Laura Boldrini, ricorso delle dipendenti della Camera: "Comportamento sessista e autoritario, ci ha umiliato"
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La madrina di tutte le battaglie (inutili), Laura Boldrini, ha deciso di imporre la declinazione al femminile delle mansioni indicate nei cartellini delle dipendenti della Camera. In tal modo - come è arcinoto - consigliere diventa consigliera, traduttore in traduttrice, e così via. Purtroppo la presidente della Camera non ha tenuto conto del parere delle donne segretario, che ora saranno chiamate segretarie, termine con una connotazione negativa di tuttofare, che non ha niente a che vedere con il ruolo svolto da queste lavoratrici a Montecitorio. Già un anno fa, leggendo i nuovi "indirizzi in tema di linguaggio di genere", le dipendenti della Boldrini avevano scritto una lettera di protesta.
"Non appare superfluo ricordare" si legge nella missiva, "che la denominazione al maschile del termine scaturisce da rivendicazioni sindacali volte a superare una concezione riduttiva di tale professionalità". Ma la Boldrini, unica accreditata interprete della volontà delle donne, ha fatto tutto da sola, disponendo la sostituzione dei badge. Il documento dell'Ufficio di Presidenza, che impone il cambiamento di genere sulle mansioni indicate nel cartellino, nega l'accesso agli uffici a chi non sia in possesso del nuovo tesserino. Circostanza che ha scatenato l'ira delle lavoratrici, le quali hanno fatto ricorso, lamentando una decisione piovuta dall'alto nonostante la richiesta di referendum avanzata dai sindacati. L'udienza che deciderà la controversia è fissata per il 25 ottobre, ma non è escluso che nel frattempo la delibera venga sospesa. Il colmo, insomma, la Boldrini accusata di sessismo dalle sue dipendenti.
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