venerdì 15 giugno 2018
I politici di Pd e di Forza Italia finiscono in galera, quelli del Movimento 5 Stelle sui giornali. È davvero uno schifo che deve finire
(Tommaso Merlo) – I politici di Pd e di Forza Italia finiscono in galera, quelli del Movimento 5 Stelle sui giornali. È davvero uno schifo che deve finire. La stampa sta gettando benzina sul fuoco e ben
presto si arriverà allo scontro finale. Questa non è del resto informazione, questa è violenza politica perpetrata mezzo stampa. Questa è bieca diffamazione pubblica a fini politici. La Procura dichiara che il sindaco Raggi non c’entra nulla con la storiaccia dello stadio giallorosso, i giornali parlano di “sistema Raggi” e ne chiedono le dimissioni in prima pagina. In una democrazia sana queste porcherie non possono succedere. Non è giusto, non è sano e col tempo può anche diventare pericoloso. Il problema è molto più serio di quello che appare. La stampa italiana ha superato il limite della faziosità partitocratica, siamo arrivati alla sistematica e brutale manipolazione dei fatti a fini politici, siamo alle calunnie inventate a tavolino e svendute come notizie. Davvero uno schifo se si pensa anche al male che tale giornalismo criminale può causare alle sue vittime. Come siamo arrivati a questo punto è noto: le caste giornalistiche si sono formate nell’era del Pd, di Forza Italia e dei comunisti col Rolex ed hanno servito quelle forze politiche per decenni, prima divisi poi tutti uniti contro i “populisti”. Le caste giornalistiche sono figlie di quell’era politica e di quel sistema, si sono formate e sono emerse anche culturalmente in quel mondo che i cittadini hanno spazzato via nelle urne. Dopo il 4 marzo, le caste giornalistiche sono rimaste tutte al loro posto nelle redazioni, negli studi televisivi e da lì – rancorosi per il clamoroso risultato elettorale e per essere stati malamente ignorati dai cittadini ormai impermeabili alla loro propaganda – hanno iniziato a spruzzare fango contro i gialloverdi ancora più di prima. Come se tentassero una disperata operazione eversiva per boicottare il cambiamento voluto dai cittadini. Come se fossero l’ultimo baluardo politico del vecchio sistema che non si vuole arrendere al proprio fallimento storico. Come se fossero consapevoli che in futuro non ci sarà più spazio per il loro meschino giornalismo politico e s’illudessero di poter tornare indietro. Attaccando, provocando, infamando al punto che lo scontro finale è inevitabile foss’anche solo per prevenire possibili disordini anche sociali. Così del resto non si può andare avanti. È ridicolo che la grande maggioranza dei cittadini che sostengono il governo gialloverde si ritrovano contro l’intera stampa italiana e che non riescano ad accedere a notizie non inquinate politicamente dai loro nemici. È ridicolo che la maggioranza dei cittadini si sentano rimproverare ogni santo giorno per aver votato chissà quali pericolosi fascisti o incapaci o addirittura criminali. Si tratta di una indecenza democratica insopportabile e insostenibile. In passato dopo le elezioni si cambiava la museruola ai giornalisti, si cambiava la linea politica delle redazioni a seconda delle urne per rispettare i nuovi equilibri politici. Il governo gialloverde questo errore non lo deve fare, non deve pretendere un giornalismo amico e nemmeno più equilibrato, deve pretendere un giornalismo totalmente libero ed indipendente dalla politica, da tutta la politica e per davvero e una volta per tutte. Chi si vuole fare il proprio giornaletto di partito se lo faccia e se lo paghi coi suoi soldi e ci sfoghi sopra tutta la sua partigianeria avendo l’accortezza di riportare sulla prima pagina il partito o il boss che serve, ma se si parla d’informazione allora è tutt’altra cosa, è una cosa seria, è un bene pubblico, è linfa democratica vitale e come tale deve scorrere libera da incrostazioni faziose. Il governo gialloverde deve intervenire al più presto affinché finisca l’era dei calunniatori politici camuffati da giornalisti ed affinché l’informazione ritorni a svolgere degnamente il proprio ruolo democratico.
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