domenica 24 settembre 2017
"Il PD è finanziato dai vertici di una Banca importante". Spunta un verbale che inguaia il PD
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(Francesco Bonazzi per La Verità) – Un verbale che raccoglie le dichiarazioni dell’ editore Bernardini De Pace getta nuova luce sui rapporti tra Popolare Vicenza e il Pd. Giustini, braccio destro di Zonin, fu visto a una cena di finanziamento del partito allo stesso tavolo del tesoriere Bonifazi, che ora è nella commissione d’ inchiesta sulle banche. Poco dopo Giustini chiese a Bernardini De Pace di comprare «L’ Unità».
Peggio tardi che mai. Ci sono voluti mesi perché l’ ormai inutile commissione parlamentare d’ inchiesta sui crac bancari prendesse vita. Anche perché il Partito democratico aspettava di indicare una squadra di «alto livello». E così, tra Matteo Orfini, Carlo Dell’ Aringa, Stefania Giannini e Andrea Marcucci, è spuntato anche Francesco Bonifazi, tesoriere del partito, renziano doc e soprattutto amico del cuore di Maria Elena Boschi, in imbarazzo per il parentado che era ai vertici di Popolare Etruria.
Nessuno ha fiatato su Bonifazi, anche se indicare il tesoriere di partito indebitatissimo in una commissione che deve indagare sulle malefatte delle banche non è molto opportuno. Ma dalle carte dell’ inchiesta della procura di Vicenza sulla Popolare, le cui azioni sono crollate da 62,5 a zero euro per la rabbia di 120.000 soci, emerge una storia inedita sui rapporti tra il Pd e l’ ex settima potenza del credito italiano.
La storia la racconta Alfredo Bernardini De Pace, imprenditore di successo nella pubblicità e nell’ editoria periodica, vittima della Popolare di Vicenza che gli fece sottoscrivere a debito un robusto pacchetto di azioni della banca stessa.
Il 17 dicembre 2015, viene sentito come persona informata dei fatti dai pm Luigi Salvadori, che insieme al collega Giovanni Pipeschi lo scorso 27 luglio ha chiuso la prima tranche di indagine che vede indagati per aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza Gianni Zonin, l’ ex ad Samuele Sorato, i tre ex vicedirettori generali Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta e Paolo Marin, il responsabile della preparazione dei bilanci Massimiliano Pellegrini e l’ ex membro del cda Giuseppe Zigliotto.
Bernardini De Pace, 68 anni, pugliese di nascita ma milanese d’ adozione, racconta agli inquirenti le sue disavventure con gli ex «amici» della Vicenza. E a un certo punto si toglie un sassolino dalla scarpa.
«Nel corso del 2014», mette a verbale, «alcuni colleghi del settore pubblicità (non ricordo chi, però) mi hanno riferito che a una cena a Milano per il finanziamento del Pd, al tavolo di Bonifazi (Francesco, tesoriere del partito, ndr) erano seduti Veneziani (Guido, imprenditore del settore editoriale, cui era stato chiesto di rilevare il quotidiano L’ Unità), Emanuele Giustini e Piazzetta».
«Veneziani», prosegue l’ editore, «mi risulta che in realtà fosse in cattive acque, da un punto di vista economico, e infatti l’ operazione non è andata in porto. In seguito, sempre nel corso del 2014, Giustini mi chiese se ero interessato ad editare per conto del partito il quotidiano L’ Unità». E Bernardini De Pace racconta al pm come andò a finire: «Dopo i contatti tra Federico Silvestri (amministratore delegato della PRS di Bernardini De Pace) e Giustini, ho rifiutato l’ offerta. Da questo momento Giustini ha evitato ogni rapporto con il sottoscritto».
L’ Unità, per la cronaca, fu poi affidata ai costruttori Pessina per poi essere rottamata senza troppi complimenti dallo stesso Bonifazi.
Ma qui la novità interessante è che secondo un importante editore, la Popolare di Vicenza era molto vicina al Pd.
Forse un po’ troppo. La cena alla quale fa riferimento è quella del 6 novembre 2014 a Milano, al ristorante The Mall, alla quale parteciparono anche l’ allora premier Matteo Renzi e la Boschi. Con i cuochi dell’ immancabile Oscar Farinetti, inventore di Eataly, in cucina e un biglietto d’ ingresso da almeno 1.000 euro a testa, 800 tra manager e banchieri andarono a tributare il proprio elogio al renzismo nella sua fase più splendente.
Oggi apprendiamo che un ex alto manager della Popolare vicentina si sarebbe preso il disturbo di cercare di piazzare quel che restava del giornale fondato da Antonio Gramsci a qualche imprenditore facoltoso. Il tutto per togliere le castagne dal fuoco all’ onorevole tesoriere Bonifazi, oggi aspirante «indagatore» su Vicenza e dintorni.
Bernardini De Pace, a verbale racconta di essere alla guida di un gruppo da circa 30 milioni di fatturato l’ anno nel settore della pubblicità (radio, giornali e tv) e di aver rilevato nel 2013 da Rcs alcuni periodici, poi venduti all’ onorevole forzista Daniela Santanchè. In più possiede l’ agenzia giornalistica Agr e opera nel campo dell’ editoria anche attraverso una srl, la Bdp Media.
Al magistrato spiega che conosce Gianni Zonin da «oltre 30 anni» , e lo stesso dicasi per suo cognato Franco Zuffellato, fratello della moglie dell’ imprenditore vinicolo. Il motivo è che la casa vinicola Zonin si è spesso affidata a lui per la pubblicità. Questi rapporti valgono all’ imprenditore un canale preferenziale con la banca, affidato negli ultimi anni a Giustini. Bernardini De Pace mette infatti a verbale che «6/7 anni fa Zonin mi ha presentato Giustini come il suo braccio destro».
All’ inizio, a Bernardini viene «consigliato» di comprare azioni della Popolare di Vicenza, ma se la cava con un migliaio di titoli. Nel 2014, però, il responsabile per Lombardia, Piemonte e Liguria, un certo Girardi, gli chiede se è disposto a «dare una mano» nel caso la banca avesse problemi a piazzare tutto l’ aumento di capitale.
A Bernardini viene prospettato un acquisto di azioni Bpvi con un finanziamento della stessa Bpvi (vietatissimo dal codice civile) e successivo «smontaggio» dell’ operazione, il tutto a costo zero per il cliente. L’ operazione farlocca fu da 1,25 milioni di euro, attraverso Bdp Media. Il cliente vip accettò «in quanto mi venne assicurato che l’ operazione è a costo zero». Invece successe che la vendita delle azioni fu posticipata e che gli vennero anche caricate delle spese.
Per «rientrare» gli toccò andare più volte da Zonin e mettere in mezzo gli avvocati. Tutto perché Giustini, quello che voleva rifilargli L’ Unità, non lo riceveva neanche più.
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