecnici decidere cosa fare ma alla politica, sarà il Parlamento a decidere cosa fare. Ma un gruppo dirigente serio deve essere preparato a ogni evenienza.”

Il giornalista Franco Bechis sta con Casalino e aggiunge: "L'ipocrisia dei politici mi fa ribollire il sangue!"





“Quando ieri ho letto l’indignazione generale sulle bocche dei politici per quel che avrebbe fatto Casalino, onestamente mi ribolliva il sangue per tanta ipocrisia”.



Lo scrive Franco Bechis in un editoriale per Il Corriere dell’Umbria, quotidiano da lui diretto.

Il giornalista, dopo aver premesso che non ha un buon rapporto con il portavoce del premier, spiega “che l’episodio che tanto scandalo ha dato non è l’eccezione, ma la regola nella comunicazione di questi anni” e afferma di non conoscere “una sola verginella che possa scandalizzarsi per una vicenda come questa”.

Quanto al contenuto dell’audio, Bechis osserva che non c’è nulla da scandalizzarsi:

“Credo che il problema principale di chi ha governato negli ultimi 20-25 anni è che non ha mai avuto in mano le leve di governo, perché restavano saldamente in altre mani che le stringevano nell’ombra: quelle di quegli alti dirigenti dei ministeri (e il Tesoro è il caso più clamoroso) che comandano sempre qualsiasi governo e programma ci sia”.

Leggi l’editoriale di Franco Bechis sul Corriere dell’Umbria…

Di seguito la trascrizione integrale dell’audio di Casalino:

“Domani se vuoi uscire con una cosa che può essere simpatica, la metti che nel M5s comunque è pronta una mega vendetta. Lo metti come fonte parlamentare, però. C’è chi giura che se all’ultimo non dovessero saltare fuori i soldi per il reddito di cittadinanza, tutto il 2019 sarà dedicato a fare fuori una marea di gente del Mef. Non ce ne fregherà veramente niente, sarà un a cosa veramente ai coltelli, proprio. Nel senso che ormai abbiamo capito che Tria c’entra il giusto, c’entra relativamente. Il vero problema è che al ministero dell’Economia ci sono delle persone che stanno lì da anni se non da decenni e che hanno in mano tutto, tutto il meccanismo e proteggono il solito sistema e quindi non ti fanno capire tutte le voci di bilancio nel dettaglio in modo che si possa tagliare. Perché non è accettabile che non si trovino 10 miliardi del c..zo, perché non è che si sta parlando di 200 miliardi, ma di 10! Una manovra di 20-30 miliardi la fanno tutti i governi, non è niente di straordinario. Il fatto che c’è questa resistenza, fa capire che c’è qualcosa che non va. E quindi noi crediamo che tutto andrà liscio. Ma se per caso all’ultimo dovesse venire fuori ‘Ah, i soldi non li abbiamo trovati’… nel 2019 ci concentreremo soltanto a fare fuori tutti questi pezzi di m..da del MEF”.

I LADRONI ITALIANI LATITANTI IMPUNITI A DUBAI? ECCO IL POLITICO CHE LI PROTEGGEVA: NICO D'ASCOLA DEL PD







In Parlamento la ratifica del trattato tra l’Italia e gli Emirati Arabi, che avrebbe favorito l’estradizione dei latitanti come Amedeo Matacena, sarebbe stata bloccata “da un avvocato di Reggio Calabria che è anche senatore. D’Ascola”.



di Lucio Musolino per Il Fatto quotidiano

“Senta, voi però questo non lo dovette mettere”. Definito il principe dei faccendieri, già condannato a 10 anni di carcere per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna e ad altri tre per il crac dell’Ambrosiano, Franco Pazienza ci prova e chiede agli investigatori che una parte del suo interrogatorio non venga trascritto.

Naturalmente, Pazienza parla e gli uomini della Dia registrano. Le dichiarazioni dell’ex agente del Sismi, al centro delle più intricate trame italiane, finiscono così nel processo “Breakfast” dove, a Reggio, è imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola accusato di aver favorito l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena nel tentativo di trasferirsi da Dubai in Libano.

Pazienza sarà sentito come testimone dal Tribunale di Reggio Calabria dove il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha depositato una memoria. Il teste dovrà spiegare in aula i rapporti tra la cosca Araniti e l’ex segretario della Dc Pino Pizza organizzatore delle cene romane alle quali partecipava anche Marcello Dell’Utri. Ma non solo. Dovrà riferire pure sulle confidenze di Stefania Franchini, un avvocato italiano che vive da 27 anni in Libano, in merito “all’intervento del senatore Nico D’Ascola – scrive il pm – per non fare concretizzare la firma sul trattato d’estradizione tra gli Emirati e l’Italia”.

Davanti agli inquirenti, Pazienza elogia l’avvocato Franchini: “È lei che ha preparato il trattato di estradizione”. Gli investigatori cercano di capire qualcosa in più sul trattato che “l’Italia non vuole ratificare”. Ed è a questo punto che Pazienza sbotta (“Però va raccontata tutta la storia…”) e mette in fila i ricordi delle sue chiacchierate con la professionista. Chi ha spinto per non ratificare il trattato? “Un avvocato di Reggio Calabria – è la sua risposta – che è anche senatore adesso non mi ricordo il nome… è presidente della Commissione giustizia del Senato. Io le sto dicendo quello che m’ha detto l’avvocatessa Franchini. M’ha detto: ‘È lui che ha bloccato la ratifica da parte dell’Italia perché giù (in Libano, ndr) l’hanno firmata’”. Qualche minuto e Pazienza ricorda il nome del parlamentare: “D’Ascola”. È Nico D’Ascola, già presidente della commissione Giustizia del Senato nella passata legislatura, ex avvocato di Berlusconi poi transitato nel Nuovo centrodestra di Alfano e, alle ultime Politiche, candidato non eletto nella coalizione del Pd.

Accuse fondate o illazioni di chi pesca nel torbido? D’Ascola ha preferito non commentare anche perché, fino al 2014, l’ex parlamentare è stato il difensore di Scajola e ha rinunciato alla nomina dopo le polemiche sorte quando era relatore del ddl anticorruzione.

Non ratificando il trattato con gli Emirati, il Parlamento ha di fatto garantito la latitanza a Dubai di Matacena condannato in via definitiva per concorso esterno con la ‘ndrangheta, ma anche del cognato di Gianfranco Fini,Giancarlo Tulliani e di camorristi vari. La nuova Camera ha già ratificato il trattato, al Senato Davide Mattiello del Pd e Mario Michele Giarrusso del M5S chiedono alla presidente Maria Elisabetta Casellati di calendarizzare quanto prima il provvedimento.

Quanto riferito da Pazienza è stato definito da D’Ascola, in una nota diffusa dall’agenzia Ansa, come “radicalmente falso“. “Tutto quanto viene riferito su
questa vicenda è falso. Direi che lo è anche ‘quantitativamente’ perché non vi è un solo grammo di verità in tutto ciò che è stato riportato”. dice l’ex senatore.

domenica 23 settembre 2018

"Fuori dalle balle"! Il Ministro Bonafede caccia la parassita del PD Finocchiaro. Ecco cosa sta succedendo



Il disegno di legge Anticorruzione su cui lui e il Movimento puntano forte è ormai pronto. E nel testo, che in settimana arriverà in Consiglio dei ministri, il Guardasigilli a 5Stelle ha inserito anche una nuova norma che vale come un segnale, politico e simbolico. Ossia il ripristino della procedibilità



 d’ufficio per il reato di appropriazione indebita, cancellata al suo ultimo respiro dal governo Gentiloni. Ma nell’attesa il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha già detto due no, indiretti ma rumorosi, a due ex esponenti del Pd, Anna Finocchiaro e Felice Casson (poi passato ad Articolo Uno). Con l’ex capogruppo dem che non potrà lavorare al ministero, ma dovrà accettare una sede dove tornare a fare il magistrato. Mentre Casson non otterrà il posto di magistrato di collegamento a Parigi.

Così ha deciso il dimaiano Bonafede, uno dei maggiorenti del M5S, in questi giorni concentrato sugli ultimi ritocchi al ddl Anticorruzione. Nel quale ci sarà anche la procedibilità d’ufficio per l’appropriazione indebita (quasi) abolita dal governo Gentiloni, con un decreto legislativo deliberato dal Consiglio dei ministri il 21 marzo, due giorni prima che si insediasse il nuovo Parlamento, e poi varato il 10 aprile.

E fu un’ottima notizia per i due fratelli del cognato di Matteo Renzi, Andrea Conticini, indagati proprio per quel reato con l’accusa di aver destinato a conti bancari a loro riconducibili soldi ricevuti ufficialmente per fare beneficenza ai bambini africani. E secondo la Procura di Firenze si parla di tanto denaro, circa 6,6 milioni di dollari. Ma a oggi Luca e Alessandro Conticini non sono perseguibili, senza la querela delle associazioni che versarono il denaro alla loro società, la Play Therapy Africa. Perché il precedente governo guidato dal renziano Gentiloni ha reso il reato procedibile solo su querela di parte, tranne che per pochi casi. E così la Procura toscana ha scritto all’Unicef e ad altre associazioni umanitarie statunitensi e australiane, chiedendo loro di denunciare i Conticini. L’unica via per contestare ai due quel crimine che commette “chiunque che per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso”. Un’accusa che si associa a quella di riciclaggio, per cui è indagato anche il cognato dell’ex premier, Andrea. Dal governo gialloverde, ovviamente, hanno seguito la vicenda. E l’ha seguita anche Bonafede, che ha deciso di intervenire. Così riecco la procedibilità d’ufficio, che non varrà per i Conticini (si applica sempre la norma più favorevole all’indagato). Ma il segnale arriverà ugualmente, con una nuova formulazione dell’articolo 649 bis del codice penale: “Si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti a effetto speciale, ovvero se la persona offesa è incapace per età o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa è di rilevante gravità”.

Un’innovazione necessaria anche per combattere la corruzione, sostengono i tecnici del ministero nella relazione sulla norma. Perché “sebbene non si tratti di un delitto contro la Pubblica amministrazione, il reato di appropriazione indebita è strumento che consente comunemente (come il reato di falso in bilancio o i reati tributari) di formare provviste illecite utilizzabili per il pagamento del prezzo della corruzione”. Ma non solo. C’è anche l’esigenza, scrivono sempre i tecnici, di “prevenire censure di incostituzionalità, prospettabili sotto il profilo dell’eccesso di delega, delle norme introdotte in materia con il decreto legislativo 36 del 10 aprile 2018”. Ossia quello voluto da Gentiloni.

Ma in questi giorni, il Guardasigilli ha fatto anche altre scelte, pesanti. Perché Bonafede ha scritto al Csm, spiegando che non intende utilizzare a Via Arenula l’ex ministra Finocchiaro, magistrato in aspettativa. Era stato il precedente ministro della Giustizia Andrea Orlando, il 18 aprile scorso, a chiedere al Csm di destinarla al Dipartimento per gli Affari di giustizia con funzioni amministrative, e l’ente di autogoverno dei giudici aveva approvato la richiesta. Però ora è arrivato il muro del nuovo ministro. E il Csm dovrò trovare una sede dove Finocchiaro torni a fare il magistrato. Ma Bonafede ha respinto anche un’altra richiesta arrivatagli direttamente da Orlando, ossia quella di nominare l’ex senatore e pm, Felice Casson, come magistrato di collegamento a Parigi. In via Arenula si dicono convinti che non serva coprire quel ruolo. E hanno calato un altro no.

Un muro che vale anche come risposta alla decisione di Orlando di nominare in aprile alla direzione degli Affari penali Donatella Donati, già capo segretaria del suo sottosegretario Gennaro Migliore. Nel ruolo che fu di Giovanni Falcone, Bonafede avrebbe voluto il procuratore di Palermo Nino Di Matteo. Ma la nomina di Donati con contratto triennale, a elezioni già avvenute, ha cancellato i suoi piani. E a distanza di mesi, il ministro a 5Stelle ha presentato il conto.

Sallusti offende 11 milioni di italiani dichiarandoli "mafiosi". Lui, servo di chi ha pagato Cosa Nostra!




Il M5S deplora quanto scritto dal direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti nel suo editoriale di oggi in cui paragona il movimento guidato da Luigi Di Maio alla mafia e la loro battaglia per far rispettare il contratto di governo alla stregua della “trattativa”.



“Proprio lui – scrivono i 5Stelle in un post sul proprio blog ufficiale – che aveva definito il condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, nonché rinviato a giudizio nel processo sulla trattativa Stato Mafia, Dell’Utri ‘un galantuomo'”.

“Sallusti – prosegue il post – offende la memoria di Falcone e Borsellino e contemporaneamente 11 milioni di italiani a cui da dei mafiosi. Paragonare una forza politica votata dal 32% dei cittadini alla mafia non è giornalismo, non è nemmeno solo bieca propaganda. È uno schifo indegno. Vuol dire non sapere nulla di cosa sia la mafia e i morti e il dolore che ha provocato e continua a provocare. E vuol dire non avere la benché minima cultura politica”.

I 5 Stelle hanno criticato anche “i principali giornali della propaganda del partito del nazareno, La Repubblica per il Pd e Il Giornale per Forza Italia” che “oggi difendono a spada tratta quei burocrati servitori dei partiti piazzati in alcuni dei gangli fondamentali dello Stato e che ogni giorno ostacolano il Governo del Cambiamento e la realizzazione del Contratto di Governo. Un governo che è sostenuto da circa due terzi degli italiani, un sostegno popolare che non ha eguali in nessun altro Paese d’Europa”.

“In spregio della democrazia – continuano – questi ‘giornalisti’ sostengono che non è il popolo a dover decidere dove mettere i soldi (meno tasse, no tagli alla sanità, no aumento iva, pensione di cittadina, superamento della Fornero, reddito di cittadinanza, ecc.) tramite il governo democraticamente legittimato, ma i partiti che stanno all’opposizione tramite burocrati che sono stati piazzati lì per appartenenza e non per merito”.

“La stampa controllata dai partiti – concludono i pentastellati – è un serio problema perché inquina in maniera deleteria tutto il dibattito pubblico conducendo ad abomini di questo tipo. La nostra legge sull’editoria, che elimina i finanziamenti pubblici diretti e indiretti e che incentiva editori puri che abbiano il solo scopo di informare i cittadini, è l’unico modo per garantire ai cittadini un servizio di informazione degno di questo nome.”

“SE POVERI VIA DAL NOSTRO PAESE” COSI’ LA MERKEL CACCIA GLI ITALIANI, DOVE SONO SAVIANO E LE MAGLIETTE ROSSE?




«Lei per la mancanza di mezzi di sussistenza perde il diritto alla libertà di circolazione ed è a rischio di abschiebung»: ovvero espulsione, rimpatrio coatto.



Nella Germania di Angela Merkel, paladina in Europa dell’accoglienza e dell’integrazione, girano circolari di ben altro tono. E i destinatari non sono i profughi delle guerre africane ma cittadini italiani, ovvero europei. Nelle lettere ufficiali recapitate nelle scorse settimane si ricorda che i cittadini comunitari «hanno libertà di soggiorno nel territorio federale se dispongono di a protezione sanitaria e di mezzi di sussistenza sufficienti». I destinatari, essendone sfortunatamente privi, sono pregati di trovarsi in fretta un lavoro, oppure fare le valigie e tornare in Italia. Tempo, quindici giorni. Altrimenti si procederà all’abschiebung.

L’ondata di circolari minatorie sta mettendo a rumore il mondo degli italiani di stanza in Rft: soprattutto i più giovani, la generazione attirata dal mito della piena occupazione e del sistema di welfare della locomotiva d’Europa. Un ampio servizio di Cosmo, la trasmissione in italiano di Radio Colonia, pochi giorni fa ha dato conto dell’inquietudine che serpeggia all’interno della comunità tricolore, intervistando i rappresentanti dei patronati sindacali alle prese con la nuova emergenza, sulla cui legittimità vengono avanzate robuste perplessità: perché se da un lato l’iniziativa è basata su una legge tedesca dell’anno scorso, dall’altro sembra muoversi in piena rotta di collisione con le convenzioni dell’Unione europea.

Esiste, e i commenti sul sito di Cosmo ne danno ampiamente conto, anche l’altra faccia del problema: l’abuso che del sistema assistenziale tedesco verrebbe fatto da numerosi nostri connazionali, e che viene severamente criticato da altri italiani: «Finalmente tutti a casa, c’è gente che lavora in nero e prende aiuti dallo Stato». Ma l’iniziativa – assunta dai Centri per l’impiego e dagli Uffici stranieri in diversi lander, ma verosimilmente ben conosciuta anche dal governo federale – non si limita a annunciare il diniego dei sussidi ma parla esplicitamente di espulsione coatta, in barba al principio di libera circolazione dei cittadini europei. Ed è questo a suscitare l’incredulità e le proteste di chi ha ricevuto la lettera.

La radio ha raccolto testimonianze di giovani italiane che hanno ricevuto l’ultimatum nonostante avessero appena partorito o fossero in stato di avanzata gravidanza: «Mi hanno comunicato che avevo quindici giorni di tempo, visto che non potevo provvedere a me stessa, per trovare un lavoro: altrimenti mi avrebbero rimpatriato e mi avrebbero pure pagato il viaggio a me e alle bambine se non potevo permettermelo».

Secondo Cosmo, «le minacce di espatrio non risparmiano nessuno» hanno la maggiore frequenza nel Nord Reno-Westfalia, ma coinvolgono praticamente tutti i lander. «La cosa grave è che il caso non viene analizzato singolarmente, tutti ricevono queste lettere e non c’è scampo» dichiara alla radio Luciana Martena, responsabile di un patronato di Dusseldorf.

La legge del 2017 ha alzato da tre mesi a cinque anni la permanenza in Germania per accedere ai sussidi, ma che questo potesse tradursi in espulsioni di massa non se lo aspettava nessuno. E poi, scrive l’italiano Ennio commentando il servizio, «gli arabi mantenuti dallo Stato che fanno figli per avere il kindergeld non li cacciano?»

“CI BOCCIATE IL BILANCIO? SIAMO PRONTI A TUTTO” Savona, la dichiarazione di sfida ai parrucconi di Bruxelles




Il pericolo che dalla Commissione europea arrivi una sonora bocciatura alla prossima manovra di Bilancio dell’Italia è sempre dietro l’angolo. Ipotesi alla quale il ministro degli Affari europei, Paolo Savona, non vuol farsi trovare impreparato. Ospite a In mezz’ora su Raitre da Lucia Annunziata, il ministro ha detto: “Spetterà al Parlamento decidere cosa fare ma è necessario un gruppo dirigente pronto a qualsiasi evenienza”.



Le parole di Savona rievocano lo spettro del “piano B”, quell’ipotesi mai del tutto accantonata che l’Italia possa ritrovarsi costretta a prendere le distanze dall’area euro e dalle sue restrizioni. Limiti come quelli imposti dai tecnici del ministero dell’Economia, ai quali Savona manda un messaggio chiaro: “Non spetta ai tecnici decidere cosa fare, ma alla politica. I 50 miliardi ci sono, ma non vengono investiti in Italia, per questo bisogna fare delle riforme ma se convinciamo i mercati e l’Europa ci dà una mano, riusciamo a finanziare i nostri piani con i nostri soldi”.