di Beppe Grillo
Ritornano continuamente, se ne vanno per sempre, ma sono sempre lì. Assomiglia ad un incubo doloso, a volte mi chiedo se per caso ho un microchip infilato da qualche parte, forse mi sveglio fra poco e non è più vero che stiamo combattendo contro due... mi sta sfuggendo, come il residuo di un sogno da mal di stomaco. Vola via dalla mia memoria, come un brutto ricordo trito e ritrito. In un angolo dimenticato resta lì, abbandonata, la parola "verità".
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Ma sì, in fondo siamo tutti affezionati a quel concetto di verità, come nel film “Tutti gli uomini del presidente”, il racconto dell’affare watergate. Nixon aveva fatto spiare i suoi avversari politici in un albergo, il watergate appunto, quello che mancava era giusto arrivare sul pezzo e riferire la verità alla gente, Nixon si dimise nel giro di poco tempo. Storie romantiche, racconti di cavalieri dell’informazione senza macchia e senza paura che corrono, dopo tante lotte, per raggiungere la loro meta: la pubblica opinione.
La verità... Da tanti, troppi anni, si filosofeggia con banalismi soporiferi intorno a questa parola, gli italiani borbottano e allargano le braccia, tanto che messi vicini circonderebbero il globo terracqueo: basta dire quella parola: “verità”, e ci sentiremo rispondere che non esiste. La madre di tutte le bestemmie!
La verità esiste oppure no come è sempre stato ma… appaiono tutti immunizzati da quell’idea, tanto immunizzati da avere generato un alibi di massa: “tanto sono tutti uguali”; è quello che permette a tantissima gente di dissociarsi continuamente dalle cose. Persino da quelle che li riguardano direttamente e dolorosamente: io mi innervosisco con i giornalisti perché ritagliano il mondo come se seguissero una linea di trattini fatta da un grande banchiere. Dicono “nuovi contratti a tempo indeterminato” sapendo benissimo che dopo il massacro dello statuto dei lavoratori il tempo indeterminato non esiste più, non importa come lo chiami. E così vale per la completa amnesia collettiva per i due compagni di merende che dominano le scene di rimpasti e future coalizioni fantasma con cui confondere gli elettori.
I ragazzi, la gente, forse non sa che uno è un evasore doloso, un ex badante della nipote di Mubarack, mentre l’altro uno spergiuro (aveva giurato che, se avesse perso il referendum, sarebbe uscito dalla politica). Ma davvero non lo sanno?
Non ci credo, la gente se ne frega perché ha trovato l’alibi giusto: l’armageddon del qualunquismo finale: “tanto sono tutti uguali”.
Quando mi sento molto imbarazzato per qualcosa, spesso ad esempio mi imbarazza pensare all’immagine dell’Italia all’estero, cosa faccio? Immagino gli altri Paesi, è una sorta di riflesso condizionato causato dalla vergogna: guardarsi un po’ intorno.
Così qual è la consolazione estrema? “sono tutti uguali e quindi non c’è niente da fare!”
Ma chi, davvero, ha tolto la responsabilità verso i figli dalle mani dei padri? La politica è innanzitutto un’assunzione di responsabilità per il futuro dei nostri ragazzi; quando votate per le mischie di pregiudicati che si stanno costituendo nei vari distretti elettorali è il loro futuro che state uccidendo.
Se lasciate che vengano di nuovo cambiate le regole elettorali per far sì che la melma del Paese torni in alto ancora una volta saranno i vostri figli a farne le spese.
E’ un argomento che mi ha sempre lasciato l’amaro in bocca: il debito di Roma (il triplo di quello che fa capo a tutta la Regione Sicilia) è il regalo tossico che i padri hanno lasciato ai loro figli. Per me questo è il vero peccato originale con rinnovo automatico che avvelena il Paese. Avere trovato l’alibi per non interessarsi più della cosa pubblica alla faccia dei vostri figli grazie al tormentone del “sono tutti uguali”; una specie di crimine storico per questa democrazia debole e macilenta.
Vedo i padri come tanti giocatori d’azzardo che prosciugano l’eredità morale, quella culturale ed economica destinata ai loro figli dietro una foglia di fico spregevole: il qualunquismo del giudizio. La ritualizzazione della nenia che non cambia nulla a seconda di chi voti.
Ebbene non è così, e questa scomparsa della morale pubblica non sarà un alibi sufficiente per nessuno quando avremo consegnato tutto nelle mani dei portaborse dei due amici naturali, i due imbroglioni, soltanto per quella scusa puerile. Mentre vi lasciate distrarre dalle loro noiose finte divisioni: fatte di “soggetti politici” che ribollono soltanto nella fantasia dei media, sempre più divisi eppure sempre più uniti nello scopo finale: lasciare tutto come sta, non cambiare neppure la combinazione dei forzieri che contengono la virtù e i valori di questo Paese per il futuro di chi vi seguirà.
Tradire le generazioni a venire oggi ha la forma di lasciarle impantanare nei resti della squallida storia recente, io questo non lo perdonerò al Paese: elettori e giornalisti saranno una cosa sola se non resteranno svegli almeno il giorno delle urne. E’ poco ricordare, come ha fatto DI Maio, che i cittadini avranno la loro parte di responsabilità se nascerà l’ennesima legge elettorale porcata. Perché la verità è ancora più torbida, non lasciare nulla a chi ci seguirà, ai nostri discendenti, è una cosa che non ha nessuna scusante: figuriamoci se basta qualche ritornello di una stampa asservita a servire da salvataggio morale per i padri nei confronti dei figli. Il susseguirsi ininterrotto di governi abusivi, corrotti, inetti ci ha reso immuni dai sintomi della malattia.
Dovremmo provare rabbia, nausea, sconforto di fronte a questa malattia cronica e, invece, abbiamo sviluppato degli anticorpi che, a differenza delle normali patologie, invece di salvarci ci condannano alla morte delle idee e della dignità.
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