di Luca Spoldi per affaritaliani.it
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Dalla terra al mattone, dalle vigne agli alberghi: dopo la tempesta che ha investito Banca popolare di Vicenza, portando il “doge” Gianni Zonin, 79enne ex presidente dell’istituto finito con l’essere indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, a trasferire ai tre figli il controllo (50,2%) della Zonin 1821, primo gruppo vinicolo privato italiano, terzo in assoluto dietro a Cantine Riunite & Civ, cui fa capo anche Gruppo Italiano Vini, e al Gruppo Caviro, oltre che di Mobiliare Montebello, l’immobiliare proprietaria dei terreni (dieci tenute in Italia e una negli Stati Uniti, Barbousville, in Virginia, per un totale di oltre 4 mila ettari, di cui 2 mila di vigneti), la famiglia ora prova a diversificare nel mattone.
Nei giorni scorsi la società vicentina ha infatti inaugurato in Scozia, a Edimburgo, il suo primo Wine House & Hotel 1821, un hotel-boutique dotato di sole quattro suite, un wine bar interno, una “wine library” dove i clienti possono assaggiare e imparare a degustare il vino assistiti da un somellier, oltre a un’area dedicata al business, realizzato in collaborazione con l’imprenditore Sep Marini, già proprietario in Scozia delle catene di ristoranti Tony Macaroni (specializzati in cucina italiana), dei negozi di “fish and chip” a insegna Marini’s e della catena di caffè Nardini’s.
A inaugurare l’hotel-boutique, per il quale sono stati investiti finora 500 mila sterline e che è stato studiato per cercare di attrarre una clientela d’affari, ma anche appassionati di vino (nonostante la tradizione scozzese sia centrata sulla produzione di whisky e birra) e coppie in viaggio di nozze, Gianni, tuttora socio con poco più del 5% di Zonin 1821 (e col 21% di Mobiliare Montebello), non c’era in compenso c’era il terzogenito Michele (classe 1977), che come il fratello Francesco (classe 1974) ricopre la carica di vice presidente di Zonin 1821 (mentre Domenico, classe 1973, è il presidente).
Nelle prossime settimane dovrebbe esserci il bis con l’inaugurazione nelle prossime settimane in Brasile, lungo la via più prestigiosa di San Paolo, mentre il prossimo anno la formula verrà proposta in altri paesi del vecchio continente. Non è la prima volta che i Zonin diversificano: già nel 2008 venne venne varata una partnership con Stefano Dukcevich (patron triestino del gruppo Principe, tra i principali produttori di prosciutto di San Daniele) che ha portato all’apertura di due wine bar Gustavo a Tokyo, iniziativa che nel 2013 ha visto un “bis” grazie all’accordo con Autogrill (gruppo Benetton) per l’apertura di due wine bar RossoIntenso in Italia (l’obiettivo è di aprire altri quattro locali).
Il “core business” resta tuttavia il vino: dalle 38 milioni di bottiglie prodotte nel 2011 per un giro d’affari di 126 milioni di euro, il gruppo è salito nel 2016 ad una produzione del valore di 193,3 milioni di euro, con un utile di 5,1 milioni e un patrimonio netto di 56,3 milioni. Un risultato ottenuto puntando sull’internazionalizzazione.
Grazie ai contributi di Zonin 1821 Usa (64 milioni di dollari di giro d’affari), Barboursville Vineyards (proprietaria oltre che dei vigneti anche del ristorante Palladio e del cottage The 1804 Inn, altri 7 milioni di dollari), Zonin 1821 UK (39,2 milioni di sterline di ricavi, anche se il cambio ha pesato negativamente per 6 milioni di euro) e Zonin 1821 China (8 milioni di yuan), l’estero rappresenta ormai l’86% del fatturato del gruppo.
Quest’anno, poi, la famiglia Zonin ha creato il brand di vini cileni Dos Almas, con l’obiettivo ambizioso di arrivare a produrre 600 mila bottiglie entro il prossimo triennio, mentre il piano industriale punta a far salire il valore della produzione nel 2018 a 235 milioni di euro. Un risultato che vorrebbe dire, se l’utile si mantenesse attorno al 2,64% del valore della produzione come lo scorso anno, registrare un utile di almeno 6,2 milioni, ma la crescita delle attività nella ristorazione e nel hotellerie potrebbe imprimere un’ulteriore accelerazione.
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