giovedì 31 maggio 2018
Preparata e battagliera. Ministero del Sud a Barbara Lezzi, la leonessa che in tv "stroncava" mass media e politici di professione
Ministro per il Sud in quota M5s in un dicastero che nel programma di governo iniziale del M5s non doveva neanche esistere: è della senatrice Barbara Lezzi. Pugliese, classe 1972, la senatrice si è diplomata nel 1991 all'istituto tecnico Deledda per periti aziendali di Lecce, la città in cui è nata.
Chi è
Assunta dal gennaio 1992 in un'azienda del settore commercio come impiegata di III livello, viene eletta senatrice già la scorsa legislatura dove diventa vicepresidente della Commissione bilancio e membro della Politiche europee. Battagliera si fa subito notare quando assieme ai suoi due colleghi salentini porta sullo scranno di palazzo Madama il famigerato "apriscatole" con cui Beppe Grillo intendeva "aprire il Parlamento come una scatoletta di tonna". Subito si ritaglia un ruolo di spicco tra la truppa pentastellata sbarcata in Parlamento: dopo la caduta del divieto di partecipare alle trasmissioni tv viene scelta dalla comunicazione tra i parlamentari prescelti a partecipare ai dibattiti in tv e poi inviata come prima pentastellata a partecipare al Forum Ambrosetti di Cernobbio. Conosciuta come la "pasionaria grillina" Lezzi, con un bottino di 107 mila voti, nelle ultime elezioni ha messo al tappeto due big come l'ex premier Massimo D'Alema e la sottosegretaria uscente allo Sviluppo economico Teresa Bellanova. Lezzi è stata sfiorata dal ciclone dei mancati rimborsi M5s per un bonifico di poche migliaia di euro che mancava all'appello.
Scuola pubblica e abrogazione legge 107 (Buona Scuola): Ecco chi è il ministro dell'Istruzione
All'Istruzione arriva Marco Bussetti, dopo che per giorni erano circolati altri nomi per il ministero di Viale Trastevere. Nato il 28 maggio 1962, ha un passato da insegnante di educazione fisica e da allenatore di basket, e conosce bene il mondo della 'burocrazia' scolastica.
Chi è
Attualmente, dal 2015, è responsabile dell'ambito X (Milano) dell'Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia; in precedenza, fino al 2011, era stato in servizio presso l'istituto comprensivo di Corbetta fino al 2011, per poi passare in vari uffici periferici. Come si evince dal curriculum reperibile on line sul sito del Miur, ha conseguito con 110 e lode la laurea specialistica magistrale in scienze motorie presso l'Università "Cattolica" di Milano. Ha un diploma Universitario preso presso l'Isef statale di Milano e detiene un titolo polivalente di specializzazione per soggetti portatori di handicap. Ha inoltre un diploma di specializzazione conseguito al corso "Il Dirigente pubblico a la gestione del personale: gli strumenti giuridici e manageriali" svoltosi a Bologna presso la Ssna nel 2012/2013. Il curriculum riporta poi una lista di pubblicazioni - libri e dvd - che riguardano, tra l'altro, il tema dell'educazione sostenibile, la promozione sportiva e le prospettive in quest'ambito della scuola italiana, la danza e gli sport di squadra nella scuola. Ha ricoperto diversi incarichi di insegnamento presso l'Università degli Studi di Milano, per il Master Universitario "Sport Management, Marketing and Sociology"; all'Università Cattolica "Sacro Cuore" di Milano; presso l'Università dell'Insubria di Varese, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Corso di Laurea in Scienze Motorie. Nel curriculum, Bussetti ammette una conoscenza 'sufficiente' di inglese e francese parlati e scritti.
Scuola pubblica al centro dei piani del Governo e abrogazione legge Gelmini e legge 107 (Buona Scuola)
E' un programma elettorale che possiamo riassumere in 10 punti, con un unico obiettivo: la scuola pubblica deve tornare ad essere al centro delle politiche del futuro Governo, il quale dovrà fare il possibile per renderla davvero “gratuita, democratica, aperta, inclusiva e innovativa”. Per farlo sarà necessario aumentare le risorse che lo Stato destina al comparto Istruzione: dall’attuale 7,9% si dovrà arrivare perlomeno alla media europea del 10,2%.
Risorse che saranno destinate alla riqualificazione edilizia e alla valorizzazione del ruolo degli insegnanti così da motivarli. Ma le risorse saranno utilizzate anche per un ampliamento dell’offerta formativa e per un’innovazione della didattica, così da combattere una volta per tutto la dispersione scolastica.
Questi sono i principi generali sui quali si baseranno le azioni di un eventuale Governo, oltre naturalmente all’abrogazione delle precedenti riforma della scuola, come la Legge Gelmini e la Legge 107/2015, la cosiddetta Buona Scuola.
Non ne parla nessuno, ma la prima rivoluzione del nuovo Governo è arrivata: il Ministero della Disabilità
Dalla Fiera di Verona al governo, passando per il Parlamento Europeo. La carriera politica di Lorenzo Fontana, neoministro alla Famiglia e alle disabilità, si è sviluppata tutta nella Lega.
Chi è
Nato a Verona il 10 aprile 1980, dipendente dell'Ente Fiera, laureato in Scienze politiche e in Storia della civiltà cristiana, dopo essere stato consigliere comunale di Verona, nel 2009 Fontana è stato eletto per la prima volta al Parlamento Europeo, diventando capodelegazione del gruppo della Lega. Nel corso della legislatura al Parlamento Europeo è stato relatore di diversi progetti di decisione, ha proposto numerose risoluzioni, fatto interrogazioni ed interventi su una molteplicità di temi. Nel 2014 è stato confermato, ottenendo il seggio grazie alla rinuncia dell'allora sindaco di Verona, Flavio Tosi all'epoca leghista, primo degli eletti nel Carroccio. Nel corso del secondo mandato ha fatto parte della Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni, e della delegazione per le relazioni con l'Iraq.
Medico, laureata con 110 e lode; Giulia Grillo, il ministro della Sanità che l'Italia aspettava da anni
E' la 43enne siciliana Giulia Grillo, medico e attualmente capogruppo alla Camera, a ricoprire l'incarico di ministro della Salute. Nata a Catania il 30 maggio 1975, laureata in medicina e chirurgia con specializzazione in medicina legale, la Grillo è a tutti gli effetti un'attivista della prima ora,
arrivata in Parlamento con il Movimento per la prima volta alle elezioni del 2013. Nella precedente legislatura ha ricoperto l'incarico di vice capogruppo e capogruppo alla Camera e Capogruppo M5S Commissione Affari Sociali.
Terza per produttività fra tutti i deputati siciliani secondo la classifica Openpolis 2016 e 56esima su 630 deputati nazionali, la Grillo, che con il fondatore del movimento non ha nessun rapporto di parentela, nella 17ma legislatura ha fatto approvare 3 mozioni a sua prima firma su governance farmaceutica, sblocco turn-over del personale sanitario, revisione della disciplina sull'intramoenia e governo delle liste d'attesa. Inoltre, ha depositato 4 proposte di legge e 213 atti di indirizzo e controllo alla Camera. Tra le sue battaglie quella per il 'giusto' prezzo dei farmaci innovativi.
La scelta di iscriversi al 'meetup' grillino di Catania risale al 2006, da allora è stata in prima fila nella lotta contro le trivellazioni in Val di Noto, come in quella contro le privatizzazioni dell'acqua pubblica nel ragusano, fino alla nascita del comitato Addio Pizzo di Catania. Candidata alle regionali siciliane del 2008 e a Montecitorio nel 2013, per quanto riguarda le politiche sanitarie, ha ''ambiziosi intenti'', come dichiarava lei stessa sulla piattaforma Rousseau: "Ridurre le disuguaglianze di cura e assistenza fra cittadini" e lavorare per una sanità pubblica "giusta, efficiente e accessibile attraverso un adeguato finanziamento, una seria programmazione, una revisione della governance farmaceutica, un potenziamento dell'assistenza territoriale, un adeguato piano assunzioni e un aggiornamento dei corsi di Laura e formazione".
"Per favore non toglieteci il vitalizio". Clamoroso, deputati in crisi scrivono a Fico
La guerra ai vitalizi del M5S sta allarmando ex deputati e senatori, i quali per bocca dell’Associazione degli ex-parlamentari della Repubblica hanno inviato ai presidenti di Camera e Senato Fico e Casellati una lettera in cui condividono “l’esigenza di contenimento dei costi della politica razionalizzando le spese delle Camere senza tagliare i costi della democrazia”
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“L’Associazione degli ex-parlamentari – si legge nella lettera – chiede di essere ascoltata per esporre il proprio punto di vista sugli annunciati provvedimenti in materia di vitalizi” e chiede “la necessità di un coordinamento tra Camera e Senato per giungere a decisioni comuni, evitando quanto è accaduto nella scorsa legislatura con la delibera sul contributo di solidarietà adottata dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati”
Inoltre l’Associazione ha suggerito che “le eventuali misure riguardanti i vitalizi” vengano inserite “nella sede del dibattito d’aula sul bilancio interno, in considerazione del fatto che all’origine delle disposizioni in materia previdenziale per i parlamentari vi fu una decisione d’aula (seduta del 20 maggio 1954) e perché la discussione avvenga con il massimo di trasparenza, e coinvolga tutti i gruppi presenti in Parlamento”.
Gli ex parlamentari hanno poi chiesto il “rispetto della legalità costituzionale. A questo riguardo si ricorda che l’unica forma di intervento sui trattamenti previdenziali in essere ammessa dalla Corte costituzionale in varie sentenze, è quella del contributo di solidarietà, a fini di solidarietà interna al sistema previdenziale, nel rispetto dei principi di legittimo affidamento, di ragionevolezza, di proporzionalità e di non reiterabilità. Nessuna legge approvata dal Parlamento di modifica della disciplina previdenziale ha mai messo in discussione retroattivamente diritti già maturati dai cittadini. Infatti, le riforme delle pensioni che si sono susseguite negli anni, da quella Dini del 1995 a quella Fornero del 2011 tutte hanno fatto salvi i diritti dei cittadini maturati prima della loro entrata in vigore.
Anche i regolamenti vigenti di Camera e Senato in materia previdenziale hanno rispettato questo principio prevedendo l’applicabilità delle nuove norme soltanto a chi è diventato parlamentare dopo il 1 gennaio 2012 e lo stesso Collegio di Appello della Camera dei deputati con sentenza n. 2 del 24 febbraio 2014 ha stabilito che proprio per rispetto di detto principio la misura del sistema contributivo introdotto dal regolamento del 2012 è ‘adottata esclusivamente de futuro”. Ne consegue che “pretendere di farlo per gli ex-parlamentari avrebbe soltanto un significato punitivo, di delegittimazione e umiliazione della funzione parlamentare che è libera e indipendente”.
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“L’Associazione degli ex-parlamentari – si legge nella lettera – chiede di essere ascoltata per esporre il proprio punto di vista sugli annunciati provvedimenti in materia di vitalizi” e chiede “la necessità di un coordinamento tra Camera e Senato per giungere a decisioni comuni, evitando quanto è accaduto nella scorsa legislatura con la delibera sul contributo di solidarietà adottata dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati”
Inoltre l’Associazione ha suggerito che “le eventuali misure riguardanti i vitalizi” vengano inserite “nella sede del dibattito d’aula sul bilancio interno, in considerazione del fatto che all’origine delle disposizioni in materia previdenziale per i parlamentari vi fu una decisione d’aula (seduta del 20 maggio 1954) e perché la discussione avvenga con il massimo di trasparenza, e coinvolga tutti i gruppi presenti in Parlamento”.
Gli ex parlamentari hanno poi chiesto il “rispetto della legalità costituzionale. A questo riguardo si ricorda che l’unica forma di intervento sui trattamenti previdenziali in essere ammessa dalla Corte costituzionale in varie sentenze, è quella del contributo di solidarietà, a fini di solidarietà interna al sistema previdenziale, nel rispetto dei principi di legittimo affidamento, di ragionevolezza, di proporzionalità e di non reiterabilità. Nessuna legge approvata dal Parlamento di modifica della disciplina previdenziale ha mai messo in discussione retroattivamente diritti già maturati dai cittadini. Infatti, le riforme delle pensioni che si sono susseguite negli anni, da quella Dini del 1995 a quella Fornero del 2011 tutte hanno fatto salvi i diritti dei cittadini maturati prima della loro entrata in vigore.
Anche i regolamenti vigenti di Camera e Senato in materia previdenziale hanno rispettato questo principio prevedendo l’applicabilità delle nuove norme soltanto a chi è diventato parlamentare dopo il 1 gennaio 2012 e lo stesso Collegio di Appello della Camera dei deputati con sentenza n. 2 del 24 febbraio 2014 ha stabilito che proprio per rispetto di detto principio la misura del sistema contributivo introdotto dal regolamento del 2012 è ‘adottata esclusivamente de futuro”. Ne consegue che “pretendere di farlo per gli ex-parlamentari avrebbe soltanto un significato punitivo, di delegittimazione e umiliazione della funzione parlamentare che è libera e indipendente”.
Tremano Berlusconi e tutti i politici inquisiti. M5s e Lega istituiscono il codice etico per i politici. No condannati e conflitto d'interessi
Un codice etico per i membri del consiglio dei ministri: via se hanno condanne, se sono massoni o sono in conflitto di interessi con “la materia oggetto di delega”. E questa una delle novità dell’ultima bozza del contratto di governo Lega-M5s, una versione su cui Luigi Di Maio e Matteo Salvini stanno discutendo in queste ore e che deve ancora ricevere il via libera ufficiale.
Bechis "stronca" i suoi colleghi che attaccano M5S-Lega: "Dove siete stati gli ultimi 20 anni?"
Di Franco Bechis
"Oh, sì. L’alleanza fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini non è naturale: si sono scontrati in tutta la campagna elettorale. I due non sono espertissimi di governo? Vero. Unire i loro programmi è utopia? Possibile. Però ricordiamoci gli ultimi venti anni, tutti i campioni che sono sfilati a palazzo Chigi e dintorni, il fallimento di ogni programma presentato, l’Italia che di anno in anno è andata indietrom, fino all’ultimo posto nella Ue raggiunto nelle ultime settimane. E chiediamoci: c’è davvero il rischio di fare peggio? E’ matematicamente impossibile… Qualcuno si ricorda dell’espertissimo Mario Monti e della sua superministra, la tecnica Elsa Fornero, quella che ha fatto più errori tecnici con la sua riforma delle pensioni (gli esodati) di qualsiasi studentello alle prime armi? Davvero si può pensare di fare peggio di loro? O di Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni, che durarono solo otto mesi passando alla storia per un paio di provvedimenti pensati solo per le banche e che per altro si sono rivelati inutili, visto che subito dopo sono scoppiate le crisi di Mps, delle popolari e delle venete?
Che dire poi delle ricette miracolose di Matteo Renzi, del suo ministro Pier Carlo Padoan e della esperta di banche Maria Elena Boschi? Hanno preso in mano un’Italia sicuramente già scassata dai predecessori, e dal 23° posto sono riusciti a consegnarla a questa legislatura al 28° e ultimo posto europeo in qualsiasi classifica macroeconimica. E senza avere risolto uno solo dei problemi che hanno messo in crisi la maggiore parte delle famiglie italiane. In compenso i loro insuccessi garantiscono una sicurezza: oltre l’ultimo posto non c’è più caduta possibile. Nemmeno per Salvini e Di Maio.
E andando indietro con l’orologio della storia? Si va ai due protagonisti della prima parte del ventennio della seconda Repubblica: Romano Prodi, l’uomo dalle cento tasse con i suoi vari Vincenzo Visco, dracula del fisco. O a Silvio Berlusconi con i suoi Giulio Tremonti e Gianfranco Fini (c’è stato un tempo in cui erano culo e camicia). Anche a quell’epoca le promesse erano elettrizanti, e i timori sui conti pubblici altissimi. Qualcuno ha mai visto la flat tax che anche Berlusconi promise nel 2001 con la sua rivoluzione fiscale? Non la portò a casa, e come tutti i premier di questi anni non riuscì a fermare l’inesorabile declino dell’Italia. Poi fu ucciso dallo spread e mandato via da palazzo Chigi da un complotto europeo. Sorprende oggi vederlo dagli assassini dell’epoca a ventilare -lui, proprio lui- lo spauracchio dello spread contro il nuovo governo gialloblù.
E allora? Allora il peggio l’abbiamo già passato. E ogni volta che l’abbiamo fatto notare in questi anni invocavamo svolte in gran parte contenute in quel contratto di governo firmato da Lega e M5s. Non è detto siano in grado di realizzarle, è vero. Potrebbero fallire anche loro come tutti i predecessori. Vero come per chiunque: nessuno nasce superman, e anche con tutta la buona volontà di cambiamento gli ostacoli da superare potrebbero rivelarsi invalicabili. Ma in questi 20 e più anni ricordo che solo nei confronti di Berlusconi e solo da un a parte del sistema dei media c’è stato totale scetticismo fin dalla vigilia. Non un dubbio sulle capacità taumaturgiche di Prodi, non un aggrottare di ciglio su Monti, l’uomo che faceva sembrare meraviglioso pure il loden indossato. Entusiasmo per la mediocrità di Letta, tripudio per l’arrivo al potere di Renzi, che avrebbe rivoluzionato l’Italia come un calzino. Mai un fronte scettico a 360 gradi come per Salvini e Di Maio, mai un esercito mondiale di Cassandre come in questo caso. Un atteggiamento che fa ben sperare: la strana coppia parte bene, non incensata a prescindere come tutti gli altri. Può anche combinare qualcosa di buono, questa volta…"
Salvatore Borsellino scrive una lettera al M5S: "Il vostro impegno e l'onestà vi ha portati in alto
(Salvatore Borsellino – ilfattoquotidiano.it) – Gentili Luigi Di Maio e probiviri del M5S, in questi anni avrete compreso quanto complicato e pieno di insidie sia non solo il lavoro che vi siete assunti l’onere di portare avanti ma anche l’animo umano. Vi siete trovati tra le vostre fila mele marce, banderuole, ipocriti e scorretti, tutti con giustificazioni più o meno umanamente comprensibili. Allo stesso tempo, per fortuna, avete conosciuto il senso dello Stato, l’impegno e l’onestà di tanti altri vostri colleghi deputati, che hanno portato alti i valori sui quali si basa il vostro Movimento.
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Giulia Sarti è una di queste persone. Seguendo il suo lavoro da vicino, per ovvie e comprensibili ragioni, abbiamo avuto contezza della preparazione, della perseveranza, del coraggio e dell’etica di questa giovane donna, che ha reso onore al sacrificio di tanti uomini e donne di Stato, stando vicino ai familiari delle vittime lasciati soli da quello stesso Stato per il quale avevano dato la vita i loro cari, continuando con tutta se stessa la battaglia per la verità e la giustizia. Giulia Sarti, per quelli come noi che l’hanno conosciuta e avuto al fianco, incarna i valori fondamentali come l’onestà, la lealtà, l’impegno, la voglia di combattere per questo Paese. Estrometterla dal Movimento minerebbe la fiducia delle persone come noi che hanno la presunzione di conoscere i veri valori e, nel nostro piccolo, propagarli.
Comprendiamo la delicatezza del momento e della situazione in cui vi trovate. Ci rendiamo conto che il cavallo di battaglia sul quale avete scelto di puntare maggiormente, nella competizione elettorale che si accinge a svolgersi, è l’etica e la presa di distanza da qualsiasi familismo possa intaccarla. Comprendiamo le ragioni che vi hanno portati ad allontanare chi si è scoperto non aver rispettato le promesse fatte, prima che con voi, con gli elettori. Allo stesso modo, però, sappiamo anche riconoscere una vittima e siamo assolutamente consapevoli, per averlo sperimentato sulla nostra pelle, dell’importanza di non isolare le vittime, facendole diventare, in un perverso gioco di omertà e silenzi, doppiamente vittime.
Giulia Sarti è una vittima. Giulia Sarti non si è intascata quel denaro, lo sapete benissimo anche voi, altrimenti l’avreste espulsa sin dall’inizio assieme agli altri otto deputati.
Ora apprendiamo dalla stampa la decisione di Giulia di autosospendersi. Come si sono autosospesi coloro i quali erano stati accusati di aver falsificato le firme per le elezioni comunali di Palermo; come coloro i quali erano stati indagati, dopo aver assunto funzioni pubbliche, per diversi reati e in diversi comuni e regioni, nell’arco di questi cinque anni. E apprendiamo, sempre dalla stampa, di voci che la vorrebbero espulsa a breve. Giulia, che è stata la prima a denunciare, che non è mai stata raggiunta neanche dalla voce di un’indagine nei suoi confronti (a differenza di altri suoi colleghi, parlamentari o sindaci, che sono rimasti, però, giustamente al loro posto), che in tutta questa storia è la parte lesa. Oltre il danno, la beffa, verrebbe da dire.
Il silenzio che, in questo momento, la circonda è assordante.
Comprendiamo l’importanza del viso pulito che il Movimento deve mostrare per le prossime elezioni. Allo stesso tempo riteniamo fondamentale che un partito che mira a governare questo disgraziato Paese si assuma il dovere – ma anche il diritto – di difendere le proprie vittime e il loro status di vittime, che non si giri dall’altra parte, che non le isoli, che non le lasci in pasto all’opinione pubblica (che ovviamente ha meno informazioni di voi per farsi un’opinione) solo perché questo potrebbe portare meno grane.
Nonostante il momento per lei ricco di sofferenze, in questi giorni Giulia ha continuato a spendersi senza remore – come potrete ben verificare dai lavori della Commissione – per l’antimafia e per gli ideali che voi dite di voler portare avanti.
Martin Luther King disse: “Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare, ma bisogna prenderla perché giusta”.
Per questo chiediamo a Giulia Sarti di continuare a rendere onore al proprio movimento e al Paese proseguendo le sue battaglie come parlamentare dello Stato italiano e chiediamo a Luigi Di Maio e ai probiviri di respingere l’autosospensione di Giulia, prendendo così, come insegnò il reverendo King, la decisione giusta.
Salvatore Borsellino
Paola Caccia
Angela, Gino e Gianluca Manca
Stefano Mormile
Vincenzo e Augusta Agostino
Conte: ‘Lavoreremo con determinazione per migliorare la qualità della vita degli italiani’
“Ben ritrovati. Lavoreremo intensamente per realizzare gli obbiettivi che abbiamo anticipato con il contratto di governo. Lavoreremo con determinazione per migliorare la qualità della vita degli italiani. Buona sera a tutti.”
Lo ha detto Giuseppe Conte durante la conferenza stampa al termine del colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che gli ha conferito l’incarico di formare il nuovo governo.
Il M5S ha scritto il seguente messaggio sul proprio blog ufficiale:
“Oggi è un giorno storico. Il MoVimento 5 Stelle sta per andare al governo del Paese. Il 2 giugno ci vedremo tutti insieme, con Luigi Di Maio e tutti i nostri portavoce, in piazza della bocca della verità a Roma alle ore 19 per abbracciarci e caricarci delle energie che ci serviranno per cambiare finalmente l’Italia. Grazie a tutti voi che non avete mai fatto mancare il vostro sostegno.”
Di seguito la lista completa dei ministri:
Dep. Luigi Di Maio, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche Sociali
Sen. Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’Interno
Ministeri senza portafoglio
Dep. Riccardo Fraccaro, incarico per i Rapporti col Parlamento e la Democrazia Diretta
Sen. Avv. Giulia Bongiorno, incarico per la Pubblica Amministrazione
Sen. Avv. Erika Stefani, incarico per gli Affari regionali e le Autonomie
Sen. Barbara Lezzi, incarico per il Sud
Dep. Lorenzo Fontana, incarico per la Famiglia e le Disabilità
Prof. Paolo Savona, incarico per gli Affari Europei
Ministri con Portafoglio
Prof. Enzo Moavero Milanesi, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
Dep. Avv. Alfonso Bonafede, Ministro della Giustizia
Dott.ssa Elisabetta Trenta, Ministro della Difesa
Prof. Giovanni Tria, Ministro dell’Economia e delle Finanze
Sen. Gian Marco Centinaio, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
Gen. Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Sen. Danilo Toninelli, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
Dott. Marco Bussetti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dott. Alberto Bonisoli, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Dep. Giulia Grillo, Ministro della Salute
Dep. Giancarlo Giorgetti, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con funzione di Segretario del Consiglio dei ministri
Di Maio e Salvini in coro: "Ci sono tutte le condizioni per il Governo". Adesso si aspetta il Quirinale
Dal suo TG su la7, Enrico Mentana riporta le parole dei due leader.
"Ci sono tutte le condizioni per formare questo Governo politico votato dai cittadini"
Adesso si aspetta il "via" da Quirinale, con la speranza che tutto venga nuovamente fermato.
"Sull'Europa ha le stesse idee di Savona" Ecco chi è Giovanni Tria, nuovo Ministro al MEF
Da preside della facoltà di economia dell'università romana Tor Vergata a via XX settembre, il professor Tria è a capo anche della Scuola nazionale dell'amministrazione
Giovanni Tria non è Paolo Savona ma gli dà ragione su euro e Unione europea. "Due eminenti economisti con i quali peraltro concordo in pieno", scrive il nuovo ministro dell'Economia e delle Finanze in un articolo su Formiche.net del 14 maggio 2018, dove gli economisti in questione sono Giorgio La Malfa e Paolo Savona.
L'affermazione di Savona e La Malfa con cui Tria si trova d'accordo è la seguente: "il governo italiano dovrebbe reagire (a chi sostiene l’ineluttabilità dell’uscita dell’Italia dall’euro), sostenendo che è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro perché il suo surplus della bilancia commerciale non è compatibile con il regime di cambi fissi che vige nell’eurozona, o perlomeno accettare un passaggio ad un regime di cambi fissi aggiustabili". Un’analisi economica seria,e non una battuta di politici anti-euro, dice Tria riferendosi alle posizioni dei colleghi.
Sempre sul tema Unione europea, in un contributo firmato insieme a Renato Brunetta, su Il Sole 24 Ore, Tria individua nel surplus dell'economia tedesca un fallimento nel processo di convergenza economica fra i vari Paesi dell'area euro. Di fallimenti dell'unione monetaria Tria e Brunetta ne elencano tre. E precisano che a questi "naturalmente si affiancano successi importanti, che tuttavia non annullano i primi".
"Destra e sinistra hanno fatto un po’ il loro tempo anche in politica fiscale. La crescita sia la stella polare delle tasse", titola Giovanni Tria in un articolo pubblicato su Il Foglio nel novembre 2015, in cui il nuovo ministro dell'Economia e delle Finanze analizza, senza prendere posizione, le politiche italiane su spesa e imposte. "Se veniamo all’Italia, ha prevalso sempre, anche se in varia misura, il primo schema, quello cosiddetto progressista, al di là del segno politico dei governi", scrive Tria, "Il risultato è stato l’espandersi di spesa e pressione fiscale".
Ora potrebbe toccare a lui mettere mano ai conti pubblici. Non dalle colonne dei giornali, ma direttamente da via XX settembre. Il suo è un curriculum vitae di tre pagine, con l'ultima esperienza in corso come preside della facoltà di Economia dell'università di Roma Tor Vergata. Tria è professore ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, centro della sua carriera accademica.
Nato a Roma nel 1948, è laureato in Giurisprudenza al primo ateneo di Roma, La Sapienza nel 1971. Fra le esperienze professionali, annovera quella di co-direttore del Master in Economia dello Sviluppo e Cooperazione Internazionale, dell'università di "Tor Vergata", quella di Direttore del Ceis, Center in Economics and International Studies, membro dell'"Oecd Innovation strategy expert advisory group" e Vice Chair del "Committee for Information, Computer and Communication Policy (ICCP)". Parte del Consiglio di Amministrazione dell'Oil, Organizzazione internazionale del Lavoro e presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione, l'ex scuola superiore della Pubblica amministrazione.
ULTIM'ORA - Governo, vicino l'accordo: Savona agli Affari europei, ecco chi all'economia
Giovanni Tria ministro dell’Economia, Enzo Moavero Milanesi agli Esteri, Paolo Savona agli Affari europei. E’ lo schema su cui si basa un’ipotesi di accordo tra M5s e Lega per la lista dei ministri da riformulare e consegnare al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una ipotesi che
confermerebbe la presenza di Savona nel governo in una posizione peraltro non marginale (perché terrebbe i rapporti con l’Unione Europea a nome del governo), ma nemmeno così “delicata” come quella dell’Economia, delega sulla quale resta “alta” l’attenzione del Quirinale. Si tratta di notizie che avvicinano la possibilità che si concretizzi davvero, dopo 88 giorni, la soluzione di un governo politico. Tra gli altri indizi c’è anche il ritorno a Montecitorio di Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio che aveva dovuto rinunciare domenica scorsa proprio per la permanenza di Savona nella casella dell’Economia per volere di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Conte in mattinata, tra una lezione e l’altra all’università di Firenze, aveva ricominciato a mandare segnali: “L’Europa deve essere sempre più forte, nessuno ha mai posto in discussione che siamo nel sistema europeo e ci vogliamo rimanere”.
Conte si è aggiunto a metà pomeriggio a una riunione che stavano conducendo Di Maio e Salvini, iniziata poco prima delle 15. Fratelli d’Italia in giornata ha ribadito la sua disponibilità a sostenere il governo M5s-Lega e anche ad entrare in maggioranza, ma – nonostante il faccia a faccia tra Salvini e Giorgia Meloni – la possibilità è stata respinta dai Cinquestelle, da una parte perché cambierebbero i rapporti di forza (ora numericamente favorevoli al M5s) e dall’altra per il posizionamento troppo a destra del partito. Tantopiù che nelle ultime ore Guido Crosetto – uno dei papabili a entrare dentro la squadra di governo, magari alla Difesa dove già fu sottosegretario con Berlusconi – ha anche detto che il contratto di governo avrebbe bisogno di qualche ritocco, soprattutto nel capitolo del reddito di cittadinanza, l’aspetto più caratterizzante del programma originario dei Cinquestelle.
Governo M5S-Lega? Gli unici a rischiare sono banchieri sussidiati da Renzi,Gentiloni e Governi camerieri, comincino a pagare il conto!
Ecco tutti ad esaltare la furbizia di Salvini, che secondo loro non avrebbe sbagliato una mossa.
La cifra che fa la differenza è, per costoro la furbizia: se uno non è furbo e scemo!
Di chi parlo?
Dei nostri intelligentoni super giornalisti della cosiddetta grande stampa: loro sì che sono senza macchia, loro sono furbi, sono intelligenti, loro sono il meglio di tutto.
Peccato che si sono bevuti (perché cretini o perché furbi) non più tardi di ieri la fake news dell’uccisione di un giornalista anti Putin che invece era vivo, ma non hanno mancato di accusare Putin del suo omicidio.
Lo hanno processato e condannato in due minuti due nel loro agorà mediatico.
E poi si meravigliano che agli occhi di molti Putin sia un eroe.
Ma proprio loro con il loro comportamento bislacco e in malafede ne fanno un eroe quando eroe non è.
Ma il loro odio, comandato da altri, per lui, provoca l’effetto opposto di quello voluto.
Solo loro possono fare pagelle agli altri.
Peccato però che per ragioni politiche e di audience non tanto tempo fa hanno impegnato fiumi di inchiostro e utilizzato tonnellate di carta con la campagna contro ‘i furbetti’ di ogni tipo: della città, del villaggio, della campagna, del quartierino, ecc.
Vi ricordate poi la campagna contro la casta guidata da Stella e compagnia bella?
Chiedetevi perché non la fanno più.
Vi aiuto io a trovare una risposta.
Con quella campagna i nostri giornalisti super intelligentoni , su ‘suggerimento’ dei loro editori, volevano allontanare i cittadini dalla politica, definendola tutta marcia, affinché i cittadini, resi stupidi idioti proprio da quella compagna, affidassero i loro destini ai super manager alla Cordero Montezemolo, già Amministratore Delegato di RCS, editore del Corriere della Sera, oggi indagato per la bancarotta di Alitalia e a quelli simili a lui, capaci, preparati, puliti e senza macchia dediti solo al bene pubblico e completamente dimentichi dei loro interessi privati.
Ma quella campagna ebbe esiti opposto a quelli per cui era stata avviata con generosità di mezzi.
I cittadini non si bevvero la bevanda confezionata da loro, ma decisamente cominciarono a pensare di gestire loro in prima persona i propri destini
E così nacquero i meetup, il M5S ed ecco, dopo dieci anni, che ci troviamo qui. A proclamare a voce alta e tutti insieme con i nostri portavoce pentastellati: siamo fieri di essere brave persone, non furbe ma neanche fesse.
L’ideale di politico dei nostri giornalisti super man e senza macchia, è ‘la volpe-leone’ di Nicolò Machiavelli.
Ma se tutti si fossero inchinati e avessero praticato quella filosofia politica, non sarebbero mai esistiti Gramsci, De Gasperi, La Pira, Pertini e chissà quanti altri anonimi che hanno fatto politica come l’hanno fatta loro.
Coraggio Luigi!
Devi sapere che oggi che tutti i giornaloni ti attaccano sei in ottima compagnia del passato, e con noi del presente!
Je suis Luigi Di Maio.
Grandioso, un altro Premio Nobel da ragione al M5S su UE: "E' da riformare"
Sull’Unione Europea che deve essere riformata Paolo Savona ha ragione.
Lo si evince dalle dichiarazioni del premio Nobel 2016 per l’economia nel Oliver Hart, che si trovava a Siena per due lezioni alla facoltà di Economia e poi a Bologna.
Hart, scrive Pino Di Blasio su Quotidiano.net, ha riconosciuto “diversi punti di contatto tra il suo manifesto anti euro (firmato anche da altri Nobel come Stiglitz) e le idee dell’uomo della discordia, che ha portato alla cancellazione di un governo che stava per nascere.”.
“Sono stato contrario all’euro sin dall’inizio – ha spiegato Hart – ho sempre pensato fosse un grave errore per i Paesi europei”, in quanto “troppo potere” viene “centralizzato nelle mani delle istituzioni comunitarie” e “la sovranità nazionale diventata superflua”.
“Mi rendo conto – ha aggiunto – che per l’Italia uscire dall’Eurozona potrebbe rivelarsi un disastro economico, i costi sarebbero enormi”, ma, ha sottolineato, “anche rimanere nell’area della moneta unica a queste condizioni, potrebbe rivelarsi una catastrofe”.
“Le politiche di rigore aumenteranno i rischi di recessione,” ha osservato Hart, che ha aggiunto: “qualunque sia la scelta, nell’euro o fuori dall’euro, le cose con l’Europa dovranno necessariamente cambiare”.
Quanto a Paolo Savona, il cui nome è stato respinto da Sergio Mattarella per il ministero dell’Economia, il premio Nobel ha affermato: “Il professor Savona? È un uomo molto giovane, non è vero? Per il resto non conosco molti dettagli, a parte le sue riflessioni sull’euro”.
E sul piano B per l’uscita dall’euro, ha commentato: “Le mie previsioni su un’errata costruzione dell’euro si sono rivelate esatte. Ma non ho idea di come si possa uscire in modo ‘soft’, oggi. I Paesi membri dell’Eurozona sono troppo diversi tra loro, hanno storie e lingue diverse. Da ex suddito britannico, ritengo che la Gran Bretagna abbia fatto la cosa giusta a non entrare nell’euro”
Paolo Savona, è filtrata l’indiscrezione bomba: ha detto no confermandosi uomo di grande dignità
Una indiscrezione-terremoto: Paolo Savona non accetterebbe altri ruoli nel governo che non siano al ministero dell’Economia. La spifferata, confermata da varie fonti ma non ancora ufficiale, getta una luce sinistra sulle nuove trattative tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, in corso a Roma. Su Savona si era schiantato il primo tentativo di M5s e Lega, con il no del presidente Sergio Mattarella.
Ora che il Quirinale ha concesso un nuovo tentativo ai gialloverdi, si era aperta l’ipotesi di uno spostamento dell’82enne economista euroscettico, in una posizione differente (qualcuno parlava di Esteri, quasi una provocazione). L’ultima possibilità tornerebbe ad essere lo scorporo del Mef in Finanza e Tesoro, con un Savona dai poteri dimezzati e limitati alle questioni italiane e un esponente più “morbido” a tessere i rapporti con l’Europa nel dicastero gemello. La domanda è se Savona e Salvini possano accettare questo ripiego, e se Mattarella manderà giù il rospo. Diversamente, il governo di Di Maio (e di Giuseppe Conte) morirà prima di nascere, per la seconda volta. Un record difficilmente battibile.
mercoledì 30 maggio 2018
‘L’Europa vuole massacrare l’Italia per annientare Lega e 5 Stelle’. La clamorosa voce svelata da un giornalista
“L’Europa vuole massacrare l’Italia per annientare Lega e 5 Stelle”.
Lo scrive il direttore generale del gruppo Corriere del Ticino Marcello Foa sul proprio blog ospitato su Il Giornale.
Il giornalista sostiene che ormai il “disegno” dell’establishment europeo è chiaro: “impedire ad ogni costo la nascita di un governo formato da Lega e 5 Stelle” attraverso “l’oppressione”.
Foa riepiloga quanto accaduto nelle ultime 48 ore: Mattarella ha bloccato la nascita del governo Conte “ufficialmente – osserva – perché la persona di Savona non è gradita”. Ma la realtà è un’altra ed è stata svelata dall’ex ministro Piercarlo Padoan: “il problema non è Savona, ma le idee di Lega e M5s sull’Europa”,
Tuttavia, prosegue Foa, la scelta del Capo dello Stato sembra “azzardata” in quanto “alle prossime elezioni Salvini e Di Maio potrebbero ottenere ognuno il 30% dei consensi e dunque ripresentarsi al Quirinale molto più forti di oggi”.
L’ex firma del Giornale considera poi “davvero strana” la scelta di Carlo Cottarelli: “perché – si chiede – varare un governo tecnico che non ha una maggioranza? Non sarebbe stato più logico confermare Gentiloni per il disbrigo degli affari correnti?”.
“Ora, invece, – continua – appare tutto terribilmente chiaro e a svelare il gioco è il commissario europeo al Bilancio Oettinger, che, come capita a molti tedeschi di potere, non riesce a trattenere la propria arroganza, e dichiara pubblicamente: ‘I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto’.”
Le parole di Oettinger, secondo Foa, rendono tutto chiaro: “l’establishment europeista ha deciso di spezzare le reni all’Italia, come ha già fatto con la Grecia”.
Come?
Scatenando “una crisi paurosa del debito pubblico italiano, spingendo lo spread a livelli mai visti, provocare il panico, fino al momento in cui l’Italia verrà commissariata”, spiega Foa, che conclude: “Se il piano avrà successo, servirà da monito a tutti i Paesi europei dove i movimenti ‘populisti’ sono in ascesa e comporterà la definitiva sottomissione dei popoli europei alle oligarchie europee”.
Giornalista tedesca umilia Mattarella: "Tutela risparmi? Peccato che i risparmiatori di Banca Etruria non se ne siano accorti"
Sul "golpe" di Mattarella è intervenuta la giornalista tedesca Petra Reski, che oltre a criticare i mass media del suo Paese ("Dicono missione compiuta, ma di cosa?") lancia una fiammata a Mattarella,
ecco cosa dice:
"Scopro solo adesso che i risparmiatori italiani stanno così tanto al cuore di #Mattarella che per salvarli impedisce addirittura la nascita di un governo. Peccato che i risparmiatori della banca Etruria non se ne sono accorti. #savonaministro #SalviniDiMaio"
ecco cosa dice:
"Scopro solo adesso che i risparmiatori italiani stanno così tanto al cuore di #Mattarella che per salvarli impedisce addirittura la nascita di un governo. Peccato che i risparmiatori della banca Etruria non se ne sono accorti. #savonaministro #SalviniDiMaio"
martedì 29 maggio 2018
Ditemi se non un golpe: dove c’è scritto che Mattarella possa fare un governo senza la maggioranza del parlamento?
Contro le mosse con cui Sergio Mattarella ha fatto tramontare il governo Lega-M5s, per poi dar vita all’esecutivo nato morto di Carlo Cottarelli, si schiera senza indugi Paolo Becchi, ideologo della staffetta poi sfumata tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. La presa di posizione, durissima, viaggia su Twitter, dove Becchi parla senza giri di parole di golpe: “Siamo in presenza di un tentativo di colpo di Stato. La Repubblica parlamentare è di fatto trasformata in presidenziale, senza modificare la Costituzione. Il governo non è più frutto della volontà parlamentare, ma diventa espressione del Capo dello Stato”, conclude Becchi. Un tweet che, per inciso, ha raccolto molto successo.
Siamo in presenza di un tentativo di colpo di stato. La Repubblica parlamentare è di fatto trasformata in presidenziale, senza modificare la Costituzione. Il governo non è più frutto della volontà parlamentare, ma diventa espressione del Capo dello Stato.https://t.co/aMeITFauuZ— Paolo Becchi (@pbecchi) 28 maggio 2018
Vergognoso il commissario Ue Oettinger: “I mercati insegneranno agli italiani a votare in modo giusto”
“I mercati insegneranno agli italiani a votare in modo giusto”. L’intervento a gamba tesa nella crisi politica italiana arriva dal commissario europeo per il bilancio e le risorse umane Gunther Oettinger – esponente dell’Unione cristiano democratica di Angela Merkel – lo ha affermato durante un’intervista all’emittente Dwnews. L’integrale dell’intervista andrà in onda questa sera alle 21. Oettinger ha ritwittato l’anticipazione fatta su Twitter dal corrispondente da Bruxelles Bernd Thomas Riegert.
lunedì 28 maggio 2018
Ex Presidente Corte Costituzionale bacchetta Mattarella:" Scelta impropria, ha interpretato male la Costituzione"
Valerio Onida è professore emerito di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano e nel 2004-2005 è stato presidente della Corte Costituzionale. Di seguito l'intervista rilasciata ai microfoni di Class Cnbc.
Domanda. Professor Onida, il primo partito del Paese, il M5S, già invoca l’impeachment per Mattarella: c’è il rischio di uno scontro istituzionale?
Risposta. L’articolo 90 della Costituzione prevede che nei casi di alto tradimento o attentato alla Costituzione il presidente della Repubblica possa essere messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri. In questo caso non siamo di fronte a una possibilità concreta di messa in stato d’accusa. Il presidente Mattarella ha esercitato al limite delle sue prerogative uno dei suoi poteri, arrivando a interpretazioni della Costituzione che secondo me non sono giuste. Ciò detto non parlerei di messa in stato d’accusa, non è questa l’ipotesi in campo.
D. E dunque come giudica il comportamento di Mattarella?
R. La scelta di Mattarella di impedire la formazione di un governo dopo una lunga trattativa tra i due partiti mi ha sorpreso, mi sembra abbastanza impropria. Nel nostro sistema la formazione dei governi dipende essenzialmente dalla presenza o meno di una maggioranza in Parlamento. Il governo non è una dipendenza del capo dello Stato, bensì una dipendenza del suo Parlamento, della sua maggioranza. Non dare vita a un governo per la presenza di una persona e le possibili idee politiche che potrebbe portare avanti, mi sembra andare al di là di ciò che dice la Costituzione quando parla della formazione di governo.
D. Poteva o non poteva Mattarella rispedire al mittente la proposta di Savona come ministro dell’Economia e delle Finanze?
R. Sul piano strettamente giuridico può dire “io non firmo”. Ma guardiamo alla logica del sistema: il presidente della Repubblica ha fatto un lungo giro di consultazioni per verificare l’esistenza di una maggioranza. Alla fine la maggioranza è emersa: i suoi esponenti hanno concordato una certa ipotesi di governo, invocando rigidamente la necessità di nominare Savona. Di fronte a questo il capo dello Stato si è opposto per ragioni politiche, non personali. A mio parere Mattarella è andato contro l’idea che il nostro sistema è un sistema parlamentare. Se Mattarella avesse avuto obiezioni in merito al programma di governo, avrebbe potuto farlo presente, rilevando aspetti di incostituzionalità. Ma non si è opposto per nulla al contratto di governo. Si è opposto solo a una persona, temendo che potesse mettere in pericolo la stabilità dei mercati finanziari, e la difesa dei risparmiatori.
D. E non è corretto?
R. Così facendo si dà ai creditori dello Stato un potere immenso, che va al di là delle obbligazioni di un debitore. Un debitore non può diventare così politicamente asservito da accettare ingerenza sulla maggioranza. In questo caso mi sembra sia andato un po’ troppo oltre.
D. Che poteri potrebbe avere un esecutivo Cottarelli che non ottenga la fiducia delle Camere?
R. Cottarelli potrebbe sbrigare gli affari correnti. Sarebbe però più corretto fare subito nuove elezioni. Immaginare che si possa governare con un governo che non ha la maggioranza, contro una maggioranza alla quale si è impedito di formare un esecutivo, mi sembrerebbe veramente troppo. Bisogna andare immediatamente a votare. Non capisco perché, in presenza di una crisi istituzionale, di grave sbandamento nel Paese, non si possa andare a votare ad agosto. Andiamo a votare subito: dobbiamo richiamare i cittadini alle loro responsabilità.
Ecco che cos'è l'impeachment e come funiona
L'articolo 90 della Costituzione prevede la messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica. Ecco di che cosa si tratta e i casi in cui si può richiedere
È Luigi Di Maio il primo a chiederlo: impeachment per Sergio Mattarella. Giorgia Meloni si è subito unita. Ma di che cosa si tratta, precisamente?
IMPEACHMENT O MESSA IN STATO D’ACCUSA
Impeachment è il termine inglese per indicare quella che la Costituzione italiana definisce la «messa in stato d’accusa» del capo dello Stato. «Il Presidente della Repubblica», dice l’articolo 90 della Carta, «è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri». Il Capo dello Stato dunque può essere giudicato solo per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione (è il caso di Sergio Mattarella). È il Parlamento riunito in seduta comune a doverla decidere a maggioranza assoluta; il Comitato, poi, ha 5 mesi di tempo (prorogabili) per esaminare la richiesta. Il giudizio sul Presidente è poi demandato alla Corte Costituzionale, come stabilisce l’articolo 134 della Costituzione.
PRIMA DI MATTARELLA, LEONE, SCALFARO E COSSIGA
Il primo Presidente della Repubblica minacciato di impeachment fu, nel 1978, Giovanni Leone. Lasciò l’incarico dopo una lunga campagna legata allo scandalo Lockheed (illeciti nell’acquisto da parte dello Stato italiano di velivoli dagli Usa). Lasciò – 14 giorni prima dell’inizio del semestre bianco – il 15 giugno 1978 quando la direzione del Pci annunciò di voler avviare la procedura di messa in stato di accusa. Fu poi riconosciuta la sua estraneità. Il secondo a essere minacciato fu Oscar Luigi Scalfaro che, per difendersi dalle accuse di aver gestito fondi neri a uso personale quando era stato ministro dell’Interno, parlò in tv a reti unificate: era il 3 novembre 1993, non si arrivò mai a formulare la proposta della messa in stato di accusa e Scalfaro concluse il suo mandato presidenziale. Anche Francesco Cossiga, nel 1990, ci andò vicino nell’ambito della vicenda Gladio: la sua messa in stato di accusa fu formalmente presentata nel 1991, ma il Parlamento la respinse. L’anno dopo Cossiga fu nuovamente accusato. Si dimise il 28 aprile 1992, a due mesi dalla scadenza naturale del mandato. Non ci fu il voto sulla messa in stato di accusa.
"Al popolo impongono la Fornero, loro si aumentano la pensione" Denuncia choc del M5S alla Commissione Europea
Secondo l'eurodeputato Valli, nella proposta di bilancio per il 2019, Bruxelles avrebbe richiesto un aumento del 6% per il pagamento della previdenza dei suoi funzionari“
"A noi impongono la Fornero, loro si alzano le pensioni", l'accusa M5s alla Commissione Ue
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La Commissione europea ha presentato nel suo bilancio per il 2019 la richiesta di un aumento del 6% nella voce pensioni interne. A denunciarlo è l'eurodeputato del M5s Marco Valli.
"È assurdo che per far quadrare i conti dei paesi del sud Europa siano state imposte riforme molto impopolari d’austerità e sacrificio sulle pensioni in stile Fornero, mentre per il sistema previdenziale delle istituzioni europee non siano previste gestioni responsabili e in linea con i sacrifici richiesti ai cittadini nelle raccomandazioni specifiche per paese presentate anch’esse in questi giorni", dice l’europarlamentare. “Bisogna inoltre ricordare che le pensioni privilegio dei deputati del Parlamento europeo addirittura non prevedono contributi e la proposta di risoluzione del Movimento 5 stelle di equipararle a quelle dei cittadini con un sistema contributivo e senza privilegi è stata respinta nel recente passato”, conclude Valli.
Va detto che il bilancio 2019 è al momento solo una proposta, sulla quale si dovranno esprimere sia il Parlamento europeo, sia gli Stati membri. Tra cui l'Italia, ossia il futuro governo M5s-Lega.
Di Battista: ‘Qui non si tratta più di M5S o Lega, ma di rispetto della sovranità popolare’
“Qui non si tratta più di M5S o Lega, ma di rispetto della sovranità popolare e del popolo italiano“.
Così Alessandro Di Battista intervenendo telefonicamente a “Non è l’Arena”, il programma condotto da Massimo Giletti su La7.
L’ex deputato 5Stelle si è confrontato con l’esponente dem Francesco Boccia, che gli ha chiesto di riconsiderare la decisione di procedere con la richiesta di impeachment nei confronti del presidente della Repubblica.
Quanto al veto posto da Mattarella su Paolo Savona come ministro dell’Economia, Di Battista ha detto:
“Avremo o no il diritto di partire con un governo e di avere un ministro dell’Economia che deve essere chiaramente il più politico possibile perché è lui con le sue scelte che deve dare gli strumenti ad un governo per applicare quelle proposte e trasformarle in leggi dello Stato”.
“E siccome – ha proseguito – in passato si era espresso in maniera critica nei confronti dell’Europa nonostante non vi sia nessuna uscita dall’euro e dall’Europa nel nostro contratto di governo allora non è degno di fare il ministro?”.
“Siamo al reato di opinione,” ha osservato l’esponente pentastellato, che ha aggiunto:
“I ministri possono essere persone che hanno: indagini per corruzione, che hanno favorito Cosa Nostra, che sono stati travolti da scandali su scandali, che hanno votato leggi oscene però un professore che si è chiaramente espresso in maniera contraria, o in maniera critica, nei confronti dell’eurozona, allora non va bene? Nonostante le sue opinioni siano sostenute e gradite dalla maggior parte del popolo italiano?”.
“Ma questa – ha continuato – è ancora una repubblica fondata sul lavoro la cui sovranità appartiene al popolo o una repubblica fondata sulla ricerca del lavoro la cui sovranità appartiene a qualche paese straniero?”.
“Io – ha denunciato – l’altro giorno ho ascoltato il ministro degli Esteri del Lussemburgo che ha si è permesso di dire a Mattarella ‘mi auguro che non faccia distruggere da questo nuovo governo quello che ha fatto in precedenza l’altro governo’. Ma come si permettono questi personaggi di mettere bocca sulle scelte del popolo sovrano?”
Se M5S e Lega si presentano con il contratto di Governo, sbancano in tutta Italia: sarebbe il risultato più eclatante in assoluto
Torna ad affacciarsi l’ipotesi di un ritorno immediato alle urne. L’Istituto Cattaneo ha simulato i risultati di un voto anticipato partendo dagli esiti delle elezioni del 4 marzo ma prevedendo la
formazione di due “cartelli” preelettorali: da un lato, quello formato dai sottoscrittori del “Contratto per il governo del cambiamento” (M5s e Lega) e, dall’altro, un aggregato formato da Partito democratico, Forza Italia e dai loro alleati minori. Uno scenario non certo campato in aria, dopo l’aut aut di Matteo Salvini a Silvio Berlusconicon la minaccia di rompere l’alleanza qualora il Cavaliere sostenesse il governo del presidente guidato da Carlo Cottarelli.
Una simulazione inevitabilmente incerta, a fronte della reazione degli elettori ad una profonda ricomposizione dell’offerta partitica. Analizzando il voto nei collegi uninominali, sia alla Camera che al Senato, l’ipotetica alleanza tra M5s e Lega – ammesso che gli elettori si comportino come il 4 marzo – consentirebbe ai due partiti di conquistare all’incirca il 90 per cento dei seggi nelle due camere. Più nello specifico, il cartello gialloverde risulterebbe il più votato in 219 collegi su 232 (94,4%) alla Camera dei deputati e in 104 collegi su 116 (89,7%) al Senato. Questo risultato consentirebbe di superare il dualismo geografico che si è manifestato nelle ultime elezioni, con un centrodestra a guida leghista dominante nelle regioni centrosettentrionali e il M5s in una situazione di predominio nelle zone centro-meridionali. In questo contesto, la particolare distribuzione geografica dei consensi a Lega e M5s, incrociata con lo strumento del collegio uninominale (previsto per un terzo dei seggi parlamentari), metterebbe i due partiti in una situazione di sostanziale monopolio nella componente maggioritaria della legge elettorale. Di conseguenza, allo schieramento di partiti opposto (Pd, FI e alleati minori) andrebbero soltanto una manciata di seggi urbani (a Milano e Torino), nei residui della ex-Zona rossa (Emilia e Toscana) e nei collegi del Trentino-Alto Adige.
Nell’ipotesi di accordo pre-elettorale tra M5s e Lega, i due partiti vedrebbero quindi crescere i loro seggi nella quota maggioritaria e partirebbero da una base di sostegno parlamentare pari circa al 35%, a cui andrebbero aggiunti i seggi spettanti dalla ripartizione proporzionale nelle circoscrizioni plurinominali. Il cartello formato da M5s e Lega uscirebbe fortemente rafforzato da un eventuale voto anticipato, in particolar modo al Senato, dove la maggioranza di governo è attualmente piuttosto risicata. Per essere più precisi, l’alleanza tra Di Maio e Salvini – che oggi può contare alla Camera su 343 parlamentari (55%) e al Senato su 167 (54%) – potrebbe reggersi in entrambe le aule su una maggioranza parlamentare pari ai due terzi dei componenti: 425 seggi a Montecitorio (68,8%) e 209 a Palazzo Madama (67,6%).
Va precisato infine che questo risultato non sarebbe il prodotto di una diversa distribuzione dei voti e dei seggi nella quota proporzionale del sistema elettorale, ma deriverebbe quasi interamente dal premio “implicito” che la legge elettorale assegna attraverso la sua componente maggioritaria nei collegi uninominali. Infatti, l’unione tra due forze politiche dal consenso politico geograficamente molto concentrato come M5s e Lega permetterebbe di beneficiare dell’incentivo maggioritario insito nel collegio uninominale. Il 4 marzo questo beneficio non si è osservato perché il dominio elettorale del partito di Salvini al nord e di Di Maio al sud ha finito per neutralizzarsi. Ma se i due partiti formassero un cartello preelettorale e fossero in grado di mantenere compatti i propri elettorati, la legge elettorale gli assegnerebbe un bonus di seggi consistente, pari circa al 15%.
Di Maio: “Non possiamo rimanere a guardare. Il 2 giugno tutti in piazza a Roma”
Luigi Di Maio si scaglia nuovamente contro il Quirinale e chiede ai cittadini di scendere in piazza il prossimo 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica e dichiara di volere il voto il prima possibile, anche ad agosto: “Noi al governo del Paese ci andremo, è una promessa”, conclude Di Maio
Luigi Di Maio si scaglia nuovamente contro il Quirinale e chiede ai cittadini di scendere in piazza il prossimo 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica e chiede il voto il prima possibile, anche ad agosto: “Quella di ieri sera è stata la notte più buia della democrazia italiana. Il presidente della Repubblica ha deciso di scavalcare le sue prerogative e non fare andare al governo il M5s. Al governo ha deciso di mettere dei tecnici che non hanno mai preso un voto, con la sicurezza che non avranno nessuna maggioranza in Parlamento: un governo non solo non votato dal popolo, ma neanche dal Parlamento, un unicum vergognoso”.
“Sto facendo questo video per due ragioni: la prima, in qualità di capo politico, è chiamare tutti i nostri iscritti alla mobilitazione prendendo parte ad alcune mobilitazioni. La seconda è smentire tutte le bufale. La situazione è gravissima. Il voto degli italiani è stato totalmente svuotato del suo valore e questo non è accettabile. Gli italiani hanno deciso di cambiare il 4 marzo e invece il presidente ha deciso di affidare le sorti del Paese a un tecnico, tirando in ballo il risparmio degli italiani. Lo spread è aumentato vorticosamente, perché quella dei mercati è una bufala, che sono preoccupati dalla instabilità”, prosegue Di Maio.
“So che siete incazzati, non possiamo rimanere a guardare, non possiamo lasciarci anestetizzare dai media. Dobbiamo reagire subito e con fermezza, abbiamo bisogno di simboli. Appenderò una bandiera italiana fuori dalla mia finestra e vi chiederò di fare altrettanto: appendetela. Tiriamo fuori il nostro orgoglio e rivendichiamo il diritto a decidere del nostro futuro. Quello che decidiamo nelle urne deve permettere di dare al paese la direzione che vogliamo. Oltre ad appendere la bandiera vi chiedo di scrivere sui social ‘il mio voto conta’. Metteteci una vostra foto, della costituzione, del tricolore: non molliamo adesso. Fatevi sentire. Organizzeremo anche delle manifestazioni nelle principali città italiane, delle passeggiate, dei gesti simbolici, tutto quanto possibile pacificamente. Il 2 giugno, il giorno della festa della Repubblica, invito tutti, tutti, tutti a venire a Roma dove faremo un grande evento, su questo stiamo già lavorando e entro domani vi daremo maggiori dettagli. Ma tutti dobbiamo esserci, con la nostra bandiera italiana per dire che noi valiamo, che è il nostro voto quello che conta”.
“È importante farci sentire e farci vedere perché già iniziano a circolare tonnellate di bugie. La prima ve l’ho detta già ed è quella sui risparmi e sullo spread. La seconda è quella sull’uscita dall’euro. L’ho detto in tutta la campagna elettorale, lo abbiamo messo nero su bianco nel contratto, l’ho ripetuto in questi 80 giorni e lo ribadisco oggi: non vogliamo uscire dall’euro. Non lo abbiamo mai detto. Paola Savona non ci avrebbe portato fuori dall’euro, avrebbe sicuramente fatto valere gli interessi dell’Italia nelle sedi europee, come fanno tutti gli altri Paesi. Ora vogliono fare allarmismo, vogliono terrorizzare con questa teoria folle. Ma non è vero. Ci sono centinaia di mie dichiarazioni in campagna elettorale. E’ solo una bugia inventata dai consiglieri di Mattarella per inquinare le acque dell’informazione, più che il Presidente andrebbero messi in stato di accusa i suoi consiglieri. Non credeteci. Sono balle. Un’altra bufala è quella per cui Mattarella ha tutto il diritto di scegliersi il ministro dell’Economia. Ma quando mai? Ma dove sta scritto? Quando dei ministri sono stati rifiutati c’erano dei motivi oggettivi. Gratteri era un magistrato in funzione, Previti era l’avvocato di Berlusconi (non si può trattare la cosa pubblica come un affare privato), Maroni non andò alla Giustizia perchè aveva dei problemi giudiziari. Ma Savona che ha fatto? Ha scritto un libro? Esistono reati di opinione in Italia? Ma poi non lo dico io. Lo dicono i manuali di diritto. Che oggi divulgheremo con tutte le nostre forze. Lo dicono quei manuali da cui gli studenti studiano Diritto Costituzionale. Lo dico ai tanti docenti universitari. O li riscrivete quei manuali o abbiate il coraggio di dire che il Presidente è andato oltre la sue prerogative. Quali valori ha inteso garantire il Capo dello Stato decidendo di non far nascere questo Governo? Nessuno. La verità è che non ci volevano al governo”.
“Poi ora si inizia a parlare di impeachment e dicono che non si può fare, che è assurdo, eccetera. La messa in stato d’accusa si può fare e serve la maggioranza assoluta del Parlamento per mandare a processo il Presidente Mattarella davanti alla Corte Costituzionale. Se la Lega non fa passi indietro quindi non stiamo parlando di una possibilità, ma di una certezza pressoché assoluta. Non facciamo questa cosa a cuor leggero, sono stato un profondo estimatore del Presidente Mattarella, ma la sua scelta oltre che gravissima è incomprensibile. Per questa ragione con la messa in stato d’accusa, obbligheremo il parlamento a discutere di quello che è successo, ma soprattutto, faremo in modo che dopo le prossime elezioni non ci sia lo stesso Presidente che impedisce nuovamente la nascita del Governo del Cambiamento. Dopo quanto accaduto l’Italia ha bisogno di un Presidente della Repubblica che scelga i cittadini e non le agezie di rating, le banche o gli interessi tedeschi”.
“Chiediamo di andare al voto il prima possibile, anche ad agosto. La scusa dei mercati è una bufala. I mercati sono preoccupati per l’instabilità e con la nascita di un governo politico non ci sarebbero stati problemi”, sottolinea Luigi Di Maio, annunciando una mobilitazione nazionale a Roma proprio in concomitanza con la Festa della Repubblica e dichiarando: “Noi al governo andremo, è una promessa”.
Luigi Di Maio si scaglia nuovamente contro il Quirinale e chiede ai cittadini di scendere in piazza il prossimo 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica e chiede il voto il prima possibile, anche ad agosto: “Quella di ieri sera è stata la notte più buia della democrazia italiana. Il presidente della Repubblica ha deciso di scavalcare le sue prerogative e non fare andare al governo il M5s. Al governo ha deciso di mettere dei tecnici che non hanno mai preso un voto, con la sicurezza che non avranno nessuna maggioranza in Parlamento: un governo non solo non votato dal popolo, ma neanche dal Parlamento, un unicum vergognoso”.
“Sto facendo questo video per due ragioni: la prima, in qualità di capo politico, è chiamare tutti i nostri iscritti alla mobilitazione prendendo parte ad alcune mobilitazioni. La seconda è smentire tutte le bufale. La situazione è gravissima. Il voto degli italiani è stato totalmente svuotato del suo valore e questo non è accettabile. Gli italiani hanno deciso di cambiare il 4 marzo e invece il presidente ha deciso di affidare le sorti del Paese a un tecnico, tirando in ballo il risparmio degli italiani. Lo spread è aumentato vorticosamente, perché quella dei mercati è una bufala, che sono preoccupati dalla instabilità”, prosegue Di Maio.
“So che siete incazzati, non possiamo rimanere a guardare, non possiamo lasciarci anestetizzare dai media. Dobbiamo reagire subito e con fermezza, abbiamo bisogno di simboli. Appenderò una bandiera italiana fuori dalla mia finestra e vi chiederò di fare altrettanto: appendetela. Tiriamo fuori il nostro orgoglio e rivendichiamo il diritto a decidere del nostro futuro. Quello che decidiamo nelle urne deve permettere di dare al paese la direzione che vogliamo. Oltre ad appendere la bandiera vi chiedo di scrivere sui social ‘il mio voto conta’. Metteteci una vostra foto, della costituzione, del tricolore: non molliamo adesso. Fatevi sentire. Organizzeremo anche delle manifestazioni nelle principali città italiane, delle passeggiate, dei gesti simbolici, tutto quanto possibile pacificamente. Il 2 giugno, il giorno della festa della Repubblica, invito tutti, tutti, tutti a venire a Roma dove faremo un grande evento, su questo stiamo già lavorando e entro domani vi daremo maggiori dettagli. Ma tutti dobbiamo esserci, con la nostra bandiera italiana per dire che noi valiamo, che è il nostro voto quello che conta”.
“È importante farci sentire e farci vedere perché già iniziano a circolare tonnellate di bugie. La prima ve l’ho detta già ed è quella sui risparmi e sullo spread. La seconda è quella sull’uscita dall’euro. L’ho detto in tutta la campagna elettorale, lo abbiamo messo nero su bianco nel contratto, l’ho ripetuto in questi 80 giorni e lo ribadisco oggi: non vogliamo uscire dall’euro. Non lo abbiamo mai detto. Paola Savona non ci avrebbe portato fuori dall’euro, avrebbe sicuramente fatto valere gli interessi dell’Italia nelle sedi europee, come fanno tutti gli altri Paesi. Ora vogliono fare allarmismo, vogliono terrorizzare con questa teoria folle. Ma non è vero. Ci sono centinaia di mie dichiarazioni in campagna elettorale. E’ solo una bugia inventata dai consiglieri di Mattarella per inquinare le acque dell’informazione, più che il Presidente andrebbero messi in stato di accusa i suoi consiglieri. Non credeteci. Sono balle. Un’altra bufala è quella per cui Mattarella ha tutto il diritto di scegliersi il ministro dell’Economia. Ma quando mai? Ma dove sta scritto? Quando dei ministri sono stati rifiutati c’erano dei motivi oggettivi. Gratteri era un magistrato in funzione, Previti era l’avvocato di Berlusconi (non si può trattare la cosa pubblica come un affare privato), Maroni non andò alla Giustizia perchè aveva dei problemi giudiziari. Ma Savona che ha fatto? Ha scritto un libro? Esistono reati di opinione in Italia? Ma poi non lo dico io. Lo dicono i manuali di diritto. Che oggi divulgheremo con tutte le nostre forze. Lo dicono quei manuali da cui gli studenti studiano Diritto Costituzionale. Lo dico ai tanti docenti universitari. O li riscrivete quei manuali o abbiate il coraggio di dire che il Presidente è andato oltre la sue prerogative. Quali valori ha inteso garantire il Capo dello Stato decidendo di non far nascere questo Governo? Nessuno. La verità è che non ci volevano al governo”.
“Poi ora si inizia a parlare di impeachment e dicono che non si può fare, che è assurdo, eccetera. La messa in stato d’accusa si può fare e serve la maggioranza assoluta del Parlamento per mandare a processo il Presidente Mattarella davanti alla Corte Costituzionale. Se la Lega non fa passi indietro quindi non stiamo parlando di una possibilità, ma di una certezza pressoché assoluta. Non facciamo questa cosa a cuor leggero, sono stato un profondo estimatore del Presidente Mattarella, ma la sua scelta oltre che gravissima è incomprensibile. Per questa ragione con la messa in stato d’accusa, obbligheremo il parlamento a discutere di quello che è successo, ma soprattutto, faremo in modo che dopo le prossime elezioni non ci sia lo stesso Presidente che impedisce nuovamente la nascita del Governo del Cambiamento. Dopo quanto accaduto l’Italia ha bisogno di un Presidente della Repubblica che scelga i cittadini e non le agezie di rating, le banche o gli interessi tedeschi”.
“Chiediamo di andare al voto il prima possibile, anche ad agosto. La scusa dei mercati è una bufala. I mercati sono preoccupati per l’instabilità e con la nascita di un governo politico non ci sarebbero stati problemi”, sottolinea Luigi Di Maio, annunciando una mobilitazione nazionale a Roma proprio in concomitanza con la Festa della Repubblica e dichiarando: “Noi al governo andremo, è una promessa”.
E’ arrivata la risposta di Paolo Savona: così smaschera le balle che Mattarella ha raccontato agli italiani
Di Paolo Savona
"Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un paradossale processo alle intenzioni di voler uscire dall’euro e non a quelle che professo e che ho ripetuto nel mio Comunicato, criticato dalla maggior parte dei media senza neanche illustrarne i contenuti. Insieme alla solidarietà espressa da chi mi conosce e non distorce il mio pensiero, una particolare consolazione mi è venuta da Jean Paul Fitoussi sul Mattino di Napoli e da Wolfgang Münchau sul Financial Times. Il primo, con cui ho da decenni civili discussioni sul tema, afferma correttamente che non avrei mai messo in discussione l’euro, ma avrei chiesto all’Unione Europea di dare risposte alle esigenze di cambiamento che provengono dall’interno di tutti i paesi-membri; aggiungo che ciò si sarebbe dovuto svolgere secondo la strategia di negoziazione suggerita dalla teoria dei giochi che raccomanda di non rivelare i limiti dell’azione,perché altrimenti si è già sconfitti, un concetto da me ripetutamente espressopubblicamente. Nell’epoca dei like o don’t like anche la Presidenza della Repubblica segue questa moda.
Più incisivo e vicino al mio pensiero è il commento di Münchau. Nel suo commento egli analizza come deve essere l’euro per non subire la dominanza mondiale del dollaro e della geopolitica degli Stati Uniti, affermando che la moneta europea è stata mal costruita per colpa della miopia dei tedeschi. La Germania impedisce che l’euro divenga come il dollaro “una parte essenziale della politica estera”. Purtroppo, egli aggiunge, il dollaro ha perso questa caratteristica, l’euro non è in condizione di rimpiazzarlo o, quanto meno, svolgere un ruolo parallelo, e di conseguenza siamo nel caos delle relazioni economiche internazionali; queste volgono verso il protezionismo nazionalistico, non certo forierodi stabilità politica, sociale ed economica. È il tema che con Paolo Panerai ho toccato nel pamphlet recentemente pubblicato su Carli e il Trattato di Maastricht, dove emerge la lucida grandezza di Paolo Baffi. L’Italia registra fenomeni di povertà, minore reddito e maggiore disuguaglianze. Il 28 e 29 giugno si terrà un incontro importante tra Capi di Stato a Bruxelles: chi rappresenterà le istanze del popolo italiano? Non potrà andarci Mattarella, né può farlo Cottarelli. Se non avesse avuto veti inaccettabili, perché infondati, il Governo Conte avrebbe potuto contare sul sostegno di Macron, così incanalando le reazioni scomposte che provengono dall’interno di tutti indistintamente i paesi-membri europei verso decisioni che aiutino l’Italia a uscire dalla china verso cui è stata spinta. Münchaugiustamente afferma che “teme non vi sia un sostegno politico nel Nord Europa” e quindi non ci resta che patire gli effetti del protezionismo e dell’instabilità sociale. Si tratta di decidere se gli europeisti sono quelli che stanno creando le condizioni per la fine dell’UE o chi, come me, ne chiede la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissi.