mercoledì 27 settembre 2017

Marco Travaglio: "Philip Laroma Jezzi ministro subito!"


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(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Se fossimo candidati a premier, ci precipiteremmo a Firenze, nello studio dell’avvocato-ricercatore-docente associato di Diritto tributario Philip Laroma Jezzi, 49 anni, madre inglese e padre italiano. E lo imploreremmo di accettare l’incarico di prossimo ministro della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca scientifica. Non solo perché, diversamente dalla titolare attuale, una laurea ce l’ha davvero, non millantata sul curriculum. Ma anche perché, rara avis in un mondo accademico dove tutti sanno tutto della mafia dei concorsi truccati, ha violato la regola dell’omertà, ha registrato di nascosto e respinto le proposte indecenti dei baroni (“smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”), ha denunciato tutto alla Gdf, si è rivolto al Tar per ottenere la qualifica di associato che meritava per il suo talento. E ha vinto su tutta la linea: ora è associato perché è bravo, non perché ha santi in Paradiso; chi voleva costringerlo a genuflettersi per elemosinare come favore ciò che gli spettava come diritto è agli arresti o sotto inchiesta; e ora chi ha vissuto, vive o vivrà un’odissea come la sua sa che esiste un’alternativa alla prostituzione e all’espatrio. Non solo per gli “inglesi”. Ma pure per gli italiani. Il fatto poi che questo hombre vertical sia un abbonato al Fatto ci rende doppiamente orgogliosi, visto che ai valori costituzionali di eguaglianza e legalità abbiamo votato il nostro giornale  scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 27 settembre 2017, dal titolo “Philip ministro subito”.

L’altroieri, quando si è saputo che all’origine della retata fiorentina c’era lui, ci siamo ricordati della lettera che Philip ci aveva inviato un paio d’anni fa e l’abbiamo ritrovata in archivio: “Caro direttore, ho letto un suo editoriale e come sempre mi ha appassionato: è vero, la ‘mafia legale’ (io conosco bene quella universitaria, di cui il caso di Bari ‘non è altro’ che la regola) è ovunque. L’unica cosa che non condivido è la scelta che avrebbero i migliori (non che io pensi di essere tra questi): ‘O si prostituiscono anch’essi per ottenere come favore ciò che spetta loro di diritto o emigrano nel privato (anch’esso inquinato dagli stessi malvezzi); o espatriano’. Nel mio piccolo, a fronte della richiesta del direttore dell’Agenzia delle Entrate di Firenze di soldi per avere una corsia preferenziale, in sequenza ho detto no; ho fatto un esposto in Procura; sono stato nominato ausiliario di giustizia dal pm collaborando con la Guardia di Finanza… a raccogliere prove schiaccianti del ‘sistema’ gestito dal dirigente che è quindi stato arrestato… Io sono nato nel Regno Unito e metà della famiglia è di là. Ho studiato (bene e tanto) sia in Italia che a Londra… Ma piuttosto che fare ‘l’italiano in Inghilterra’ ho preferito fare ‘l’inglese in Italia’”.

E concludeva: “In questo modo riesco, con molta più facilità, a distinguermi, a essere eccentrico. Non ho bisogno di fare il punk, mi basta fermarmi alle strisce pedonali. Ecco la quarta via rispetto a quelle da lei indicate: ‘fermarsi alle strisce’”. Gli avevo risposto: “Caro Philip, grazie: la ‘quarta via’ era proprio quella che speravo di sollecitare con la provocazione del mio articolo”. Non potevo sapere che quello spettacolare “piuttosto che fare l’italiano in Inghilterra, ho preferito fare l’inglese in Italia” era una citazione testuale del suo colloquio col barone che tentava di farlo ritirare dal concorso per non disturbare i ciucci raccomandati che dovevano vincerlo.

Ora naturalmente la ministra vuole fare chiarezza, come se non lo sapessero tutti che i concorsi, anche universitari, sono quasi tutti truccati. E i magnifici rettori, ovviamente portati lì dalla cicogna, fingono sdegno per un sistema che tutti (migliaia di persone) conoscono e coprono, venendone premiati come ministri (tipo Fantozzi, quello che proponeva “una nuova cupola” per pilotare meglio i concorsi) e “saggi costituenti” contro la Costituzione. Almeno finché qualcuno non accende il registratore. In questa fiera del tartufo, ci siamo giocati intere generazioni di giovani che tentano la carriera scientifica pensando che basti studiare, lavorare, inventare, ragionare. Poi vedono i soliti noti saltare la fila e capiscono. E, come Philip, si sentono ripetere dai baroni che dovrebbero insegnare Diritto (!): “Non è che non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando”, “tu sei uno stronzo, ma come intelligenza e laboriosità vali il doppio degli altri, però devi ritirarti”, “se fai ricorso ti giochi la carriera, invece se accetti ti facciamo scrivere un paio di articoli così reimposti il tuo curriculum e vieni abilitato nella prossima tornata”, “qui non siamo sul piano del merito: è stata fatta una lista e tu non ci sei”, “ci sono delle insufficienze e tutti quanti sono passati con l’unanimità perché si fanno dei ragionamenti sugli equilibri complessivi“, “non capisco la tua scelta di non ritirarti dopo che ti era stato dato il messaggio di ritirarti… la consapevolezza di com’era orientata la commissione”, “funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste degli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio”, “ogni professore aiuta l’altro”, “non è che si dice ‘è bravo o non è bravo’: no, si fa ‘questo è mio, questo è tuo, questo deve andare avanti’”. E se qualcuno ancora non capisce, pensando di farcela con le proprie gambe, lo stroncano subito con una pacca sulle spalle: “La logica universitaria è questa… è un mondo di merda, purtroppo è un do ut des, tu mi fai questi a Napoli ed io ti do…”, “è il vile commercio dei posti”.
E così, al suo primo incontro con lo Stato, il giovane cittadino diventa subito suddito, formattato per la vita. O piega la schiena, portando il suo primo bicchier d’acqua al mulino della Repubblica della Corruzione; oppure cambia mestiere, o Paese.
Philip Laroma Jezzi ha scelto la quarta via: s’è rivolto ai giudici e ha ottenuto ciò che gli spettava. Ministro subito.

3 commenti:

  1. Gentilissimo Travaglio, a mio avviso Lei dovrebbe riunire intorno a sé le denunce dei ricercatori che hanno vissuto la stessa situazione e promuovere una class action di questi contro lo Stato italiano. Solo una persona con una visibilità pubblica lo può fare, noi studiosi siamo isolati l'uno dall'altro, ci possiamo solo muovere in modo limitato. Io sono dispostissimo a denunciare subito, ma i fatti risalgono a diversi anni fa, perché poi mi orientai per la Germania, come del resto tanti altri. Non vogliamo solo studiare a far progredire l'umanità, non siamo né eroi né soprattutto abbiamo soldi e tempo per intraprendere azioni legali Molti di noi neanche vivono più in Italia. Ma se una persona pubblica in modo pubblico e sfruttando i social network promuove una class action oppure una denuncia globale, allora vedrà che si faranno sentire in tanti e scoppierà veramente il caso 'università'. Io sarei il primo a fare nomi e cognomi. Bisognerebbe inoltre poi avere un sito e su questo pubblicare tutti i nomi dei corrotti, perché, anche se insegnano, comunque i loro studenti sappiano con chi hanno a che fare. Devono essere macchiati per sempre e ciò lo si può fare solo pubblicando i loro nomi in un sito per l'eternità. Anche i loro parenti,figli, nipoti, amici devono sapere chi sono. Questa è la via da percorrere, ma solo un personaggio pubblico la può portare avanti, non certo un misero ricercatore. Lei non può fare ministro, se non a parole, il ricercatore, il cui futuro accademico ovviamente ora è segnato per sempre. Proprio iniziando un movimento del genere potremmo invece sostenere lui e i tanti che, schifati dal sistema universitario italiano, se ne vanno all'estero.

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  2. "Noi vogliamo" no "non vogliamo", nel mio post precedente, scusi!

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  3. ci vorrebbero diverse persone del genere per salvare l'italia.

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