lunedì 31 luglio 2017

“GENTILONI E’ UN TRADITORE DELLA PATRIA E VOI UN GREGGE DI PECORONI!” IL PROFESSOR BECCHI SUONA LA SVEGLIA AGLI ITALIANI IN DIRETTA TV


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Immenso Becchi- Gentiloni traditore della... di bigcocomero


Paolo Becchi su SkyTg24 dopo la nomina di Paolo Gentiloni e dei suoi ministri fotocopia.

“Gentiloni si può definire molto semplicemente con tre parole: è un traditore della Patria. È uno che svende gli ultimi elementi di sovranità ancora presenti nel nostro Paese all’Unione Europea. E il compito che ha da realizzare è questo: la distruzione totale del nostro Paese, cominciata con il colpo di Stato di Mario Monti. Punto!

Il compito che ha Gentiloni è quello che è stato bocciato dalla riforma, perché la Riforma (tra virgolette, “riforma”) prevedeva l’entrata dell’Unione Europea nella nostra Costituzione. Ebbene: non ce l’hanno fatta in questo modo, non è entrata dalla porta, e ce la fanno entrare dalla finestra del Governo Gentiloni. Questo è il fatto.

Un altro punto vorrei toccare: “non c’è la legge elettorale”. Ma come non c’è la legge elettorale!? Il “Consultellum” c’è! La sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum ha fatto emergere che al Senato, al momento attuale, vige il Consultellum. Sarebbe sufficiente abrogare con un articolo di legge l’Italicum ed immediatamente, in maniera automatica, il Consultellum (il proporzionale con sbarramento) verrebbe anche applicato alla Camera. Si può fare. In due giorni si può fare. E voi mentite!

Ma in ogni caso noi a votare non ci andremo! E se ci andremo, sarà sicuramente dopo il 15 di settembre, perché quel gregge di pecoroni che è in Parlamento – e che non ci torneranno più – mai metteranno in discussione il loro vitalizio!

LA “NUOVA REGOLA” IN ARRIVO PER ANDARE IN PENSIONE DI CUI NESSUN GIORNALE PARLA. GUARDATE CHE INFAMATA


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CERCATE LA PENSIONE? PRENDETE IL BINOCOLO – PRONTO IL DECRETO PER ALZARE L’ETÀ PENSIONABILE DA 66 ANNI E 7 MESI A 67 ANNI – SCATTERÀ A PARTIRE

 DAL 2019, MA SARÀ MESSO NERO SU BIANCO GIÀ DALL’AUTUNNO – LA RIFORMA ARRIVA MENTRE CALA L’ASPETTATIVA DI VITA E IL LAVORO STA SPARENDO

Antonio Signorini per “il Giornale”

Nessun arretramento, avanti come da programma. Alla fine dell’estate arriverà via decreto un aumento dell’età pensionabile da 66 anni e sette mesi a 67 anni. Scatterà a partire dal 2019, ma sarà messo nero su bianco – contabilizzando i risparmi per i conti pubblici – già dall’ autunno. La conferma è arrivata ieri. Le indiscrezioni dei giorni scorsi si sono rivelate fondate e i sindacati hanno deciso una controffensiva chiedendo il blocco dello scatto.


«Non c’ è motivo di far andare avanti gli automatismi che determinano l’innalzamento dell’età pensionistica», ha detto ieri il leader della Uil Carmelo Barbagallo. «Stiamo continuando nella discussione della seconda fase, non c’è motivo di far andare avanti l’adeguamento dell’ età pensionistica alle aspettative di vita, a parte il fatto che l’ anno scorso l’ aspettativa è diminuita», ha sottolineato il sindacalista. Il punto è proprio questo.

L’aumento è previsto da una legge del 2011 che adegua il pensionamento alle cosiddette «aspettative di vita». Cioè alla durata media della vita. L’ultimo adeguamento è scattato l’anno scorso. C’è quello del 2018 e poi altri fino al 2050. Obiettivo finale 70 anni tondi.
Sempre che la vita media degli italiani continui a crescere come ha fatto, senza soluzione di continuità, dal Dopoguerra a qualche tempo fa.

Peccato che, riportato da tutti i media nazionali, nel 2015 non c’ è stato alcun aumento delle aspettative di vita. Anzi. La speranza di vita alla nascita è scesa a 80,1 anni da 80,3 del 2014 per gli uomini e a 84,7 anni (da 85) per le donne. È questo il riferimento di Barbagallo.

Il tema è al centro del tavolo governo-sindacati sulle pensioni. Ieri si è tenuta una riunione molto tecnica, che ha preso in esame alcuni aspetti dell’Ape social, cioè l’ anticipo della pensione gratuito per le categorie disagiate. Il tema dell’ anticipo è stato rinviato ma è uno degli ostacoli maggiori.

Ieri il ministro del Lavoro ha ammesso che l’ipotesi è sul tavolo. «Siamo in largo anticipo: l’Istat ci darà i dati in autunno, quando saremo in condizioni di valutare cosa fare lo faremo. Questa è una scelta che viene da lontano – ha aggiunto – il tema non è solo del ministero del Lavoro, bisogna farla a ragion veduta».

Tradotto, a spingere per il decreto è il ministero dell’ Economia, che vuole mettere in cassaforte i risparmi sulle pensioni, di fatto già contabilizzati nei vari documenti ufficiali.
La «sorpresa» del calo delle aspettative di vita ha messo a rischio un risparmio dato per scontato. La tesi del governo è che, sicuramente, le aspettative di vita del 2016 torneranno a crescere. E che, comunque, la legge sulle pensioni prevede un aumento.
Interpretazioni che i sindacati respingono al mittente.

Per la leader della Cisl Annarmaria Furlan «dobbiamo fermare l’ automatismo legato all’ aspettativa di vita: questo meccanismo infernale per cui sempre di più si alza l’ età pensionabile». Per Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, un aumento dell’ età pensionabile verrebbe visto dai lavoratori come «un gigantesco schiaffo» e si determinerebbe «una rottura difficile da colmare».

Peccato che il governo non sia disposto ad assecondare le organizzazioni dei lavoratori. Stretto da vincoli sul deficit sempre meno flessibili e da spese improvvise difficili da fare digerire a Bruxelles e ai mercati internazionali che monitorano il debito italiano. Come quella per le banche. La coperta è sempre più stretta e a farne le spese saranno anche i pensionandi.

“PRENDO 170MILA EURO DI PENSIONE, MA SE MI DITE PRIVILEGIATO VI SPACCO IL CULO”: COSI’ MUGHINI AI MICROFONI DELLA ZANZARA


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“Io godo di una pensione con sistema retributivo. A chi mi dice che sono un privilegiato spacco il culo”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de La Zanzara, su Radio24, daGiampiero Mughini a proposito della pensione che percepisce.

E spiega il motivo della sua contrarietà a chi lo bolla come privilegiato: “Io mi ricordo quello che pagavo mese per mese quando ero inviato speciale di Panorama, mi sono pagato la pensione fino all’ultimo minuto. Su quello stipendio che prendevo pagavo contributi molto alti e non vorrei che qualcuno venisse a rompermi i coglioni.

L’anno scorso ho avuto un imponibile lordo da 170mila euro e di tasse ne ho pagate 70mila. Sono tempi molto magri, almeno per me”. E aggiunge: “Rispetto al passato sono precipitato, un po’ per l’età, un po’ per il fatto che non ho ammiratori, né estimatori nel mondo editoriale. Io non ho nulla, né un giornale, né un rapporto professionale con una testata. Vedo certe nullità in giro che meriterebbero la paga della mia colf e invece sono divenuti direttori, vicedirettori, conduttori, portavoce. Non faccio nomi di persone assenti, ma li vedi in giro, in televisione o anche intervistati alla Zanzara: basta guardarli in faccia.

E’ gente che 30 anni fa al massimo faceva il segretario di redazione e che non supererebbe la quinta ginnasio”. Mughini critica duramente la campagna del quotidiano Libero contro i vitalizi: “E’ una barbarie. Da alcuni mesi non leggo più Libero, che pur mi ha ospitato così generosamente per tanti anni. Questo giornale fa campagne sbagliate e volgari in nome dell’attizzamento del popolino. Il nome della campagna, poi, “Papponi delle pensioni”, è volgare e stupido. Ad esempio, l’accanimento contro il mio amico Achille Occhetto per il suo vitalizio da 5mila euro è ingiusto”. E sottolinea: “Il vitalizio? E’ determinato da una legge, sicuramente cialtrona. Poi la legge si può cambiare, ma non certo in base alle campagne faziose di quello o di quell’altro” di Gisella Ruccia.

“IN QUALUNQUE ALTRO PAESE, UN PREMIER CHE PER MESI GIURA DI LASCIARE LA POLITICA IN CASO DI SCONFITTA, SAREBBE ASSEDIATO”: TRAVAGLIO CI SPIEGA CHE SIAMO UN POPOLO DI PECORE


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HANNO LA FACCIA COME IL CULO – TRAVAGLIO: “IN QUALUNQUE ALTRO PAESE, UN PREMIER CHE PER MESI GIURA DI LASCIARE LA POLITICA IN CASO DI SCONFITTA,

 SAREBBE ASSEDIATO – GENTILONI È UN BRAV’UOMO TENDENZA SUGHERO, UN GALLEGGIANTE CHE NON DISTURBA, NON SPORCA, DOVE LO METTI STA. PIÙ CHE UN PREMIER, UNA PIANTA GRASSA”

Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano – ESTRATTO

Tra i tanti fiaschi collezionati da Renzi nei tre anni della sua avventura politica nazionale, il più bruciante per lui è la scoperta che nessuno l’ ha mai preso sul serio (a parte i lacchè e sciuscià della cosiddetta informazione, che peraltro hanno già messo a riposo le lingue in attesa del successore).

In qualunque altro Paese, un premier che per mesi giura di ritirarsi a vita privata, andare a casa, lasciare la politica e cambiare mestiere in caso di vittoria del No al referendum, sarebbe assediato dal suo e dagli altri partiti, dai suoi e dagli altrui elettori, e ovviamente dai media, con domande del tipo: “Perché ha mentito al popolo italiano? Con quale credibilità pensa di presentarsi alle prossime elezioni? Che aspetta a tornarsene a Pontassieve e a scomparire per sempre dalla circolazione?”.

Invece niente: evidentemente tutti, mentre pronunciava quei solenni giuramenti, già sapevano che erano tutte balle. Il che, per uno che voleva cambiare la politica, l’ Italia, l’ Europa, ma non riesce a cambiare mestiere (forse perché non ne ha mai avuto uno), è il peggiore dei fallimenti.

E così per la sua corte dei miracoli e miracolati. Pensate al discredito che travolgerebbe Cameron se, dopo aver promesso il ritiro in caso di Brexit, fosse rimasto alla guida dei conservatori con la scusa che il Remain ha avuto il 48,1% dei voti. E alle risate che seppellirebbero la Clinton, se fosse ancora lì che rompe perché ha preso più voti di Trump.

Ma quelli sono paesi seri. In Italia si dà per scontato che il premier sia un pagliaccio. Infatti si trova normale che Renzi si appropri del 40% dei Sì e che al suo governo Renzi segua un Renzi-bis (patrocinato per giorni dai giornaloni) e, tramontato quello, che il premier uscente ma non uscito faccia le consultazioni a Palazzo Chigi manco fosse Mattarella e pretenda di scegliere i ministri-chiave del nuovo governo, di ricicciare addirittura la Boschi e di imbullonare il suo clone Lotti alla poltrona di sottosegretario per governare i servizi segreti, l’ editoria e i dossier “sensibili”.

Ora, probabilmente, nascerà un governicchio Gentiloni con la stessa maggioranza (l’ unica possibile in questo Parlamento illegittimo di nominati e voltagabbana). È la soluzione non migliore (il meglio non ha più cittadinanza in Italia da decenni), ma meno peggiore. Paolo Gentiloni è un brav’uomo tendenza sughero, un galleggiante che non disturba, non sporca, dove lo metti sta. Più che un premier, una pianta grassa. L’ ideale per la decantazione dopo tante risse fra e nei partiti, soprattutto il Pd.

Purché non sia un prestanome e duri poco.

Oltre giugno non sarebbe igienico andare, per due motivi: a) questo è il quarto governo nato all’ insaputa degli elettori in cinque anni; b) prima di sei mesi è improbabile che il Parlamento faccia la legge elettorale. È vero che i governi non possono avere date di scadenza.

Ma, vista la situazione eccezionale, i partiti dovranno trovare il modo di dargliene una, entro la quale dovranno fare senza tante discussioni ciò che va fatto subito. Che, attenzione, non è la legge elettorale: quella non è compito del governo, ma del Parlamento, su proposta della maggioranza, ma coinvolgendo le opposizioni o almeno parte di esse. Di leggi elettorali fatte dai governi per far perdere gli avversari ne abbiamo avute due in 10 anni, il Porcellum e l’ Italicum, e sappiamo come sono finite. Sconsiglieremmo di riprovarci.

LA CONSULTA AMMAZZA LA CASTA: SI PUO’ ANDARE A VOTARE ANCHE DOMANI, DA OGGI NON CI SONO SCUSE!


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La Corte, di fatto, ha sfornato una nuova legge elettorale, con una sentenza come recita il comunicato, “suscettibile di immediata applicazione”. Un Verdetto, dunque, che ha un forte valore

 (e un forte impatto) politico. Perché sancisce un ruolo di supplenza a un Parlamento incapace di prendere una iniziativa politica in materia, dopo che è franato un disegno di riforma costituzionale a cui era legato l’Italicum. E, al tempo stesso, accorcia la durata della legislatura. O meglio, assicura quel finale ordinato della legislatura auspicato dal capo dello Stato.

Dalla sentenza della Consulta viene fuori una legge elettorale proporzionale alla camera, con un premio di maggioranza per la lista che raggiunge il al 40 per cento (un elemento maggioritario che però difficilmente può scattare con gli attuali rapporti di forza), soglia di sbarramento al tre per cento, senza obbligo di coalizione. Scontata la rottamazione del ballottaggio, che in verità l’hanno fatta gli elettori il 4 dicembre, perché inservibile in un sistema bicamerale e non monocamerale. Pensato come una legge per un sistema con una sola Camera, con due comporta il rischio di maggioranze diverse.


Al Senato c’è il cosiddetto Consultellum, ovvero la legge che viene fuori dalla precedente sentenza della Consulta sulla legge elettorale di Calderoli (a testimoniare la perdurante incapacità del Parlamento in materia): è un proporzionale puro, con uno sbarramento all’8 per chi va da solo e al tre per cento per le liste nelle coalizioni. Due leggi elettorali che non sono perfettamente “armoniche”. Al Senato non c’è premio e ci sono le coalizioni, alla Camera c’è il premio ma non ci sono le coalizioni. Spiegava Orfini in Parlamento: “Anche l’8 al Senato si può considerare un principio maggioritario. La legge è utilizzabile”. Ecco il punto, tutto politico.

La legge che esce dalla Corte consente la forzatura a Renzi e al partito del “voto a giugno”. Due minuti dopo la sentenza della Corte dice Ettore Rosato, capogruppo del Pd: “Vedo di una disponibilità a discutere di legge elettorale da parte del M5S, se riguarda anche il Mattarellum bene se no una legge elettorale c’è. Quanto tempo diamo al Parlamento per valutare il Mattarellum? Se non c’è il Mattarellum abbiamo i Consultellum”. Dunque, un tentativo sul Mattarellum, poi basta. E si vota. Come chiede anche l’M55 e la Lega, insomma un bel pezzo di Parlamento.

Il punto chiave che consente la forzatura sono i capilista bloccati, che la Corte non mette in discussione. I famosi “cento capilista” che i partiti si possono nominare. Facciamo un esempio. Con questa legge Berlusconi, che prende meno di cento seggi alla Camera, si nomina tutto il suo gruppo parlamentare. Renzi ne prende attorno ai 200, dunque ne nomina mezzo. Il grosso della Camera è di nominati. Proprio il criterio di nomina aiuta il tentativo di un blitz sulle elezioni anticipate. Perché produce un riflesso d’ordine con gli aspiranti nominati che hanno paura di essere fuori dalle liste, saldamente nelle mani di Renzi. Che potrà distribuire posti sicuri pur di ottenere lo scioglimento. Né questa dinamica è intaccata dall’intervento della Corte sul meccanismo dei capilista plurimi, per cui è stato introdotto un criterio che non è l’arbitrio.

Insomma, la sentenza mette agli atti che l’Italicum era una cattiva legge con profili di incostituzionalità. La boccia, ma al tempo stesso indica una via d’uscita, consentendo di tornare al voto a una classe politica incapace di produrre buone leggi elettorali da diversi lustri.


FONTE
HUFFINGTON POST

CLAMOROSO! DOPO QUESTA MOSSA IL M5S POTREBBE ARRIVARE AL 51%. GUARDATE CHE HA FATTO


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LA BANCA PIGNORA LA CASA DI UN MURATORE: CINQUESTELLE LA RICOMPRANO TAGLIANDOSI LO STIPENDIO

Il M5S restituisce la casa alla famiglia del muratore suicida #CasaImpignorabile

“La prima casa non si tocca! Il MoVimento 5 stelle alla Regione Sicilia ha restituito oggi la casa alla famiglia Guarascio, finita all’asta e passata di mano per un piccolo debito con una banca. Non saranno costretti pertanto a traslocare, la moglie ed i figli del muratore di 64 anni, deceduto per essersi dato fuoco per evitare lo sfratto dalla sua abitazione di via Brescia a Vittoria, costruita dallo stesso muratore dopo tanti anni di sacrifici.

Abbiamo acquistato la casa, subito donata alla famiglia, con le somme che accantoniamo mensilmente rinunciando a gran parte del nostro stipendio. La nostra donazione è altamente simbolica, serve infatti ad accendere i riflettori sulla legge sull’impignorabilità della prima casa, (prima firmataria è la parlamentare M5S Vanessa Ferreri) attualmente ferma al Senato.



La legge è stata approvata all’unanimità dall’Ars il 22 ottobre del 2014, ma da allora ha fatto pochissima strada a Roma. E’ ora che la legge metta il turbo. Non possiamo permettere che ci siano altri casi Guarascio, cui stiamo pensando di intestare la legge. Il Bomba non faccia orecchie da mercante, eventuali prossime vittime le avrebbero sulla coscienza lui e la sua maggioranza.
Particolari della donazione e lo stato della legge a Roma saranno comunicati nel corso di un incontro venerdì prossimo alle 11 davanti alla casa della famiglia Guarascio in via Brescia 214 a Vittoria, alla presenza dei deputati regionali M5S e dei portavoce nazionali del Movimento, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista.” M5S Sicilia


BOMBA DEL M5S! SCOPERTA UNA PORCATA MOSTRUOSA DI ALFANO E LORENZIN

I finanziamenti (nascosti) degli ospedali privati al partito del ministro della Salute Lorenzin

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Con 60mila euro gentilmente regalati tra il 2014 e il 2015, le cliniche private affiliate all’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) di Lazio, Toscana e Lombardia rappresentano il primo


 donatore del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Sì, avete capito bene: i centri medici privati e il partito che occupa il dicastero responsabile del sistema sanitario.

Il MoVimento 5 Stelle lo ha scoperto analizzando le tabelle sulle erogazioni liberali superiori a 5mila euro da parte di persone fisiche e giuridiche alle formazioni politiche. Dati in teoria pubblici, ma che, almeno nel caso di Ncd, non appaiono in dettaglio nel rendiconto 2014, mentre nella relazione del tesoriere sul 2015 vengono sì riportati in elenco, ma con gli opportuni omissis, giustificati da esigenze di privacy del donatore. E vengono esposti in modo parziale pure nella relazione del tesoriere al bilancio 2016, con Aiop che non compare affatto (malgrado i contributi dell’associazione siano stati registrati a Montecitorio proprio l’anno scorso). Insomma, si tratta di informazioni formalmente disponibili, eppure spesso difficilissime da reperire in concreto.


Inoltre Aiop, raggiunta al telefono sotto mentite spoglie (un cronista freelance) per non destare sospetti, a domanda esplicita ha negato di aver mai rigirato fondi ad alcun partito. Dunque, gli ospedali privati hanno finanziato la formazione politica del ministro della Salute con ben 60mila euro sugli 810mila incassati complessivamente da Ncd nel biennio 2014-2015 (e protocollati in Parlamento nel 2016). Una cifra importante, se si considera che gran parte degli altri fondi arriva dagli stessi esponenti del partito di Alfano. Ne deriva che le cliniche private fanno molto affidamento su un partito che naturalmente non amministra in solitudine nessuna regione (è nelle coalizioni di governatori importanti come Maroni o Toti), quindi non ha le mani in modo diretto su pezzi del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia ha posti importanti di governo, a partire proprio dal ministero della Salute.

Peraltro, i legami tra Ncd e Aiop sono vari e ramificati, dato che, per dirne una, la presidente dell’associazione in Sicilia e vicepresidente nazionale, Barbara Cittadini, “regina” delle cliniche private nell'Isola, è sposata con il deputato alfaniano Dore Misuraca. Aiop, che aderisce a Confindustria, è la più importante sigla di settore. Rappresenta circa 500 case di cura sparse in tutta Italia, con oltre 53mila posti letto di cui 45mila immancabilmente accreditati presso il Ssn. I 60mila euro erogati in due anni a Ncd non sono esattamente “argent de poche”, visto che i consuntivi associativi 2015 e 2016 della sede nazionale riportano avanzi cumulati inferiori a 27mila euro. Però sono soldi ben spesi, data la tendenza degli ultimi governi (Lorenzin è al dicastero della Salute già dai tempi di Enrico Letta) a depauperare la sanità pubblica in favore di quella convenzionata e privata tout court.

Si potrebbe parlare a lungo, ad esempio, delle prestazioni considerate “inappropriate” dal ministero e dunque a rischio tagli per far cassa. Ma restando all’attualità, l’inquilina centrista di Lungotevere Ripa, spalleggiata fortemente dal Bomba, ha lanciato la crociata sulla vaccinazione a tappeto con un decreto che adesso prevede dieci trattamenti obbligatori dal prossimo settembre. Gli stanziamenti sono previsti dal nuovo Piano di prevenzione vaccinale 2017-19 e ammontano a 413 milioni per il triennio. Nel dettaglio: 100 milioni quest’anno, 127 milioni nel 2018 e 186 milioni a partire dal 2019. Secondo le stime delle Regioni, il piano dovrebbe raggiungere circa 800mila under 16 non vaccinati per 6-7 milioni di certificati e un primo impatto di spesa pari a 150 milioni per l’acquisto dei vaccini necessari.

Le strutture pubbliche ce la faranno da sole a rispondere all’enorme domanda che verosimilmente scaturirà dalle nuove norme? Oppure, oltre al ruolo delle farmacie, la sanità privata accreditata sarà chiamata a supporto dalle Asl, magari con convenzioni ad hoc? Secondo Vittorio Demicheli, epidemiologo di fama ed ex direttore della sanità piemontese, “sui destinatari in età da obbligo scolastico l’impatto maggiore del provvedimento riguarda la parte organizzativa degli ambulatori, con la gestione dell’anagrafe vaccinale, delle informazioni sugli inadempienti e delle chiamate per gli appuntamenti. Un’incombenza che ricade sul pubblico, sulle Asl”. “Mentre in merito alla immunizzazione degli adulti - spiega Demicheli - il piano introduce due vaccini negli over 65, pneumococco ed herpes zoster, che andranno a ricadere soprattutto sulla medicina convenzionata. E oltre ai costi di acquisto, ci saranno, a parità di accordi, circa 6 euro per ogni vaccino. Il conto è facile se si considera che avremo grossomodo un milione di vaccinazioni aggiuntive sugli adulti, facendo una previsione un po’ a spanne”, dice il manager della sanità piemontese.

E’ chiaro che siamo di fronte a mere stime predittive. E in linea generale, ovviamente, non tutta la sanità convenzionata fa capo ad Aiop. Tuttavia, quest’ultima rimane l’associazione più rappresentativa del comparto. L’interesse delle cliniche private per il dossier immunizzazioni è comunque evidente e l’offerta è già sul mercato. Bisogna allora cavalcare il clima di presunta emergenza sanitaria creatosi attorno al tema. Una delle tante strutture associate Aiop, la romana Villa Mafalda, parla sul suo blog di “rischio alto per il morbillo e la rosolia” e aggiunge: “Nel nostro Paese i bambini vengono vaccinati sempre meno: riguardo a molte patologie siamo sotto la soglia di sicurezza, quella che assicura la protezione anche di coloro che non possono vaccinarsi per motivi sanitari. Di conseguenza salterebbe l’immunità della popolazione riguardo le stesse malattie”. Mentre la stessa Aiop Lazio, presente tra i finanziatori di Ncd, aveva preso posizione contro la trasmissione Rai Report per la sua recente inchiesta sulle immunizzazioni.

Naturalmente, non c’è nulla di illegale. Si tratta di erogazioni regolarmente registrate, benché stranamente negate dal donatore e ignote al grande pubblico. Né si evince la prova di un “do ut des” diretto. Tuttavia, è chiaro che imprese private non fanno nulla per nulla. I cittadini, comunque, possono mettere in fila i fatti per farsi un’idea su cosa muova davvero i partiti che scrivono le leggi in questo Paese.

Come non pagare il mutuo Ecco la guida per non farvi strozzare (ed è tutto legale)


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Come non pagare le rate del mutuo senza violare la legge. Le possibilità ci sono e come riporta il sito di Adnkronos, citando gli esperti di informazione giuridica di Laleggepertutti.it, a indicarle sono state alcune sentenze.

Se gli interessi sul mutuo hanno superato la soglia dell'usura - si legge sul portale - il correntista è tenuto a restituire alla banca solo il capitale. Ciò vale, secondo quanto stabilito dal Tribunale di Viterbo, anche se ad essere usurari sono i soli interessi di mora e non quelli corrispettivi. "La legge sull'usura - spiegano gli esperti - stabilisce che sono usurari gli interessi che superano del 50% il tasso medio, determinato con decreto del Ministero del Tesoro ogni tre mesi. Il tasso varia a seconda del tipo di operazione con la quale viene concesso il credito. Dunque, non esiste un unico tasso usurario per tutte le operazioni di prestito, ma esistono diversi tassi a seconda delle modalità con cui il finanziamento viene concesso. Ad esempio, il tasso medio dal 1° ottobre fino al 31 dicembre 2002, per un credito personale, ammontava al 10,45%; dunque, per tale tipo di operazione e nel periodo anzidetto, il tasso usurario era quello superiore al 15,67%".



Non si parla però solo di interessi. Una recente sentenza del Tribunale di Cuneo "ha dichiarato nullo il contratto di mutuo e di fideiussione, con riferimento a uno solo dei due cointestatari (marito e moglie) perché non riportava la firma di quest'ultimo. In buona sostanza, il mutuo – così come tutti i contratti stipulati con la banca – deve essere obbligatoriamente scritto. Ovviamente la forma scritta non ha senso se, insieme ad essa, non ci sono anche le firme delle parti. Ora, se anche la giurisprudenza ha ritenuto che la firma della banca non sia necessaria se è quest'ultima a produrre il contratto in causa, della firma del mutuatario invece non se ne può fare assolutamente a meno".

domenica 30 luglio 2017

ADRIANO CELENTANO ROMPE IL SILENZIO E DIFENDE VIRGINIA RAGGI: “TEMONO CHE REALIZZI IL MIRACOLO A ROMA”


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Anche Adriano Celentano difende la Raggi: la loro paura, scrive l’artista, sul suo blog è che la sindaca di Roma riesca a fare il “miracolo” nella capitale.


E questo sarebbe un duro colpo per l’establishment anti 5 Stelle.
Il cantante si dice preoccupato in quanto i partiti hanno “perso la strada” e si sfoga contro chi attacca la sindaca di Roma per i danni fatti dai suoi predecessori.

Scrive Celentano sul suo blog:

“Fra un po’ si andrà a votare e io sono preoccupato. I partiti hanno smarrito la strada. Non sanno dove prendere i voti. Le banche si fanno prestare i soldi dai piccoli risparmiatori e poi non glieli restituiscono più. Gli arrampicatori pretendono che Virginia Raggi, in quattro e quattr’otto, risollevi Roma dalle macerie prodotte dai governi precedenti. O forse, è proprio quello che temono: che sia lei, l’unica in grado di realizzare il miracolo. Fatto sta che il mondo politico è allo sbando, e forse qualche sbandamento l’ha avuto anche il capo della polizia visto che ha dichiarato che l’orribile delitto ai danni dell’oncologa rappresenta una vera e propria sconfitta per le ISTITUZIONI. La povera Ester viveva in uno stato di angoscia insostenibile, perseguitata da mesi giorno e notte, a niente sono servite le continue denunce alle forze dell’ordine sistematicamente archiviate perchè “PURTROPPO” la donna era ancora “viva”.

Ma ora che lei non c’è più, finalmente la polizia potrà muoversi senza alcun indugio in modo seriamente determinante. Mi domando se l’evidente sconquasso della politica non sia dovuto al fatto che i governi, una volta raggiunto il “potere sognato”, non pensino altro che alla loro vanagloria anzichè dare la priorità all’unica cosa davvero ESSENZIALE. La certezza della pena. A cosa serve la crescita, il posto assicurato se poi, finita la giornata lavorativa, esci e ti uccidono? E a cosa serve il posto di lavoro se poi gli stessi lavoratori (in tutti i settori) non eseguono con coscienza il loro lavoro? Non è l’articolo 18 che difende i lavoratori. Se mai è proprio il “18” a creare una vera e propria schiera di scellerati. Perchè i tanto vituperati padroni dovrebbero licenziare qualcuno se questo qualcuno fa il proprio dovere con coscienza? Non è vero che l’esempio viene dall’alto. L’esempio, quello vero, in grado di correggere anche quelli in alto, viene dal basso.”

“MACRON TI SPUTA IN FACCIA E TU…?”: FINALMENTE QUALCUNO MASSACRA GENTILONI, IL FANTASMA CHE LA CASTA HA MESSO A PALAZZO CHIGI


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Ah, se a Palazzo Chigi ci fosse un vero premier. La dichiarazione di guerra di Emmanuel Macron all’Italia non ha sortito alcun effetto a Roma. Parole vuote daPaolo Gentiloni e dai suoi ministri

 Alfano, Padoan e Calenda. Eppure l’accelerazione sulla Libia, lo schiaffo senza precedenti sui cantieri navali Stx“scippati” a Fincantieri e lo shopping che le imprese francesi  stanno attuando sistematicamente in Italia da anni (da Parmalat a Mediobanca, da Generali fino a Tim) richiederebbero misure estreme. Luigi Bisignani, uno che di diplomazia e strategie si intende eccome, sul Tempo scatta l’amara fotografia di un’Italia allo sbando, senza più uno straccio di politica industriale, completamente in balia di Macron, finto europeista e presunto alleato.



Viene da rimpiangere, scrive, gente come Cossiga e Andreotti. O Bettino Craxi, che “avrebbe certamente convocato un gabinetto permanente di crisi e avrebbe dato una risposta dura, infischiandosene se la Francia ha il potere di veto all’Onu e possiede un armamento nucleare”, sottolinea Bisignani. In realtà le mosse da fare erano poche, e semplici. Per prima cosa, la Farnesina avrebbe dovuto “convocare a Roma l’ambasciatore italiano a Parigi senza attendere l’arrivo di un inutile ministro francese”. Secondo: Padoan dovrebbe “estromettere le banche francesi dall’elenco degli specialisti del debito pubblico italiano in cui figurano Bnp Paribas, Crédit Agricole e Société Générale“. Terzo: la Cassa Depositi e Prestiti “potrebbe dire che la rete telefonica in capo a Telecom è strategica e va subito nazionalizzata”, alla faccia di Vincent Bolloré che con una pesantissima minusvalenza sul groppone farebbe a sua volta pressioni su Macron per siglare la pace. E Federica Mogherini? “As usual, non pervenuta”.

I VOSTRI FIGLI A SCUOLA? ROVINATI: ECCO L’ULTIMA FOLLIA DELLA MINISTRA ADDAMS


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Nel 2007, l’allora ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni aveva bollato in una circolare il telefonino in classe come “elemento di distrazione in classe sia per chi lo usa sia per i compagni, oltre che una


grave mancanza di rispetto per il docente”. E per questo, sempre in quella circolare, lo aveva bandito dalle aule scolastiche. Si badi come, dieci anni fa, si fosse appena agli albori dell’era degli smartphpne: in nove casi su dieci, il telefonino era una scatoletta con la quale si poteva al massimo mandare gli sms e le diavolerie di oggi, le app, erano cosa pressochè sconosciuta. Oggi, alzi la mano, invece, chi non è dotato di smartphone e relative diavolerie.


E’ in questa epoca che la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha istituito un gruppo di lavoro che partirà il 15 settembre e avrà 45 giorni di tempo per “chiarire l’uso dei dispositivi personali delle studentesse e degli studenti in classe, intervenendo sulle circolari attuali, risalenti a un periodo troppo lontano da oggi”. In altre parole, la Fedeli apre le porte delle classi agli smartphone degli allievi in quanto strumenti didattici. Se poi questo aprirà le porte all’abuso del loro impiego, saranno affarazzi (come al solito) degli insegnanti. Tanto, la Fedeli mica sta dietro una cattedra…

mercoledì 5 luglio 2017

Consip, la bomba su Matteo Renzi scoppierà dopo l'estate: "Rischia di essere..."


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Ci sarà un secondo round. E, forse, peggiore del primo. «La bomba scoppierà in autunno», confidava,


 ieri, un importante esponente del governo a un amico parlamentare. E il bersaglio sarebbe sempre lui, Matteo Renzi. La «bomba» di cui si parla – e chi lo fa, ne parla a ragion veduta – sarebbe un altro capitolo del filone Consip, un caso che riguarda di nuovo i rapporti tra imprenditori e “Giglio Magico”.


Questa volta, però, secondo l’ autorevole fonte che ha fatto la confidenza, Renzi sarebbe toccato più da vicino. Di più: il caso riguarderebbe proprio lui, non parenti o persone a lui vicine. Ci sarebbe, insomma, un salto di qualità in quella che i renziani definiscono «la gogna mediatica» per far fuori “Matteo”. Anche per questo, negli ultimi giorni, la tentazione di votare tra settembre e ottobre è tornata a farsi sentire.

Non che il segretario del Pd abbia mai abbandonato questo disegno. «Ce l’ ha sempre in testa», dice chi lo conosce. Ma in questi giorni, dopo la doppietta editoriale rappresentata dal libro di Ferruccio De Bortoli con le rivelazioni sul caso Banca Etruria e da quello di Marco Lillo con la telefonata tra lui e il padre, la tentazione di votare il prima possibile è tornata molto forte.
Per giocare in anticipo. Per prendere in contropiede quei “poteri forti” che, con mezzi leciti e meno, falsificando atti di inchiesta o, come ha scritto ieri Renzi su Facebook, arrivando a «violare la legge», con la pubblicazione di «intercettazioni illegittime» (vedi quella del padre), hanno un obiettivo: farlo fuori politicamente.
Evitare che torni a Palazzo Chigi. «Non è un caso che dopo la vittoria alle primarie, siano emerse queste rivelazioni», si dice. Ovvio che, se in autunno, a pochi mesi dalle elezioni, dovesse scoppiare una bufera giudiziaria che lo coinvolge, sarebbe azzoppato. Al di là delle responsabilità oggettive, che, come sempre, verrebbero accertate negli anni.
Del resto, che il filone Consip non sia esaurito è un segreto di Pulcinella. Come è uscita la telefonata tra Renzi e il padre, così, si ragiona nel Palazzo, potrebbero uscirne altre. Non solo nel libro di Lillo. Ieri, per esempio, tra i dem c’ è chi puntava il dito sulla strana sequenza temporale: la telefonata tra il padre e “Matteo” è del 2 marzo. Ma dal momento in cui viene registrata, poi ascoltata e quindi trascritta devono passare almeno alcune settimane. Il 10 aprile Giampaolo Scafarto, il carabiniere del Noe indagato per aver manipolato gli atti, viene interrogato dalla procura di Roma. Dunque è sotto indagine da vari giorni.
Da quando? Possibile che Scafarto abbia fatto tutto da solo? Quante altre persone hanno ascoltato quel materiale e quanto materiale ancora c’ è?
Intanto le rivelazioni continuano. Daniele Lorenzini, sindaco di Rignano sull’ Arno ed ex Pd, ieri a Un Giorno da Pecora, ha confermato il verbale pubblicato dal Fatto in cui diceva che Tiziano Renzi era preoccupato di essere arrestato. «Se questo è il verbale, è quello che probabilmente io ho detto, sono andato a testimoniare quello di cui ero a conoscenza».
Il Pd prova a contrattaccare: «Qui c’ è qualcosa di più profondo dell’ aggressione al Pd e al suo segretario. C’ è qualcosa che riguarda il funzionamento della democrazia italiana e che dovrebbe allarmare tutti quanti», scrive Matteo Orfini.
Un fedelissimo di Renzi si sfoga: «Se andiamo al governo con Berlusconi, la prima cosa che si fa è una legge seria sulle intercettazioni».
Non mancano, però, le polemiche. La più puntuta arriva da Giorgio Napolitano che accusa di «iprocrisia paurosa» chi (il Pd) oggi grida «contro l’ abuso delle intercettazioni». Si tratta, ricorda, di «una questione aperta da anni e con sollecitazioni molto forti da parte delle istituzioni».
Parole che fanno infuriare i renziani, confermando il sospetto che anche l’ ex presidente lavori contro “Matteo”. Un altro fronte caldo è quello della riforma del processo penale, che fra pochi giorni arriverà alla Camera dei deputati. Renzi non vuole sia messa la fiducia. Ma in questo modo, accusano gli orlandiani, il rischio è che torni al Senato e finisca in un binario morto. Ma il pensiero di Renzi è altrove. E anche il balletto sulla legge elettorale, si dice, punta a questo: dimostrare che il Parlamento non riesce a fare alcuna riforma. Quindi, andare a votare.
di Elisa Calessi


Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12388745/matteo-renzi-consip-dopo-estate-indagato-voce-procura.html

TREMENDA DENUNCIA DI VIRGINIA RAGGI, POCO FA A SORPRESA:” Vi dico chi c'è dietro..."


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“Vi abbiamo chiamati qui per denunciare quello che sembrerebbe un attacco coordinato ai mezzi del


 servizio giardini, dal 19 aprile sono ben otto. Sono iniziati con l’avvio della bella stagione, la primavera, quando l’erba cresce e quando è necessario che il servizio giardini si attivi per rendere fruibile il verde. Sono state fatte delle denunce spot, ora il comune presenterà un esposto alla procura, perché sembra che dietro questi episodi ci sia una regia”. Lo ha detto la sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante una conferenza stampa nella sede del servizio giardini di Villa Lazzaroni.

Danni da 30mila euro. In meno di un mese sono otto gli episodi di aggressione e vandalismo alle sedi e ai mezzi del servizio giardini di Roma conteggiati dal Comune di Roma. Nel complesso i danni economici prodotti sono “contenuti”, si legge in una relazione del dipartimento Tutela Ambientale: le prime stime si aggirano intorno ai 30 mila euro circa, tuttavia si tratta di danneggiamenti che stanno rendendo inservibile i mezzi speciali del servizio. Le due aree che hanno maggiormente risentito di tali danneggiamenti sono villa Borghese, nel municipio II, e villa Lazzaroni nel VII municipio.

Nella relazione sono annotati otto episodi, dal picconamento del container utilizzato dal personale che opera per il Centro emergenza Verde il 19 aprile all’ultima rottura dei parabrezza di due camioncini e di un lucchetto a Villa Lazzaroni. (FONTE: Huffingtonpost.it)

Travaglio sbotta in diretta: “Tutti gli altri rubano e noi parliamo del M5S? Ma vaffanculo!”


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Ecco cosa scriveva qualche tempo fa Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano:

Beccati. Finalmente li hanno presi con le mani nel sacco. Ecco cosa nascondono i 5Stelle, ecco perché Grillo e Casaleggio han fondato il MoVimento, ecco perché i grillini fanno politica: per fare soldi. La scoperta la dobbiamo ai segugi di Repubblica, che in due giorni han piazzato altrettanti scoop mica da ridere. I titoli parlano da sé: “Una pioggia di euro dagli spot sul blog, ecco la miniera d’oro di Beppe e Casaleggio”, “Le ombre nel bilancio dei grillini al Senato”. Hai capito quei ladroni? Zitti zitti, mentre tuonano contro i finanziamenti pubblici ai partiti, accumulano un tesoro nella grotta di Alì Babà. Come fanno? Semplice. Il nababbo Gianroberto Casaleggio, la cui società che edita il blog di Grillo (il 77° d’Italia) è sempre andata in perdita e nel 2012 racimolò un utile di 69.500 euro, incassa soldi a palate dalle pubblicità, pagate dagli inserzionisti un tot ogni mille clic.

Quanto? Secondo il Sole 24 Ore 5 euro. Secondo il titolo di Repubblica 0,92 euro; secondo l’articolo di Repubblica 0,64 euro. Per un totale annuo di 5-10 milioni secondo il Sole, di 570 mila euro secondo Repubblica . Se ne saprà di più il mese prossimo, quando sarà pubblicato il bilancio 2014 sul 2013 (“sarà molto migliore del 2013”, ha anticipato il guru). È vero che non conterrà il dato scomposto del blog di Grillo; ma, essendo questo la principale attività della società, si capirà se l’ordine di grandezza è quello indicato dal quotidiano della Confindustria o da Repubblica. Nel primo caso, sarebbero un bel po’ di soldi (peraltro legittimi, per giunta privati). Nel secondo, saremmo poco sopra l’accattonaggio. In ogni caso, la domanda sorge spontanea: siccome è assolutamente pacifico e dichiarato che il blog di Grillo, come peraltro tutti i siti web di questo mondo, si finanzia con gli spot, dove sarebbe il “mistero” dei finanziatori? Basta aprirlo e vedere chi sono gli inserzionisti. Non c’è nulla di meno misterioso di un’inserzione pubblicitaria. Si dirà: ma il blog di Grillo è l’organo ufficiale di un movimento politico. Verissimo. Esattamente come l’Unità ed Europa per il Pd, la Padania per la Lega, e così via (Forza Italia non ne ha bisogno). Ma con due lievi differenze. 1) I giornali di partito incassano fior di milioni dallo Stato, cioè da tutti i cittadini, compresi quelli che non si sognerebbero mai di votare per quei partiti, e senza quella “pioggia di euro”, quella “miniera d’oro”, fallirebbero all’istante; in più, sulla carta e sul web, fanno pubblicità e incassano altri soldi da inserzionisti privati. Secondo: nessuno mena scandalo per tutto ciò, nessuno pubblica “inchieste” sulla “pioggia di euro” e la “miniera d’oro” degli house organ dei partiti.

Ma attenzione: ora, sempre grazie a Repubblica , conosciamo pure “le ombre nel bilancio dei grillini al Senato”. Quali? Tenetevi forte: “affitti da 2 mila euro al mese ai dipendenti della comunicazione” (il prezzo medio di un trilocale al centro di Roma), “pranzo da 6,71 euro consumato il 6 giugno dal senatore Lucidi” nel ristorante di Palazzo Madama” e soprattutto, scandalo degli scandali, “buffet in onore di Beppe Grillo che l’11 luglio 2013 tenne una conferenza stampa al Senato”, roba da “114 euro” per 55 persone (il capo e 54 senatori), cioè 2 euro a testa, mica bruscolini. Ed ecco la prova che c’era qualcosa da nascondere: nel rendiconto “per uso interno”, il sardanapalesco banchetto fu registrato come “acquisto di panini e bibite per accoglienza Grillo”, mentre in quello pubblico c’è scritto “spese di rappresentanza”. Capita la furbata?

Dopodiché, astuti come volpi, i 5Stelle potevano papparsi 42 milioni di rimborsi elettorali, invece li hanno lasciati allo Stato; ogni tre mesi potrebbero intascarsi 2,5 milioni non spesi fra diarie e indennità, invece li versano in un fondo per le piccole imprese; potevano pure spartirsi i 420 mila euro avanzati dai contributi raccolti nella campagna elettorale 2013, invece li hanno devoluti ai terremotati dell’Emilia. Ma il movente è chiaro: farsi una gazzosa da 2 euro con Grillo alla facciazza degli italiani. Sporcaccioni.

“Tangenti alla presidenza del consiglio”. Inchiesta choc de "Le Iene" ignorata da tutti


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Il programma tv “Le Iene“, in onda su Italia 1 in prima serata, ha intervistato un anonimo che ha riferito di un giro di mazzette nella Presidenza del Consiglio. Lo scopo? Vincere gare di appalto.


La persona, che vediamo incappucciata nel filmato, lavorava per un’azienda di forniture proprio per la Presidenza del Consiglio. L’uomo parla, senza troppi giri di parole, di “mazzette per vincere gare di appalto“.
Lo show di Italia1 riferisce anche che il dipendente dispone di “prove scritte” per confermare tutte le accuse sulle varie mazzette.

La dichiarazione dell’anonimo:

“Ho ricevuto minacce, ho paura. Un signore mi ha puntato un coltello alla gola, ho trovato fogli con intimidazioni. Sanno che io so e sanno che potrei raccontare”.
Il finale del servizio è sconvolgente: l’uomo racconta di essere stato minacciato di recente e di aver deciso proprio per questo di raccontare la verità.

GUARDA IL VIDEO:


martedì 4 luglio 2017

DI BATTISTA (M5S) VI SPIEGO COME FANNO A RUBARE: PARTITI, COOP E MAFIE. UN UNICO, PERFETTO SISTEMA CHE SOLO NOI POSSIAMO SCARDINARE


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di Alessandro Di Battista


Qui trovate la mia intervista dalla Annunziata nel programma InMezzora. Fatela vedere a chi pensa che urliamo e basta, che siamo etero-diretti, che vogliamo sfasciare tutto. Ieri notte l’ho rivista. Siamo andati bene, sì siamo. Io, come gli altri miei colleghi, quando andiamo in TV portiamo le vostre parole, siamo portavoce.




Ho parlato di FI con estrema durezza e poi ho provato a spiegare il sistema triangolare delle grandi opere in Italia. Le grandi opere sono un triangolo, un vertice lo occupano i partiti che le utilizzano per il voto di scambio garantendo appalti a quelle cooperative (bianche o rosse fa lo stesso) che restituiscono il favore indirizzando il voto di alcuni loro dipendenti (ricattati con l’arma del lavoro) e dando tangenti ai faccendieri, agli intermediari tra partiti e cooperative o aziende stesse. L’ultimo vertice è occupato dal crimine organizzato che si infila come un coltello nel burro ogni qual volta c’è da spendere miliardi di euro pubblici e soprattutto ogni volta che si tira fuori la parola “fretta”.

La fretta è l’alleato dei criminali. “Facciamo in fretta, facciamo in fretta”. “O corriamo o non finiamo l’EXPO” si sente dei adesso. Se vai forte in macchina rischi due cose, di sfracellarti e di non vedere il panorama. Il panorama nelle grandi opere è la corruzione, sono i ladri, i delinquenti che rubano i nostri soldi. Questo è il quadro. Per questo abbiamo un debito pubblico di oltre 2000 miliardi di euro. Diffondete che vinciamo e ripuliamo l’Italia. A riveder le stelle!

“FANNULLONI DA LICENZIARE? COMINCIAMO DAI DEPUTATI CHE PASSANO IL TEMPO IN TV”: STREPITOSO CROZZA


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Crozza: “Fannulloni? Anche i parlamentari che vanno in tv non fanno un cazzo. Non è vero, lavorano. Alla cazzo”


Copertina di Maurizio Crozza, che apre la nuova puntata di Dimartedì (La7), soffermandosi sull’annuncio che il premier ha fatto sul licenziamento dei dipendenti pubblici fannulloni: “Renzi ha detto che i fannulloni devono andare a casa entro 48 ore. Significa che, se oggi è martedì, entro giovedì si svuotano tutti gli uffici pubblici, che praticamente diventeranno oasi naturalistiche incontaminate. La natura, infatti, in assenza dell’impiegato pubblico, si riprende il possesso dei Comuni. Senza fannulloni nascerà il Parco Nazionale dell’Anagrafe“.





CROZZA- -LICENZIARE I FANNULLONI- GLI UFFICI... di bigcocomero

Il comico ironizza sull’indolenza e sulle risposte non eccessivamente gentili di alcuni impiegati pubblici e aggiunge: “Non me la prendo con statali, perché ci sono anche degli statali che… che… Vabbè, non me la prendo con gli statali. Io ho visto anche statali che si facevano un mazzo così. A Berlino. Però li ho visti“. E aggiunge: “Ha ragione Renzi: uno statale che viene beccato da una telecamera a non fare niente invece che lavorare in 48 ore deve andare a casa. Solo che dovremmo estendere questo provvedimento a tutte le telecamere e quindi alle telecamere di Agorà, Porta a Porta, La Gabbia, Dimartedì, Ballarò, Otto e Mezzo, Piazzapulita, Quinta Colonna, Matrix, Virus, L’Arena, perché quelle trasmissioni sono piene di parlamentari che, invece di lavorare, non fanno un cazzo. Giusto?” – prosegue – “E i parlamentari sono statali. Giusto? Quindi, in questo Paese possiamo affermare che dal primo dei parlamentari all’ultimo degli impiegati nessuno fa una beata telecamera. Quindi, entro giovedì, Renzi, che è il capo degli statali, va a casa. Giusto? Perciò venerdì si vota. Giusto?”. Crozza osserva: “Non è vero che i parlamentari non fanno un cazzo. Purtroppo lavorano. Alla cazzo, ma lavorano. Volete uno stipendio senza lavorare? Rivolgetevi al sindacato. Bon per farvi aiutare, ma per farvi assumere“. Il comico imita, quindi, Maurizio Landini, ospite in studio, e Susanna Camusso. Tornato nei suoi panni, Crozza continua: “La domanda è: ma in questo Paese chi è che lavora? Le trattorie. E poi Juncker si lamenta che a Roma un interlocutore? Ma per forza. Ha provato a telefonare a Er Pallaro a Campo de’ Fiori? E come interlocutore c’è anche Gentiloni, che era il portavoce di Rutelli, mica un pupazzo. Era il portavoce del pupazzo. Non gli piace nemmeno Gentiloni? C’è Alfano. Ah, vedi che ora rivaluta Gentiloni?”. La copertina di Crozza si conclude con un riferimento alle banche: “Banca Etruria è fallita, il Monte Paschi di Siena sta trascinando tutti i titoli bancari nel baratro. Come mai tutte le banche che scricchiolano sono in Toscana? Ma scusa, Giova, quanti papà ha la Boschi?“

BANCA ETRURIA COME MONTEPASCHI! ECCO I RICCONI CHE SI SON FOTTUTI I SOLDI!


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Aiuti pubblici per tutte le banche in crisi. Ma (ufficialmente) niente liste dei bidonisti. Si allarga


 giorno dopo giorno l’ombrello del Tesoro sugli istituti di credito: la garanzia statale sulle emissioni delle banche in difficoltà sarà estesa anche a Etruria, Marche Ferrara. E su queste tre banche spuntano i primi nomi dei debitori che hanno contribuito, insieme con i manager bancari e una vigilanza non sempre all’altezza della situazione, a creare i dissesti finanziari. Gli elenchi degli insolventi sono, ovviamente, parziali: dentro, comunque, risultano sofferenze eccellenti da decine di milioni di euro e pure qualche personaggio famoso.

Nel menù, il piatto forte è Etruria. La black list degli insolventi è piuttosto nutrita. i maggiori crediti deteriorati sono nel mattone e in cima alla lista risultano personaggi come Francesco Bellavista Caltagirone, la coop Castelnuovese del presidente Lorenzo Rosi, l’altra coop rossa del real estate Consorzio Etruria. Solo Caltagirone tra Acqua Marcia e Acquamare accumula 45 milioni di sofferenze.

Sempre per restare nell’area immobiliare, ecco il leader del cemento Sacci che ha lasciato un «conto» da saldare che oscilla tra i 45 e i 60 milioni di euro. E, ancora, c’è l’outlet Città Sant’Angelo costato a Rosi e Luciano Nataloni l’accusa di conflitto di interessi: la sofferenza è di 15 milioni, dovuti alla crisi della coop emiliana Unieco, socia dell’affare. La cronaca degli scorsi mesi aveva raccontato il caso dello Yacht Etruria, la mega-nave allestita dalla Privilege Yard nel porto di Civitavecchia dove continua ad arrugginire dopo il fallimento della società. Un affare che alla Popolare dell’Etruria ha comportato una perdita secca da quasi 25 milioni.

Il dissesto di Banca Marche è al vaglio della procura di Ancona. I pubblici ministeri anconetani hanno passato al setaccio una sessantina di operazioni condotte insieme con la controllata Medioleasing fra il 2007 e il 2012. Un giro di affari illeciti, secondo i magistrati, che avrebbe portato al crac da quasi un miliardo di euro nel 2015. Oltre la metà di queste operazioni (32) riguardano prestiti o proroghe di finanziamenti concessi da Banca Marche a società del Gruppo edile Lanari per realizzare progetti immobiliari. In particolare, sei crediti sarebbero andati a “La Fortezza”, fallita nel febbraio 2015, addirittura 21 a “La Città Ideale”, fallita nell’aprile 2016, e altri cinque alla “Immobiliare Elle”, fallita a marzo 2016.

Insomma, secondo l’accusa, a distruggere il patrimonio di Banca Marche sarebbero state «operazioni dolose» realizzate con «abuso di poteri e violazione di doveri» per «conseguire un ingiusto profitto a danno della società» in una «strategia aziendale tesa a favorire un particolare segmento di clientela prevalentemente legata a rapporti personali, e in alcuni casi economici, con il dg Massimo Bianconi».

Passiamo a Carife. Sui conti della banca ferrarese – che dovrebbe finire nelle braccia della Popolare dell’Emilia Romagna – pesano soprattutto alcune operazioni nel mattone. Si tratta, come segnalato dal Sole24Ore a giugno 2013, di due investimenti, finiti al vaglio della procura di Milano, per progetti immobiliari: Milano Santa Monica e MiLuce. Entrambe le operazioni erano state finanziate dalla Carife e dalla sua controllata, la Sgr Vegagest, in particolare dalla sua società attiva nel settore del real estate, Vegagest immobiliare. Dietro le perdite per questi due affari ci sarebbe stata una truffa, architettata da manager dell’istituto e da imprenditori, che ha cagionato sofferenze per 240 milioni.

Fare luce sulle cause della crisi dell’industria bancaria è fondamentale. Non solo individuando i grandi debitori che hanno agito in malafede (e solo quelli), ma anche portando alla luce – come chiede il sindacato Fabi – le responsabilità dei banchieri, che puntano il dito contro i prestiti agli «amici degli amici». Martedì scade il termine per presentare gli emendamenti al decreto salva risparmio: il senatore di Forza Italia, Paolo Romani, ha promesso di proporre, accanto alla nascita di una commissione d’inchiesta, la creazione del registro dei «bidonisti». Altre 48 per la verità. Tutto questo, come accennato, mentre diventano sei le banche che usufruiranno della stampella dello Stato per restare in piedi: dopo Montepaschi e le due venete (PopVicenza e Veneto Banca), l’intervento pubblico riguarderà anche tre dei quattro istituti falliti a novembre 2015 (quella esclusa dal piano è la piccola Cassa di risparmio di Chieti). Dopo 25 anni di disastri e gestioni scellerate, lo Stato torna prepotentemente allo sportello. Coi soldi dei contribuenti.


CANONE RAI, ECCO COME CHIEDERE L’ESONERO DELLA TASSA PIU’ ODIOSA: COSI’ EVITI DI MANTENERE I LECCAPIEDI DI REGIME


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SVEGLIA, TELE-MORENTI! – IL 31 GENNAIO SCADONO I TERMINI PER CHIEDERE L’ESONERO DAL CANONE RAI: IN QUESTO MODO NON SARÀ ADDEBITATA IN BOLLETTA, PER IL 2017, LA PIU’ ODIATA TRA LE TASSE – MA ATTENZIONE AI SITI TRUFFA – ECCO DOVE SCARICARE I MODULI


Sandra Riccio per www.lastampa.it

Mancano pochi giorni per chiedere l’esenzione dal pagamento del Canone Rai. I termini, anticipati rispetto alle iniziali disposizioni, scadranno il prossimo 31 gennaio. In questo modo non sarà addebitato in bolletta il corrispettivo per il 2017 a chi non ha la Tv. La richiesta vale un anno, poi bisogna ricominciare tutto da capo. Questo significa che la richiesta andrà presentata nuovamente anche da coloro che già avevano chiesto l’esonero per il 2016.

Questo mese ci sono anche altre scadenze: entro il prossimo 31 gennaio deve saldare il conto anche chi non è titolare di un’utenza addebitabile. Il pagamento va effettuato con il modello F24.

ECCO DOVE TROVARE I MODULI PER L’ESONERO

Per chiedere l’esonero occorre inviare il modello di domanda che si scarica dal sito dell’Agenzia delle entrate (questa è la pagina da cui scaricare i moduli). L’invio va fatto per posta raccomandata oppure per via telematica.

C’è comunque la possibilità di fare richiesta anche dopo la scadenza del 31 gennaio. I ritardatari che saltano la scadenza di fine mese dovranno però pagare la prima parte dell’anno. Potranno inviare la dichiarazione fino al 30 giugno ma gli sarà addebitata la quota dei primi sei mesi. Non pagheranno da luglio a dicembre. Chi invece salta anche il termine di giugno, potrà chiedere l’esonero da luglio ma sarà «graziato» solo sul canone del 2018.

ATTENZIONE ALLE TRUFFE

Nei mesi scorsi, in rete sono spuntati siti-truffa che consentono di effettuare la richiesta di non pagamento. Approfittano della confusione che c’è ancora sulla materia e rubano dati e soldi.

La Rai mette in guardia da questo tipo di raggiri e fa sapere che «soltanto il sito dell’Agenzia delle entrate consente la trasmissione telematica delle dichiarazioni di non detenzione del canone tv (Dnd) e delle richieste di rimborso. L’invio è gratuito: nessun tipo di pagamento è infatti dovuto dai contribuenti.

Ai cittadini si raccomanda quindi di non inserire informazioni personali e soprattutto di non fornire i dati della propria carta di credito su siti diversi da quello istituzionale dell’Agenzia: il rischio è quello di vedersi addebitato un primo importo e nei giorni successivi somme più consistenti, finché il titolare della carta non procede al blocco».

LA CONSULTA AMMAZZA LA CASTA: SI PUO’ ANDARE A VOTARE ANCHE DOMANI, DA OGGI NON CI SONO SCUSE!


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La Corte, di fatto, ha sfornato una nuova legge elettorale, con una sentenza come recita il


 comunicato, “suscettibile di immediata applicazione”. Un Verdetto, dunque, che ha un forte valore (e un forte impatto) politico. Perché sancisce un ruolo di supplenza a un Parlamento incapace di prendere una iniziativa politica in materia, dopo che è franato un disegno di riforma costituzionale a cui era legato l’Italicum. E, al tempo stesso, accorcia la durata della legislatura. O meglio, assicura quel finale ordinato della legislatura auspicato dal capo dello Stato.

Dalla sentenza della Consulta viene fuori una legge elettorale proporzionale alla camera, con un premio di maggioranza per la lista che raggiunge il al 40 per cento (un elemento maggioritario che però difficilmente può scattare con gli attuali rapporti di forza), soglia di sbarramento al tre per cento, senza obbligo di coalizione. Scontata la rottamazione del ballottaggio, che in verità l’hanno fatta gli elettori il 4 dicembre, perché inservibile in un sistema bicamerale e non monocamerale. Pensato come una legge per un sistema con una sola Camera, con due comporta il rischio di maggioranze diverse.

Al Senato c’è il cosiddetto Consultellum, ovvero la legge che viene fuori dalla precedente sentenza della Consulta sulla legge elettorale di Calderoli (a testimoniare la perdurante incapacità del Parlamento in materia): è un proporzionale puro, con uno sbarramento all’8 per chi va da solo e al tre per cento per le liste nelle coalizioni. Due leggi elettorali che non sono perfettamente “armoniche”. Al Senato non c’è premio e ci sono le coalizioni, alla Camera c’è il premio ma non ci sono le coalizioni. Spiegava Orfini in Parlamento: “Anche l’8 al Senato si può considerare un principio maggioritario. La legge è utilizzabile”. Ecco il punto, tutto politico.

La legge che esce dalla Corte consente la forzatura a Renzi e al partito del “voto a giugno”. Due minuti dopo la sentenza della Corte dice Ettore Rosato, capogruppo del Pd: “Vedo di una disponibilità a discutere di legge elettorale da parte del M5S, se riguarda anche il Mattarellum bene se no una legge elettorale c’è. Quanto tempo diamo al Parlamento per valutare il Mattarellum? Se non c’è il Mattarellum abbiamo i Consultellum”. Dunque, un tentativo sul Mattarellum, poi basta. E si vota. Come chiede anche l’M55 e la Lega, insomma un bel pezzo di Parlamento.

Il punto chiave che consente la forzatura sono i capilista bloccati, che la Corte non mette in discussione. I famosi “cento capilista” che i partiti si possono nominare. Facciamo un esempio. Con questa legge Berlusconi, che prende meno di cento seggi alla Camera, si nomina tutto il suo gruppo parlamentare. Renzi ne prende attorno ai 200, dunque ne nomina mezzo. Il grosso della Camera è di nominati. Proprio il criterio di nomina aiuta il tentativo di un blitz sulle elezioni anticipate. Perché produce un riflesso d’ordine con gli aspiranti nominati che hanno paura di essere fuori dalle liste, saldamente nelle mani di Renzi. Che potrà distribuire posti sicuri pur di ottenere lo scioglimento. Né questa dinamica è intaccata dall’intervento della Corte sul meccanismo dei capilista plurimi, per cui è stato introdotto un criterio che non è l’arbitrio.

Insomma, la sentenza mette agli atti che l’Italicum era una cattiva legge con profili di incostituzionalità. La boccia, ma al tempo stesso indica una via d’uscita, consentendo di tornare al voto a una classe politica incapace di produrre buone leggi elettorali da diversi lustri.



FONTE

HUFFINGTON POST

POLIZIOTTI IN GALERA, CRIMINALI FUORI: LA NUOVA FOLLE LEGGE VOLUTA DA BOLDRINI E TUTTO IL PD


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Tratto da Libero.


Destra e sindacati di polizia l’hanno già definita la “legge-vergogna”. Tutto pronto alla Camera per il testo che tra domani e dopodomani introdurrà il reato di tortura per le forze dell’ordine. Spinta dal Pd e dalla presidenta della Camera Laura Boldrini, la legge per la verità non piace nemmeno a sinistra, ma per i motivi opposti: l’accordo sarebbe “al ribasso”, addirittura una “schifezza” per Amnesty International che voleva misure ancora più punitive per poliziotti e militari che usano metodi troppo spicci contro criminali e sospetti tali.

Come ricorda anche il Tempo, il nuovo testo già approvato dal Senato prevede (articolo 1) che “chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minore difesa, è punito con la reclusione da 4 a 10 anni“. Secondo la legge è  tortura “se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”. Secondo una interpretazione letterale della norma, e qui protesta la sinistra, un solo atto di violenza non basterebbe a far punire il militare. Anche le toghe, tramite l’Anm, hanno criticato una legge “confusa, inapplicabile, controproducente”. Dal centrodestra le critiche sono durissime, ma nell’altro senso: “Nasce con intenti ostili”, accusa il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, secondo cui la nuova legge ha come solo effetto quello di “limitare le azioni delle forze di polizia”. “I magistrati comunisti hanno scritto perfino delle lettere. Non gli piace la norma? La abolissero. Io temo che loro la vogliano approvare lo stesso, per peggiorarla poi un domani. È una legge insana, inopportuna che vuole paralizzare le forze di polizia”.


Immigrazione, duro attacco di Di Battista al Governo: "Ma che fate?"


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Riportiamo le dichiarazioni di Alessandro Di Battista sul caos creato da Macron che ha chiuso le porte all'Italia sul fronte Immigrati:


"Prima la Francia bombarda la Libia (Berlusconi era contrario ma abbassò la testa trasformandosi in complice) causando disastri che ormai sono sotto gli occhi di tutti. Oggi la Francia di Macron e dell'Europa solidale chiude i porti lasciando l'Italia sola a gestire il dramma dell'immigrazione (dramma per chi parte e per i contribuenti italiani). L'Italia, lo ricordo, ogni anno dà a questa Europa decine di miliardi di euro. Nelle prossime ore il Governo protesterà, farà comunicati, tirerà fuori parole di fuoco ma abbozzerà ancora una volta. Come sulla Legge Fornero. De Andrè cantava: "lo Stato che fa? Si costerna, s'indigna, s'impegna poi getta la spugna con gran dignità". Gettare la spugna per chi dipende da quel capitalismo finanziario che comanda in Europa non è una scelta, è un obbligo. Questa è la dura realtà. Il "tutti a casa" spaventa ancora molti italiani. Lo so. Ma non ci sono alternative. Prima o poi si voterà."


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